Se ne sono viste e sentite talmente tante nella grottesca gestazione di questa manovra che nulla dovrebbe più stupire. Ma ieri il ministro dell´Economia ha superato ogni infelice primato di manipolazione dei conti asseverando con solennità che i saldi dell´ultima versione del provvedimento restano invariati rispetto alla previsione dei 45 miliardi necessari per anticipare al 2013 il fatidico pareggio del bilancio.
Già il testo originario del decreto aveva suscitato fieri dubbi sulla consistenza effettiva dei suoi effetti finanziari in osservatori severi ma imparziali quali la Corte dei Conti, la Banca d´Italia, l´Ufficio del Bilancio del Senato. Rispetto a quelle ipotesi di intervento la situazione è poi degradata di giorno in giorno per la resistenza contro alcune misure da parte di un´opposizione interna alla maggioranza capeggiata su alcuni punti niente meno che dal presidente del Consiglio in persona. Si sono così persi per la strada pezzi di manovra magari più che discutibili e però di sicuro impatto sui saldi del bilancio. È stata cancellata, per esempio, la super Irpef sui redditi oltre 90 e oltre 150mila euro che avrebbe comunque garantito un gettito sonante vicino ai quattro miliardi in tre anni. I tagli previsti a carico degli enti locali sono stati dimezzati rinunciando così a un altro paio di miliardi. Al tempo stesso si è rinunciato a compensare questi risparmi perduti vuoi con aumenti dell´Iva vuoi intervenendo sulle pensioni d´anzianità. O meglio, in quest´ultimo caso, abborracciando una tale enormità giuridica come lo scorporo retroattivo dei riscatti d´anni di studio o di leva militare da dover fare in poche ore una penosa e precipitosa retromarcia.
E adesso lo stesso ministro che avrebbe dovuto far pagare le tasse ai tanti, troppi ladri d´imposte ci racconta che per i buchi apertisi nella manovra non c´è problema. Essi saranno pareggiati con il gettito di più severe misure contro l´evasione tributaria.
Ebbene gli italiani non hanno bisogno che il fiscalista Giulio Tremonti spieghi loro l´importanza politica, civile e finanziaria della lotta contro chi si fa beffe delle imposte e dunque potrebbero anche plaudire a un governo che finalmente dice di voler fare la faccia feroce in materia. Se non fosse – e qui davvero si ha di nuovo l´antica impressione di essere presi per il naso – che il governo annuncia non solo interventi più mediatici che di sostanza, ma si spinge perfino ad attribuire loro effetti contabili che sono intrinsecamente scritti sull´acqua.
Va bene, mandiamo pure direttamente in galera coloro che rubano tasse per più di tre milioni. Diamo pure ai Comuni la facoltà (già, perché non l´obbligo?) di pubblicare l´elenco delle singole dichiarazioni dei redditi.
Facciamo finalmente una revisione accurata di tutte quelle società di comodo dietro le quali gli evasori più ricchi e incalliti nascondono barche e auto di lusso, immobili in patria o all´estero e così via. Chiediamo anche ai contribuenti di indicare nella dichiarazione annuale quanti sono e presso quale banca i loro conti correnti. Ma il gettito per l´Erario di tutto questo armamentario come si fa a calcolarlo seriamente in quantità e soprattutto in tempi d´esazione?
I contribuenti onesti sono stanchi di essere bombardati da straordinari annunci di maxievasioni scoperte della Guardia di Finanza cui fanno seguito – sovente dopo parecchi anni di contenzioso – incassi effettivi per lo Stato in misura notevolmente inferiore. Quelli poi che sono anche più attenti alla contabilità pubblica sanno che altrettanto sovente governi e parlamenti si sono letteralmente inventate cifre di gettito da lotta all´evasione al solo e miope fine di dare una copertura falsa nella sostanza ma accettata nella forma a questo o a quel provvedimento d´urgenza. La corsa del debito pubblico è lastricata da un eccesso di trovate del genere.
Se c´è una forma di gettito aleatoria per sua natura è proprio quella che deriva dalla lotta all´evasione perché l´ordinamento della materia sembra fatto apposta per incentivare ricorsi e contenziosi con conseguente impossibilità per lo Stato di calcolare i relativi incassi soprattutto nell´immediato futuro. Al ministro Tremonti che ora scopre l´evasione come il passepartout finanziario della manovra in corso si vorrebbe ricordare che è suo l´impegno al pareggio di bilancio entro il 2013. Oggi chiedere agli italiani di credere che in un paio d´anni il nuovo corso fiscale del governo Berlusconi produrrà l´effetto di colmare i buchi che la stessa maggioranza ha scavato nella sua manovra significa obbligarli a un esercizio impossibile per la loro intelligenza oltre che per la loro esperienza in materia. Figuriamoci poi quanto un simile esercizio possa essere possibile da parte di coloro che muovono i capitali sui mercati internazionali e che, nelle scorse settimane, hanno inviato al governo italiano espliciti inviti a non fare più furbate di basso conio e di valore finanziario nullo. Ieri lo spread fra i titoli del Tesoro e i “bund” tedeschi ha di nuovo superato la soglia critica dei 300 punti. Non per caso.
La Repubblica 02.09.11