"Sogno un paese innocente", di Vincenzo Cerami
Pare di sentirla la voce diroccata di Ungaretti: «Cerco un paese / innocente». Quel paese è chiuso da bastioni. Il sogno è varcare la porta d’avorio. Cercare è sognare. Ogni tanto giunge notizia che una persona ha tentato di entrare, e c’è riuscita: quel tanto di buono che si vede intorno a noi è stato immaginato da qualcuno. Molti psichiatri dicono che i sogni servono a buttare nel cestino ciò che non serve alla nostra memoria, e a conservare quanto è utile ai progetti dei giorni a venire, giorni che sono pieni di cose da scartare. Ci teniamo solo quello che non esiste ancora, e che probabilmente non esisterà mai. Concepire i sogni come qualcosa di impossibile, che non si realizzerà mai, è triste. Significa credere che la vita è triste. E basta. Per molti sarà pur vero, ma è sentimento poco originale. Ogni discorso finisce lì. È più allegro vedere il sogno come una verità travestita, che si vergogna di andare in giro nuda, perché fa scandalo. Sotto quegli abiti stravaganti c’è un corpo …