Ricomincia l’anno e sul tappeto restano i problemi di sempre, aggravati dalla «cura» Gelmini e dalla scure di Tremonti contro la pubblica istruzione. Si batte per sopravvivere la scuola pubblica italiana. Tre anni di tagli e riforme approntate più per esigenze di bilancio che per scopi didattici hanno lasciato il segno e il conto per studenti e docenti verrà presentato tra pochi giorni, quando suonerà la campanella e indicherà senza mezzi termini lo stato in cui si trova l’istruzione pubblica italiana. Gli effetti della cura Gelmini Tremonti si paleseranno tutti all’inizio del nuovo anno scolastico tra caos graduatorie, sentenze del Tar e della Corte Costituzionale che sconfessano le politiche finora adottate, effetti dei tagli lineari di quest’ultima manovra e delle due precedenti. «La Gelmini è una ministra che odia la scuola pubblica e persegue una volontà di privatizzare l’istruzione per fare cassa», sintetizza Domenico Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil. «I tagli sono coerenti con quel disegno di decostituzionalizzazione dell’istruzione che invece dovrebbe essere garantita a tutti perché strumento di emancipazione sociale» prosegue Papaleo per il quale «il bilancio di questi tre anni è disastroso: il governo ha prodotto un peggioramento della qualità formativa. I territori sono nell’impossibilità di offrire livelli di istruzione all’altezza, inoltre continua Papaleo è stata colpita la dignità di chi opera nei settori della conoscenza». Ecco, punto per punto, i nodi che verranno al pettine con la riapertura dell’anno scolastico.
Tagli del personale, sostegno e tempo pieno
140 mila insegnanti in meno, 60 mila posti per gli Ata (cioè amministrativi, ausiliari, tecnici) tagliati. Uno dei risultati è la penalizzazione del tempo pieno, servizio essenziale per le famiglie. Non esistono più le 40 ore degli anni passati, che rispondevano a una esigenza di “coerenza formativa”. Ora, oltre alla riduzione del monte ore del tempo pieno, le scuole si ritrovano ad accorpare scampoli di ore a più insegnanti. Questo si traduce in una frammentazione dell’offerta formativa oltre che in un sostanziale fallimento del tanto pubblicizzato “maestro unico”. Sul taglio degli insegnanti di sostegno è dovuta invece intervenire una sentenza della Corte Costituzionale che nel 2010 ha dichiarato illegittime le norme che fissano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e che vietano di assumerne in deroga, in presenza di studenti con disabilità. Nonostante questo gli insegnanti di sostegno risultano a tutt’oggi insufficienti.
La ridefinizione degli ordini scolastici
Si vedranno a settembre gli effetti della cosidetta “riforma delle superiori”. Licei e istituti professionali aprono infatti in una grande confusione: ridefinite le loro funzioni, è mancato però l’adeguamento delle classi di concorso. Altrimenti detto: le nuove materie previste dalla riforma vengono insegnate in base alle vecchie categorie.
«Grida vendetta», secondo la Flc Cgil la norma sull’apprendistato del
2010 che stabilisce che l’obbligo scolastico si può assolvere, anziché tra i banchi di scuola, nelle fabbriche andando a lavorare a soli 15 anni. «Una palese violazione della Costituzione e un abbassamento dell’obbligo scolastico fissato a 16 anni dalla legge Fioroni», spiega il sindacato, che «colpisce le fasce deboli degli studenti, quelli per i quali l’obbligo rappresentava una tutela della cittadinanza.
Insegnanti precari
La Gelmini aveva propagandato il “Piano triennale delle immissioni di ruolo”. In realtà il decreto dice che esso è subordinato alle condizioni che detta il Ministero dell’Economia. Cioè se l’Italia è in crisi, e lo è, si può decidere, per problemi di bilancio, di non procedere con le assunzioni. E per il prossimo anno non ci si aspettano condizioni migliori. Inoltre i precari che avranno la fortuna di essere nominati quest’anno con il caos delle doppie graduatorie (quella di quest’anno e quella, già bocciata dalla Corte Costituzionale, del 2010 che, fortemente voluta dalla Lega, di fatto penalizza i docenti del Sud) si ritroveranno con lo stipendio da supplente. Questo per effetto del blocco dei contratti per il pubblico impiego e dello stop fino al 2014 degli scatti di anzianità. Va sottolineato come questo decurtamento di salario si inserisce in una situazione in cui gli stipendi degli insegnanti italiani sono già i più bassi d’Europa. Inoltre non si sa come procedere alle nomine, questo perché Viale Trastevere non ha fornito a presidi e Ambiti territoriali provinciali (gli ex provveditorati) le apposite circolari. «Il Ministero è latitante dice la Flc Cgil ha dato solo indicazioni verbali perché temeva che scriverle avrebbe scatenato montagne di ricorsi, che comunque ci saranno. Questo contraddice anche il principio di trasparenza che spetta alla pubblica amministrazione».
Un preside per più scuole e la sparizione delle serali L’elenco dei tagli alla scuola pubblica è lungo e questa è una ricostruzione giocoforza parziale. Basta dire però che in una situazione già compromessa le decurtazioni effettuate dal governo in 3 anni hanno costituito un colpo ferale per l’istruzione italiana. Si parte con gli 8 miliardi tagliati nel 2008. Si procede con i finanziamenti della legge sull’autonomia scolastica (legge 440/97) che passano dai 258 milioni di euro del 2001 a 88 milioni nel 2011. Nel 2009 inoltre viene completamente azzerato il Fondo di funzionamento ordinario delle scuole e cioè tutto quello che serve agli istituti per sopravvivere, dal toner per le stampanti, alla carta igienica, dai fogli per gli insegnanti ai registri. Le scuole hanno ovviato chiedendo un contributo ai genitori, «in pratica la scuola da gratuita è diventata a pagamento per le spese che devono sostenere le famiglie». Nel 2010 il fondo è stato ricostituito a causa della molteplicità di ricorsi arrivati in Viale Trastevere. “Scientifica” è stato invece la quasi completa soppressione delle scuole serali. Dall’anno scolastico 2011/2012 le prime classi verranno abolite, lasciando così morire progressivamente un’istituzione fondamentale nata negli anni ‘60 per garantire il diritto allo studio degli studenti lavoratori e delle classi più svantaggiate. I presidi poi potranno essere posizionati su più scuole. L’ultima finanziaria priverà del posto circa 1100 direttori e altrettanti collaboratori. «Dal punto di vista organizzativo e dell’autonomia scolastica è quanto di peggio si poteva fare. Finirà che alcune scuole vedranno il proprio preside due volte l’anno, il Ministero deve decidere: serve o no questa figura?».
Classi “pollaio” e scuole fatiscenti
Se “la coperta è corta” a farne le spese sono gli studenti. I presidi non hanno nè insegnanti e nè risorse per sdoppiare le classi quindi si va in sovrannumero. «Avere 25 o 35 alunni in classe è diverso spiega la FlcCgil perchè ci rimetteranno i più deboli, verrà portato avanti infatti solo chi ce la fa, chi è indietro non potrà essere recuperato». Per quanto riguarda l’edilizia scolastica, nonostante i continui annunci della Gelmini, la situazione rimane «scandalosa», sopratutto al Sud. In Sicilia il 65% degli edifici scolastici non è a norma. Ma in tutta Italia nel complesso molti istituti sono fatiscenti e inappropriati.
«A settembre aprirà una scuola più povera dice Domenico Pantaleo sempre meno in grado di garantire ai ragazzi livelli di apprendimento all’altezza di una società che cambia. Nel Mezzogiorno la devastazione della scuola si inserisce in un tessuto già fragile». E il futuro non è roseo neanche per quanti ancora aspirano a fare gli insegnanti. L’ultima manovra, con la stretta sulla pensioni, di fatto sbarrerà la strada ai neolaureati che non saranno chiamati a integrare i pensionandi. «Si colpisce la dignità sociale dei docenti, li si riduce a puri fattori economici quando dovrebbero essere il futuro del Paese. Non a caso nel resto d’Europa, pur tagliando altre spese, investono nella scuola», conclude il segretario che annuncia una «lunga lotta a difesa della scuola pubblica» che partirà con lo sciopero generale del 6 settembre.
L’Unità 31.08.11