Pier Luigi Bersani farà oggi una prima capatina alla Festa democratica che si apre a Pesaro, giusto per tagliare il nastro e Per una buona ragione, cioè per presentare il suo libro. L’appuntamento più importante, ovviamente, è previsto in chiusura, con il suo comizio programmato per sabato 10 settembre. In mezzo, oltre settecento iniziative tra dibattiti, interviste, concerti (stasera apre Francesco De Gregori), incontri con autori e personaggi del mondo della cultura, dello sport e dello spettacolo.
Grande spazio, ovviamente, soprattutto alla politica: arriveranno in piazza del Popolo, nella sala principale della Festa, i principali leader sindacali e degli altri partiti di opposizione. Per la maggioranza, com’è noto, interverrà invece il solo ministro leghista Roberto Maroni.
Se lo scorso anno la Festa di Torino arrivava subito dopo la clamorosa rottura tra Berlusconi e Fini, che sembrava poter segnare la fine della legislatura (o quanto meno del governo), la vigilia di Pesaro appare più complicata per il Pd. La situazione politica sembra essersi impantanata, con il governo Berlusconi-Bossi-Scilipoti da una parte e un’alternativa che stenta a mostrare i suoi tratti dall’altra.
Proprio da Torino Bersani lanciò il progetto di un Nuovo Ulivo, partendo dal quale proporre «un patto di governo con le altre forze dell’opposizione parlamentare ». Oggi di Nuovo Ulivo non si parla più, almeno in questi termini, e con il Terzo polo la distanza sembra essere cresciuta, soprattutto nelle ultime settimane.
Il segretario dem ha sempre avvisato tutti sul fatto che la coda del berlusconismo sarebbe stata lunga e complicata. E per una forza di opposizione non farsi fiaccare dalla resistenza della maggioranza non è facile. A Pesaro, però, Bersani è chiamato inevitabilmente a dare una nuova prospettiva ai militanti del Pd e agli italiani stanchi di Berlusconi. Il rischio, altrimenti, è che decidano di rivolgere altrove la loro attenzione. Una possibilità che viene avvertita al Nazareno, come dimostrano le dure reazioni alle dichiarazioni di Montezemolo dei giorni scorsi.
Bersani vuole ovviamente impedire che il proprio partito sia considerato «inutilizzabile » (è un termine che ha usato lui stesso) per l’alternativa. Ma per fare questo, è costretto ad affrontare di petto una serie di problemi.
Di questione morale, a partire dal caso Penati, e del complicato rapporto con il sindacato, Europa scrive in questa pagina.
Da focalizzare, però, c’è anche altro.
Il rapporto con il Quirinale, ad esempio, non è dei più brillanti. Napolitano non manca spesso di sottolineare l’esigenza da lui avvertita di un’opposizione che sappia assumersi maggiori responsabilità in questa fase complicata per il paese. I dem, d’altra parte, non vogliono pagare lo scotto sul piano dell’immagine di una manovra di cui non condividono quasi niente di quel poco che si sa.
D’altra parte, la contromanovra presentata pochi giorni fa dai Democratici non ha trovato l’eco che si desiderava.
Il contributo di solidarietà sui capitali scudati si è scontrato ben presto contro le difficoltà legate alla sua praticabilità e ai sospetti di incostituzionalità, smentiti seccamente da Bersani. In più, il vincolo che giunge dall’Europa (a partire dalla lettera della Bce) limiterebbe i margini di manovra di qualsiasi esecutivo, rendendo praticamente inevitabili misure inizialmente osteggiate dai dem (o almeno dalla maggioranza interna), come la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio o una incisiva riforma del mercato del lavoro, con maggiore flessibilità anche in uscita. Contro l’assenza di un chiaro segno riformista nelle posizioni del partito, inoltre, è tornato a farsi sentire ieri Walter Veltroni dalle colonne di Repubblica (altra novità: a Torino MoDem non esisteva ancora), per rilanciare le proposte del Lingotto, comprese le tanto discusse patrimoniale e proposta Ichino sull’occupazione.
da Europa Quotidiano 27.08.11