Pochi giorni fa si è concluso l’anno internazionale dei giovani indetto dall’Onu, e subito è partita la Giornata Mondiale della Gioventù della Chiesa Cattolica, che quest’anno si celebra a Madrid. Quest’attenzione alle nuove generazioni non fa che mettere in luce un triste paradosso. Quello di una gioventù tanto seguita con apprensione da buona parte della società, civile e religiosa, quanto ignorata e penalizzata dalle politiche pubbliche e dai governi. I giovani sono la fascia di popolazione che è stata più colpita dalla crisi economica internazionale, e quelli che ne subiranno maggiormente le conseguenze anche in futuro. Eppure, quasi niente di ciò che è stato fatto, discusso e proposto in questo periodo da governi e organi politici ha tenuto in debita considerazione la necessità di ridisegnare un sistema economico e sociale sostenibile nel tempo.
Un sistema che dia più opportunità e speranza alle nuove generazioni. Basta pensare a ciò che abbiamo visto in queste settimane. Una manovra finanziaria che mette una pezza ad anni di politiche economiche di corto respiro semplicemente aumentando tasse e tagliando dove capita, rimandando a comitati e date future tutte le riforme che davvero servirebbero oggi: dalle liberalizzazioni dei servizi a quelle delle professioni, dal funzionamento dello Stato a quello del mercato del lavoro. E anche tra questa accozzaglia confusa di tagli e tasse assistiamo allo spettacolo desolante di rappresentanti di ogni genere di interessi che corrono per salvare qualche provincia o qualche ente, per eliminare o rimandare quei tagli che li riguardano più da vicino, o quelli che più fanno arrabbiare i propri rappresentati o elettori, siano essi pensionati o ereditieri, allevatori o calciatori.
Gli unici che non hanno lobby o rappresentanti che si affannano a inseguire i politici nei palazzi del potere sono proprio loro, i giovani. Gli unici senza un richiesta specifica un interesse precostituito da difendere perché hanno ancora tutto da costruire e chiedono solo un’opportunità per farlo. Ma soprattutto chiedono una motivazione per andare avanti, per non mollare, per credere in qualcosa su cui investire le proprie energie e il proprio entusiasmo. E quindi cercano riferimenti e supporto altrove: nelle piazze, tra i coetanei, nelle istituzioni laiche o religiose che in qualche modo si rivolgono a loro, offrendogli un’opportunità di ascolto, di azione, di speranza. Lo hanno fatto tre mesi fa i migliaia di ragazzi che si sono ritrovati nelle piazze spagnole per chiedere una politica più giusta e provare a stilare una piattaforma di proposte.
Lo fanno oggi centinaia di migliaia di giovani che da ogni angolo del mondo si stanno dirigendo a Madrid con i loro zaini in spalla per ritrovare quello che non trovano più nelle nostre società avvizzite: la voglia di condividere una speranza e un’idea di futuro. Al di là delle diverse credenze o prospettive, quello che queste manifestazioni di giovani ci stanno indicando, religiose o laiche che siano, è che i ragazzi hanno una terribile voglia di ritrovarsi e di discutere non solo di piccole misure e manovre, ma un’idea di società nuova, una società che recuperi e dia un nuovo significato a concetti come solidarietà, giustizia, opportunità, felicità.
E questa grande vitalità, questa energia che arriva dal mondo giovanile non fa che rendere ancora più lontana e odiosa l’immagine di tutti quei potenti che da settimane stanno chiusi nei loro palazzi a mercanteggiare su una o l’altra misura, con un occhio all’andamento delle Borse e un altro agli equilibri di poltrone tra i propri accoliti. Quegli stessi politici, esperti e commentatori che così tante volte si sono scagliati proprio contro i più giovani, accusati d’essere inetti, egoisti, viziati; causa e al tempo stesso sintomo di una società senza ideali, senza esempi e modelli virtuosi. Ecco, dopo tante parole, oggi siamo di fronte a due immagini concrete e quanto mai stridenti: quella di centinaia di migliaia di giovani che affrontano lunghi viaggi, sacrifici e piazze assolate per ritrovarsi e immaginare il futuro e quella di tanti grandi vecchi da troppo tempo tesi solo a difendere il presente. E viene da chiedersi: chi è che sta dando l’esempio?
La Stampa 18.08.11