I tagli alle Regioni e agli enti locali sono la parte più consistente della manovra e ovviamente non risparmiano la scuola. Il Decreto legge n. 138 lascia invariata la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori già stabilita nel DL. 98 tradotto nella legge n.111/11. Ancora nessuno ha spiegato cosa significhi però concretamente per il personale della scuola tale disposizione che inciderà anche nella attuazione del piano triennale delle nomine a tempo indeterminato. Per inciso vale la pena di segnalare che i trucchi governativi continuano perché chiamano precari anche quei docenti inidonei e gli Ata in mobilità, così dei 36 mila ATA da nominare in realtà i precari sono molti di meno.
Il nuovo decreto, in attesa dei conti riguardanti quel salasso, si limita a sfiorare il personale della scuola che rientra nelle norme che prevedono, a certe condizioni, la rateizzazione e della tredicesima mensilità. Il taglio dei fondi dei ministeri esclude la scuola e la ricerca ma include quello che rimane del MIUR e i relativi FAS. Il decreto non chiarisce se la misura della rateizzazione della tredicesima nel caso di non adempimento alle misure di razionalizzazione degli organici degli uffici ministeriali riguardi anche Insegnanti e ATA. Previsto anche lo slittamento delle pensioni di anzianità che potranno essere”godute al termine dell’anno scolastico successivo a quello di maturazione dei requisiti. Sono esclusi i soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011. E’ previsto il rinvio, fino a 24, mesi del pagamento del TFR per chi va in pensione d’anzianità.
I tagli alle Regioni e agli enti locali sono la parte più consistente della manovra e ovviamente non risparmiano la scuola.
Come è già accaduto con il D.L. 98 la maggior parte degli organi di informazione ha omesso che i tagli dell’ultima manovra (DL. n, 138 del 23 agosto 2011) si aggiungono a quelli inferti dall’art. 14 della legge 122/2010 sottolineando prevalentemente che essi si sovrappongono, integrandoli per gli anni 2012 2013, a quelli che erano stati previsti dal medesimo DL 98 che li aveva estesi al 2014 e agli anni successivi. Ovviamente tale passaggio a regime dei tagli resta confermato!
E’ significativo al riguardo la singolare interpretazione che l’editorialista del Sole 24ore dedica, lunedì 15 agosto, nell’articolo di fondo dal significativo titolo “Il cerino finito in mano ai sindaci”, ai tagli agli enti locali. Per il giornale economico della Confindustria il decreto di ferragosto non conterrebbe il classico taglio dei trasferimenti statali ma “affiderebbe il contributo degli enti locali per l’aggiustamento dei conti pubblici al miglioramento dei saldi di indebitamento via patto di stabilità interno” .Si realizzerebbe così “una sorta di scambio tra Stato e Autonomie locali:da un lato un anticipo di un anno(e l’inasprimento) della stretta finanziaria sui bilanci locali, dall’altro l’attivazione…. dei margini di autonomia tributaria riconosciuti a Regioni e Comuni.” In realtà sia il decreto 98/11, art. 20 commi 2 e 3 sia l’art. 1, comma 8 del decreto 138/11 con le modifiche che questo apporta alle decorrenze che anticipano al 2012 le scadenze prima stabilite nel 2013,
confermano pienamente il taglio dei trasferimenti alle Regioni e agli enti locali introducendo solo le esenzioni per gli enti virtuosi che si scaricano, a parità di saldi, su quelli che tali virtuosità non riescono praticare. Inoltre è strano che questo giornale economico che il giorno prima aveva riportato il taglio complessivo derivante dal nuovo decreto non lo abbia sommato a quelli preesistenti. In fondo la tabellina che riportiamo di seguito non è difficile da compilare e parla di un taglio di 14,9 miliardi a regime rispetto ai trasferimenti erogati nel 2010.
Inizialmente si trattava di un taglio di 8,5 miliardi rispetto ai trasferimenti effettuati nel 2010 che avrebbe dovuto durare fino al 2013 per poi essere restituito, come prevedeva lo stesso art. 14della legge 122/10, alle Regioni e agli enti locali impegnati nel costruire il federalismo fiscale. Il comma 4 dell’art. 20 del D.L. 98/2011 ha invece aggiunto tali tagli, ai nuovi, fino agli anni 2014 e seguenti. Per sempre dunque e comunque fino all’entrata in vigore un nuovo patto di stabilità.
Si trattava già allora in sostanza di un taglio annuale strutturale dei trasferimenti finora garantiti agli enti locali di 14,9 miliardi di euro che decorreva dal 2014. La manovra lo anticipa al 2013 prevedendo per il 2012 un salto da 8,5 miliardi a 14,5.
In questo senso nella polemica insorta all’interno del centro-destra ha ragione Formigoni perché se si riducono i trasferimenti statali si riducono in uguale misura le possibilità di una loro fiscalizzazione e il federalismo fiscale va farsi friggere. Forse occorrerebbe leggere con maggiore attenzione quelle parti dei decreti sul federalismo fiscale che trattano dei fondi perequativi e del tetto che i trasferimenti statali costituiscono per la loro realizzazione da attuarsi, con quello che resta dei trasferimenti medesimi dopo la riduzione di quelli relativi alla funzioni di cui
vengono stabiliti i costi standard, e con quello che deriva dalla tassazione autonoma o trasferita agli enti locali. In altre parole,forse comprensibili al sindaco e alla casalinga
di Voghera: i tagli operati ai trasferimenti statali delle Regioni, dei Comuni e delle Province, nell’ambito delle manovre economiche attuate dal 2010 ad oggi per la riduzione della spesa pubblica, una volta divenuti strutturali, non sono fiscalizzabili nell’ambito dell’autonomia impositiva degli enti locali e delle Regioni. Calderoli, che di porcate se ne intende, può anche raccontare il contrario ai sindachi leghisti, ma Tremonti non può raccontarlo in Europa.
Infatti le nuove misure previste per il 2013, vengono confermate come taglio strutturale per gli anni 2014, 2015 e seguenti. Ad esse si affiancano per il 2012, un incremento di 6 miliardi, e un incremento di 3,2 miliardi per il 2013.
L’annualità di riferimento su cui operare i tagli resta sempre il 2010. Di queste somme una parte consistente era destinata a garantire servizi sociali per tutti i cittadini e anche per la funzione dell’istruzione che esercitano in base alla Costituzione. Regioni, Comuni e Province dovranno far fronte a tale situazione con nuove tasse e con nuove tariffe dei servizi. Se si considera che l’apporto delle Regioni e delle autonomie locali alla spesa complessiva per l’istruzione nel 2009 è stato di 9,486 miliardi su 54,648 miliardi pari al 17,35% si comprende facilmente che una parte consistente di tali 14,9 miliardi di tagli era destinata sostenere la funzione istruzione delle autonomie locali. Del resto la spesa per l’istruzione, che comprende anche quella delle autonomie locali, non deve ridursi secondo il DEF 2011 al 3,7% del PIL (una riduzione di circa 6 miliardi)? Ecco come si persegue, senza parlarne, in Parlamento e sulla stampa di informazione qualificata, tale tragico obiettivo.
da Scuola Oggi 17.08.11