Non ci sono i 50mila euro che una legge dello Stato ogni anno assicura al Comune di Stazzemaper promuovere attività che servono a tenere vivo il ricordo. Il sottosegretario Giro: «Nonc’è più la copertura finanziaria». Enio Mancini era un bambino di sei anni: «In una casa, sventrata dal fuoco, su una trave che ancora ardeva c’era la rete di un letto e sopra tre corpi quasi consumati. Uno era piccolo, il corpo di un bambino…». Lina Antonucci di anni ne aveva nove: «Io ero sotto i morti, mi riprese Mauro, mi ritirò per i capelli, vedeva che non mi muovevo». Enrico Pieri aveva dieci anni: «Ci fecero uscire di casa e ci portarono in quella dei Pierotti, ci fecero entrare in cucina e mentre noi entravamo loro sparavano». Sessantasette anni dopo, loro, i bambini sopravvissuti alla strage di Sant’Anna di Stazzema, ormai fatti vecchi, nonostante l’età, non si stancano di raccontare l’orrore di un intero paese, il loro, trucidato dai nazisti, casa per casa. 12 agosto 1944, più di cinquecento morti ammazzati, molti ancora senza nome. Uomini, donne, bambini. La più piccola, Anna Pardini, aveva appena venti giorni. C’erano anche le sue sorelle ieri, insieme a Enrico, Enio, Lina, circondati dalle autorità, davanti all’ossario, in cima al Parco della Pace, il luogo deputato a conservare per sempre, anche quando loro non ci saranno, la memoria di ciò che accadde sotto i loro occhi, sulla loro pelle. Così è scritto nella legge, che lo istituisce (381, 11 dicembre 2000).
Accade però che il governo si sia dimenticato di Sant’Anna, di Enio, Enrico, Lina, degli oltre 500 morti, del parco, visitato ogni anno da circa quarantamila ragazzi. E dei 50mila euro l’anno che quella legge dello stato impegna a versare al Comune di Stazzema per promuovere tutte le attività, compresa la commemorazionedi ieri, che servono a tenere vivo il ricordo. «Non è un caso, accadde già durante l’altro governo Berlusconi, è che a loro della memoria non interessa niente», scuote le spalle Enrico Pieri, aspettando che qualcuno gli racconti come va a finire questa brutta storia.
LA DIMENTICANZA
«Quella legge purtroppo è inefficace, non ha più copertura finanziaria», si schermisce il sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro, a cui chiediamo conto di quei 50mila euro che per il secondo anno il suo ministero non ha erogato. «Non possiamo erogarli così, ho verificato: l’ultimo stanziamento risale alla finanziaria del 2007 e valeva per tre anni, è incredibile che sia scaduto senza che nessuno se ne sia accorto, magari quando arriverà in aula la nuova manovra si potrà presentare un emendamento oppure lo inseriremo in un altro provvedimento». A chiedergli conto di quelle già scarse risorse era stata l’ultima volta dieci giorni fa una piccola delegazione di Sant’Anna, durante gli incontri con le Commissioni Cultura di Camera e Senato organizzati da alcuni deputati del Pd. «Aspetto ancora che mi chiami», replica il sindaco Michele Silicani, ricordando che il sottosegretario si era impegnato a dare notizia al più preso di quei 50mila euro. Una sua lettera, che dicesse che quei fondi c’erano e il ministero si impegnava ad erogarli, era attesa per l’anniversario della strage. «È un bugiardo se dice che nessuno si era accorto dell’ammanco – replica -, lo abbiamo scritto in tutte le salse al ministero. Fu lo stesso Bondi a rassicurarci che le risorse c’erano e ci sarebbero state erogate. Entro settembre pretendiamo un impegno formale: dobbiamo approvare il consuntivo, altrimenti ricorreremo contro lo stato».
Di quell’incontro con Bondi si ricordano molto bene Walter Verini e Raffaella Mariani, che sul mancato finanziamento del Parco della Pace hanno presentato anche una interrogazione parlamentare. Tutt’ora senza risposta. «A questo punto mi sembra che sia una questione di volontà politica», replica Verini. «Li abbiamo sollecitati in ogni modo, non possono dire che non sapevano», spiega Mariani: «Se avesse voluto, il ministero avrebbe potuto spostare le risorse da un altro capitolo di spesa. Preferiscono approvare un nuovo provvedimento? Bene, purché sia subito».
I superstiti ormai sono anziani, «presto non potranno più sorreggere loro la memoria«, ricorda Claudia Buratti, pro-nipote di un sopravvissuto, che da giovane avvocato ha seguito l’intero processo che ha portato alla condanna di dieci ufficiali e sottoufficiali nazisti. Sentenza mai eseguita. «Anche quella ora è una questione di volontà politica».
L’Unità 13.08.11