Contro una manovra depressiva e ingiusta, le 7 proposte del PD. Paghi chi non paga mai
Le decisioni prese dal Consiglio dei ministri sono inadeguate e poco credibili rispetto alla sfida che il paese ha di fronte anche sul piano internazionale e fortemente inique sul piano sociale e fiscale.
Gli esempi più eclatanti riguardano in particolare l’anticipo della delega sull’assistenza, che facilmente si tradurrà in un drastico taglio degli sgravi fiscali, scaricando sulle famiglie una parte rilevante dell’intera operazione di riduzione del disavanzo pubblico, colpendo in modo particolare i nuclei meno abbienti. La mancata precisazione degli interventi da inoltre all’anticipazione di questa delega un carattere generico e di incertezza che non corrisponde all’esigenza di credibilità della manovra. L’intervento sugli enti locali è ancora insufficiente sul piano del riordino istituzionale, ma fortemente incisivo sul livello dei servizi, livello che invece va mantenuto e in alcuni casi irrobustito. Il contributo di solidarietà incide sui ceti popolari e sui ceti medi che pagano le tasse. In sostanza paga chi già paga. L’intervento sul Tfr dei dipendenti pubblici non porta efficienza, ma rappresenta un peso sui ceti medi e bassi. Gli interventi sulle relazioni industriali e sui rapporti di lavoro rappresentano una notevole intromissione nei rapporti e nell’autonomia delle parti sociali. Molte di queste misure dovranno essere abolite o fortemente alleggerite.
In sostanza, la manovra del governo scarica il costo del rientro dal deficit pubblico sui ceti popolari e sugli onesti che pagano le tasse. E’ inoltre un intervento destinato a deprimere l’economia invece di rilanciarla e non prevede nulla di significativo per la crescita.
Il Partito Democratico ritiene dunque che debbano essere adottare soluzioni più efficienti e più eque, che facciano pagare non chi paga già, ma chi non paga mai, che portino allo stesso risultato sul piano dei saldi di bilancio, ma che siano anche in grado di fornire un sostegno selettivo alla crescita.
Il Pd non si sottrae dunque alla sfida che il paese ha di fronte e mette a disposizione il proprio contro piano, un progetto responsabile e alternativo per il bene del paese. Per l’abolizione o il forte alleggerimento delle inique misure del governo noi dunque proponiamo:
1. Per affrontare l’emergenza si prevede un prelievo straordinario una tantum sull’ammontare dei capitali esportati illegalmente e scudati, in modo da perequare il prelievo su questi cespiti alla armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 20 per cento e di adeguare l’intervento italiano alle medie delle analoghe misure prese nei principali paesi industrializzati. Gran parte di questi 15 miliardi dovrà essere utilizzata per i pagamenti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese e per alleggerire il patto di stabilità interno così da consentire immediati investimenti da parte dei comuni.
2. Un pacchetto di misure efficaci e non solo di facciata contro l’evasione fiscale, tali da produrre effetti immediati, consistenti e concreti. Si propongono dunque alcuni interventi, tra i quali figurano le misure anti-evasione che in parte riprendono quelle dolosamente abolite dal governo Berlusconi:
a) tracciabilità dei pagamenti superiori a 1.000 euro (pensare a somme più elevate significa lasciare di fatto tutto come è oggi) ai fini del riciclaggio e soglie più basse, a partire dai 300 euro, per l’obbligo del pagamento elettronico per prestazioni e servizi;
b) obbligo di tenere l’elenco clienti-fornitori, il vero strumento di trasparenza efficiente;
c) descrizione del patrimonio nella dichiarazione del reddito annuo con previsione di severe sanzioni in caso di inadempimento.
3. Introduzione di una imposta ordinaria sui valori immobiliari di mercato, fortemente progressiva, con larghe esenzioni e che inglobi l’attuale imposta comunale unica sugli immobili, in modo di ricollocare l’Italia nella media e nella tradizione di tutti i maggiori paesi avanzati del mondo.
4. Un piano quinquennale di dismissioni di immobili pubblici in partenariato con gli enti locali (obiettivo minimo 25 miliardi di euro).
5. Liberalizzazioni. Il Pd propone di realizzare immediatamente almeno una parte delle proposte di liberalizzazione che il partito ha già preparato e presentato: ordini professionali, farmaci, filiera petrolifera, RC auto, portabilità dei conti correnti, dei mutui e dei servizi bancari, separazione Snam rete gas, servizi pubblici locali. Il Pd è contro la privatizzazione forzata, ma non contro le gare e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Tutto questo si può fare immediatamente senza bisogno di riforme costituzionali.
6. Politiche industriali per la crescita. Il Pd propone di adottare subito misure concrete per alleggerire gli oneri sociali e un pacchetto di progetti per l’efficienza energetica, la tecnologia italiana e la ricerca, con particolare riferimento alle risorse potenziali e sollecitabili del Mezzogiorno. Sarebbe un errore imperdonabile intervenire sul controllo dei conti pubblici senza mettere in campo, sia pure limitatamente alle risorse disponibili, un pacchetto di stimoli alla crescita e per l’occupazione. In questo contesto rientra anche l’implementazione dei più recenti accordi tra le parti sociali senza intromissioni che ledano la loro autonomia.
7. Pubblica amministrazione, istituzioni e costi della politica. In Italia la riduzione della spesa deve riguardare non tanto sulla spesa sociale, ma l’area della Pubblica Amministrazione, le istituzioni politiche e i settori collegati. A Cominciare dal Parlamento: il primo passo è il dimezzamento del numero dei parlamentari. Il Pd ha presentato da tre anni proposte specifiche su questo punto. Su sollecitazione dei gruppi parlamentari del Pd la discussione su questi progetti è stata calendarizzata in Parlamento per settembre. Si agisca immediatamente. Da lì in giù, bisogna intervenire su Regioni, Province, Comuni con lo snellimento degli organi, l’accorpamento dei piccoli comuni, il dimezzamento o più delle province secondo l’emendamento presentato dal Pd e dall’Udc alla manovra di luglio o, in alternativa, riconducendole ad organi di secondo livello, accorpamento degli uffici periferici dello Stato, dimezzamento delle società pubbliche, centralizzazione e controllo stretto per l’acquisto di beni e servizi nella pubblica amministrazione.
In più: la ripresa di un vero lavoro di spending review, interrotto dal governo Berlusconi, dal punto di vista di una politica industriale per la pubblica amministrazione. Il Pd ha proposte specifiche su ciascuno di questi punti. In particolare sui costi della politica il riferimento è il programma contenuto nell’ordine del giorno presentato due settimane or sono in Parlamento.
La manovra economica che il paese si appresta ad applicare rappresenta un passaggio necessario, ma molto severo. Il Pd eserciterà tutta la propria responsabilità di partito nazionale e alternativo. Ma oggi non si può tacere che se il paese si trova più esposto di altri sul fronte della crisi questo si deve alla responsabilità politica del governo e della sua maggioranza. L’Italia è un grande paese. Ha risorse e capacità. Tre anni fa il debito pubblico era al 104 per cento del Pil, la spesa pubblica era meno forte, le banche non avevano investito somme ingenti nei derivati e nei prodotti finanziari più fragili. Sarebbe bastato non bruciare inutilmente le risorse disponibili, riconoscere la crisi ed avviare un pacchetto di interventi per sostenere la crescita. Per tre anni, pur di fronte agli avvertimenti, all’allarme e alle proposte dell’opposizione, il governo ha negato la crisi e non ha fatto irresponsabilmente nulla.
Il Partito Democratico, responsabile e alternativo, si carica oggi di questa sfida e si propone per offrire al paese un’alternativa credibile, più efficiente, più giusta, in modo che l’Italia possa voltare pagina e riprendere il suo cammino di crescita.
“Sulla base di questi primi ed altri elementi di proposta” dichiara il segretario nazionale del Pd, Pier Luigi Bersani “dal 20 agosto in poi, una volta esaminato il testo presentato dal Consiglio dei ministri, ci rivolgeremo alle forze sociali e alle opposizioni per aprire un confronto volto a perfezionare una più compiuta proposta alternativa agli interventi del governo, a presentare gli emendamenti in Parlamento ed a sollecitare il sostegno dell’opinione pubblica per il cambiamento di una manovra depressiva, poco credibile e ingiusta”.
da www.partitodemocratico.it
******
Una tantum sui capitali, evasione e crescita Ecco le controproposte dei democratici
Da Bersani una serie di punti alternativi per affrontare l’emergenza. “Manovra Tremonti iniqua e non adatta alla ripresa del Pil”. Tra le proposte dismissioni immobili pubblici, liberalizzazioni e meno oneri sociali e investimenti su tecnologia e ricerca.
ROMA – Per il Pd le decisioni prese dal Consiglio dei ministri “sono inadeguate e poco credibili rispetto alla sfida che il paese ha di fronte”. Non solo. Sono “fortemente inique sul piano sociale e fiscale”. In sintesi, per i democratici, la manovra del governo scarica il costo del rientro dal deficit pubblico sui ceti popolari e sugli onesti che pagano le tasse. E’ inoltre un intervento destinato a deprimere l’economia invece di rilanciarla e non prevede nulla di significativo per la crescita.
Dal partito di Bersani arriva dunque una “contromanovra” per affrontare l’emergenza, “con soluzioni più eque ed efficenti” e soprattutto “in grado di fornire un sostegno selettivo alla crescita”. Ecco i punti:
Una tantum sui capitali esportati. Si prevede un prelievo straordinario una tantum sull’ammontare dei capitali esportati illegalmente e scudati, in modo da perequare il prelievo su questi cespiti alla armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 20 per cento e di adeguare l’intervento italiano alle medie delle analoghe misure prese nei principali paesi industrializzati. Gran parte di questi 15 miliardi dovrà essere utilizzata per i pagamenti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese e per alleggerire il patto di stabilità interno così da consentire immediati investimenti da parte dei comuni.
Lotta all’evasione. Un pacchetto di misure efficaci e non solo di facciata contro l’evasione fiscale, tali da produrre effetti immediati, consistenti e concreti. Si propongono dunque alcuni interventi, tra i quali figurano le misure anti-evasione che in parte riprendono quelle dolosamente abolite dal governo Berlusconi: tracciabilità dei pagamenti superiori a 1.000; obbligo di tenere l’elenco clienti-fornitori, il vero strumento di trasparenza efficiente; descrizione del patrimonio nella dichiarazione del reddito annuo con previsione di severe sanzioni in caso di inadempimento.
Imposta progressiva sui valori immobiliari. Il Pd vuole l’introduzione di una imposta ordinaria sui valori immobiliari di mercato, fortemente progressiva, con larghe esenzioni e che inglobi l’attuale imposta comunale unica sugli immobili, in modo di ricollocare l’Italia nella media e nella tradizione di tutti i maggiori paesi avanzati del mondo.
Dismissioni immobili pubblici. Nella proposta democratica un piano quinquennale di dismissioni di immobili pubblici in partenariato con gli enti locali (obiettivo minimo 25 miliardi di euro).
Liberalizzazioni. Il Pd propone di realizzare immediatamente almeno una parte delle proposte di liberalizzazione che il partito ha già preparato e presentato: ordini professionali, farmaci, filiera petrolifera, RC auto, portabilità dei conti correnti, dei mutui e dei servizi bancari, separazione Snam rete gas, servizi pubblici locali. Il Pd è contro la privatizzazione forzata, ma non contro le gare e la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Tutto questo si può fare immediatamente senza bisogno di riforme costituzionali.
Politiche industriali per la crescita. Bersani propone subito misure concrete per alleggerire gli oneri sociali e un pacchetto di progetti per l’efficienza energetica, la tecnologia italiana e la ricerca, con particolare riferimento alle risorse potenziali e sollecitabili del Mezzogiorno.
Pubblica amministrazione, istituzioni e costi della politica. Nella proposta democratica si legge che in Italia la riduzione della spesa deve riguardare non tanto sulla spesa sociale, ma l’area della Pubblica Amministrazione, le istituzioni politiche e i settori collegati. A Cominciare dal Parlamento: il primo passo è il dimezzamento del numero dei parlamentari. Il Pd ha presentato da tre anni proposte specifiche su questo punto. Su sollecitazione dei gruppi parlamentari del Pd la discussione su questi progetti è stata calendarizzata in Parlamento per settembre. Si agisca immediatamente. Da lì in giù, bisogna intervenire su Regioni, Province, Comuni con lo snellimento degli organi, l’accorpamento dei piccoli comuni, il dimezzamento o più delle province secondo l’emendamento presentato dal Pd e dall’Udc alla manovra di luglio o, in alternativa, riconducendole ad organi di secondo livello, accorpamento degli uffici periferici dello Stato, dimezzamento delle società pubbliche, centralizzazione e controllo stretto per l’acquisto di beni e servizi nella pubblica amministrazione. In più: la ripresa di un vero lavoro di spending review, interrotto dal governo Berlusconi, dal punto di vista di una politica industriale per la pubblica amministrazione. Il Pd ha proposte specifiche su ciascuno di questi punti. In particolare sui costi della politica il riferimento è il programma contenuto nell’ordine del giorno presentato due settimane or sono in Parlamento.
“Sulla base di questi punti”, dice Bersani “dal 20 agosto in poi, una volta esaminato il testo presentato dal Consiglio dei ministri, ci rivolgeremo alle forze sociali e alle opposizioni per aprire un confronto volto a perfezionare la proposta alternativa agli interventi del governo, a presentare gli emendamenti in Parlamento ed a sollecitare il sostegno dell’opinione pubblica per il cambiamento di una manovra depressiva, poco credibile e ingiusta”.
da www.repubblica.it
******
Bersani lancia la contromanovra del Pd: prelievo sui capitali esportati illegalmente
Sette punti per ribaltare le «inique misure del governo». No al contributo di solidarietà: «Così paga chi già paga»
MILANO – Al Partito democratico la manovra correttiva varata dal governo non piace. Lo ha detto subito il segretario Pier Luigi Bersani, mentre ancora Berlusconi e Tremonti ne illustravano i contenuti nella conferenza stampa a Palazzo Chigi. E ora esce allo scoperto, presentando una contromanovra in sette punti che indica quella che sarebbe la strada che il Pd vorrebbe si seguisse per l’uscita dalla crisi e dall’emergenza dei conti pubblici. E’ stato lo stesso Bersani a rilanciarla con un post sul proprio Twitter.
«ALTERNATIVA CREDIBILE» – «Il Pd non si sottrae alla sfida che il Paese ha di fronte e mette a disposizione il proprio contro piano, un progetto responsabile e alternativo per il bene del paese» dice il leader democratico, che parla di «inique misure del governo». E ancora: «Ci proponiamo per offrire al Paese un’alternativa credibile, più efficiente, più giusta, in modo che l’Italia possa voltare pagina e riprendere il suo cammino di crescita». Bersani contesta la maggior parte degli interventi previsti dall’esecutivo, come ad esempio il prelievo addizionale sui redditi, il cosiddetto «contributo di solidarietà», che secondo il segretario del Pd «incide sui ceti popolari e sui ceti medi che pagano le tasse. In sostanza paga chi già paga». Alcuni dei punti, come la riduzione del numero delle Province o l’accorpamento dei piccoli Comuni, sono invece presenti in entrambe le piattaforme, quella dell’esecutivo e quella dei democratici, ed è dunque ipotizzabile, sui singoli temi e una volta trovata l’intesa sui dettagli di applicazione, una possibile convergenza in Parlamento.
LE PROPOSTE DEL PD – Questi, in ogni caso, i punti attraverso cui il Partito democratico vorrebbe ridisegnare la manovra correttiva:
1) prelievo straordinario una tantum sull’ammontare dei capitali esportati illegalmente e scudati (15 miliardi di euro).
2) misure contro l’evasione fiscale (tracciabilità dei pagamenti superiori a 1.000 euro e 300 euro; l’elenco clienti-fornitori; descrizione del patrimonio nella dichiarazione dei redditi).
3) Imposta ordinaria sui valori immobiliari di mercato.
4) Dismissioni di immobili pubblici (25 miliardi di euro).
5) Liberalizzazioni.
6) Politiche industriali per la crescita: tra queste l’implementazione dei recenti accordi tra le parti sociali senza intromissioni che ledano la loro autonomia.
7) Pubblica amministrazione, istituzioni e costi della politica (dimezzamento del numero dei parlamentari; snellimento di Regioni, Province, Comuni; accorpamento dei piccoli comuni; dimezzamento delle province; dimezzamento delle società pubbliche, centralizzazione e controllo stretto per l’acquisto di beni e servizi nella P.A.).
da www.corriere.it