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"Regge il patto tra le parti sociali. Camusso: Ci prendono in giro", di Claudia Fusani

Separati in casa ma con un piano comune. Costretti al domicilio coatto da un governo che ostenta lunghi conclavi ma poi non decide, comunica a pezzetti e male; e dai mercati che continuano la loro aggressione speculativa. Le parti sociali al tavolo della crisi, dalla Confindustria alla ritrovata terna sindacale, dall’Abi agli artigiani e tutte le associazioni di categoria per un totale di 18 sigle, riescono a tenere un fronte unico e compatto quel patto sociale di obiettivi e intenti siglato un paio di settimane fa con il documento della discontinuità. Unità e compattezza che in questo momento spiazzano governo e maggioranza invece divisi e nervosi. E’ il dato politico più importante, l’unico costruttivo, di una giornata cominciata subito male in borsa e con grandi attese circa i risultati del tavolo governo- parti sociali convocato a palazzo Chigi alle cinque del pomeriggio. E che alla fine si è rivelata disastrosa, sia per le borse che per i risultati del cosiddetto tavolo. Il tavolo delle beffe, con 130invitati, tra cui mezzo governo, neppure una pietanza e qualche assaggino visto che di proposte concrete e ufficiali per uscire da questo disastro non se n’è sentita mezza. Una giornata di vuoto politico che è giusto raccontare dalla fine. Dalle facce della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e del presidente Abi Giuseppe Mussari circondati da Camusso, Angeletti e Bonanni e tutti gli altri che scendono nella sala stampa di palazzo Chigi alle 19 e 20 di sera per dire che il governo «non ha comunicato i dettagli della manovra ». E allora che siete venuti a fare? Marcegaglia tentenna, vorrebbe dire ma è meglio tacere, si limita a ribadire concetti già noti: «Si deve fare presto e bene, i principi della manovra devono essere condivisi e si devono ispirare a rigore e equità, interventi sul mercato del lavoro sì ma ci pensiamo noi». Il governo però, al piano di sopra, ha già apparecchiato il tavolo tecnico su questa questione e su altre. Mussari detta il game over, alza lo zaino e fa cenno a tutti di andarsene. «Chiedetelo al governo» rispondono prima Bonanni e poi Angeletti che più tardi saranno più morbidi con dichiarazioni del tipo «oggi non ci aspettavamo nulla di speciale, l’importante è quello che decideranno nelle prossime ore». Camusso ha occhi brace. Fuori da palazzo Chigi il segretario della Cgil arriva ad ipotizzare lo sciopero generale «ma solo se sarà confermato lo schema della manovra» che prende da chi ha già dato tanto. Alla fine questa affermazione sulla possibilità di uno sciopero generale intacca l’unità della parti sociali più di ogni altra provocazione dalla giornata. Che non sono state poche. Bonanni boccia la Camusso: «Indire uno sciopero oggi sarebbe sbagliato ».Ed è solo un assaggio delle possibili e temute divergenze che verranno fuori dopo, una volta che il governo metterà sul tavolo i contenuti della manovra che dovrà ridurre il deficit dal 3.8 attuale all’ 1.6 per cento nel 2012. Significa 35 miliardi da trovare subito. Di sicuro è fallito, almeno finora, il tentativo di una parte del governo di coinvolgere la Cisl in una trattativa riservata. La tenuta del fronte unico banche, industria, sindacati e associazioni di categoria aveva fatto una prova generale nel pomeriggio in via Veneto, alla foresteria della Confindustria. Un’ora e mezzo di pre-incontro in attesa di sentire le proposte del governo sulla crescita e sul ripianamento del debito. «Siamo uniti – aveva detto il segretario della Cisl Raffaele Bonanni – nell’esigenza di fare presto per spegnere l’incendio della nostra economia e proteggere il paese. Siamo pronti a prenderci le nostre responsabilità ma il governo deve avere coraggio nel tagliare i costi della politica e dare garanzie sulla riforma fiscale». Sulla stessa linea il segretario generale della Uil Luigi Angeletti. Più netta la Cgil: «Andiamo a sentire il governo, poi daremo le risposte. Se non c’è un’inversione di tendenza su chi deve pagare non possiamo accettare nessun tipo di soluzione» ha chiarito il segretario confederale Vincenzo Scudiere. Poi è andata come è andata. Il patto ha tenuto. Nonostante il nulla e quella scintilla sull’ipotesi di sciopero generale.

L’Unità 11.08.11

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Il vertice delude i sindacati. Camusso: non è stato all’altezza dei problemi, siamo pronti allo sciopero generale

Un vertice tutt’altro che soddisfacente. I sindacati si aspettavano molto di più dall’incontro con il Governo, come fa capire chiaramente la leader della Cgil Susanna Camusso: «L’incontro non è all’altezza dei problemi che abbiamo e della trasparenza che sarebbe necessaria. Ci aspettavamo che il Governo ci dicesse cosa intende fare», ha detto Camusso, ricordando come «la volta scorsa ci avete consegnato il libretto delle cose fatte, questa volta ci aspettavamo la lettera della Bce per sapere in che campo giochiamo». E ha aggiunto: «Se la manovra colpirà i soliti noti ci mobiliteremo per cambiarla» senza escludere «lo sciopero generale».

Più accomodante il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: «Non mi aspettavo né di più e né di meno, conoscendo la delicatezza dei temi che sono sul tappeto. Quello che conta davvero è ciò che decideranno nelle prossime ore». Bonanni ha aggiunto che nell’ambito del vertice il Governo non ha trattato il tema delle pensioni, lanciando poi un monito alla Cgil in merito alla possiiblità di uno sciopero generale: «Non riteniamo opportuno aggravare ulteriormente questo momento di crisi, non credo sia quello che serve per placare i mercati. Crediamo sia giusto discutere con il governo e casomai protestare, come abbiamo giá fatto in passato», ha aggiunto Bonanni. Ciò che serve è «l’unità generale».

Il Corriere della Sera 11.08.11

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“Cgil pronta allo sciopero generale”, di Mauro Favale

Se il governo gioca ancora a carte coperte, la Cgil scopre subito le sue e si prepara allo sciopero generale. Al termine di un incontro «non all´altezza dei problemi e della trasparenza che sarebbe necessaria», Susanna Camusso, leader della Cgil, si basa sullo «schema della manovra letto sui giornali» e promette battaglia per cambiarla. «Senza escludere lo sciopero generale. Tempi e modi li deciderà l´organizzazione». Un annuncio accolto malissimo dal governo che definisce la segretaria della Cgil «irresponsabile» e lasciato cadere, per ora, dalla Cisl di Raffaele Bonanni, convinto che «oggi, ai mercati, non si risponde con uno sciopero generale».
Il problema, però, per la Camusso è la mancanza di risposte da parte del governo e il rischio che «la manovra colpisca i soliti noti. Devono pagare coloro che nella manovra precedente non l´hanno fatto». «Equità» come parola d´ordine, quindi, e no a interventi che riguardano pensioni, redditi da lavoro dipendente, sanità e assistenza. Né, tantomeno, per la Cgil sono accettabili modifiche dell´articolo 18 dello statuto dei lavoratori, simbolo di una battaglia vinta dal sindacato già nel 2002.
Se la Camusso si dice delusa dall´incontro con il governo, Bonanni, invece non si aspettava «né di più né di meno». Anche per il leader della Cisl, l´importante è «fare presto ma con equità». Non raccoglie l´annuncio dello sciopero generale, così come lo lascia cadere anche Luigi Angeletti della Uil che invita il governo a «dare un segnale chiaro sui costi della politica». Poi aggiunge: «Siamo sull´orlo del precipizio». La maggioranza, invece, si scaglia contro la Camusso: «Ci sono momenti – afferma il vicecapogruppo Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello – nei quali un atteggiamento di responsabilità è il minimo che ci si possa aspettare. Quello della Cgil può classificarsi come un atto anti-nazionale».
Il Pd, intanto, non commenta l´incontro con le parti sociali e aspetta l´audizione del ministro Giulio Tremonti, questa mattina, a Montecitorio. Il segretario Pierluigi Bersani chiede al governo «parole chiare sulle sue intenzioni. Poi, se le proposte non saranno soddisfacenti faremo le nostre proposte alternative».

La Repubblica 11.08.11

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«Ci metto la faccia, si fa come dico io»
Vertice nella notte da Berlusconi. Contrasti su pensioni e prelievo straordinario

Sa che forse anche lui dovrà cedere qualcosa. Che potrebbe alla fine anche essere necessario rimangiarsi quel «piuttosto che imporre agli italiani una patrimoniale, mi dimetto» pronunciato appena due giorni fa, nonostante ancora ieri sera tenesse duro: «Dobbiamo agire su altre voci, tagliare le fonti di spesa, i costi della politica, poi certo andrà rivisto, purtroppo, anche qualcosa sulle pensioni, ma io a patrimoniali o cose simili non credo, e non voglio cedere…», ripeteva Silvio Berlusconi ai suoi e a Umberto Bossi, con il quale ha trattato fino a notte, in un vertice con lo stato maggiore della Lega, del Pdl e con Tremonti durato oltre quattro ore, non sufficienti a sciogliere i nodi, soprattutto su pensioni – sulle quali la Lega non vorrebbe intervenire – e patrimoniale.
«Siamo ancora in alto mare», confessavano a notte fonda nel Pdl. Ma Silvio Berlusconi sa che questo è il momento decisivo per il futuro del suo governo, per quello che di lui si dirà negli anni a venire, e anche per il Paese. E attacca: «Non c’è nessuno che possa sostituirmi a Palazzo Chigi, non lo vogliono nemmeno i vertici della Bce o i nostri partner europei, perché si fidano di me: questa manovra siamo in grado di farla, farla bene, e la faremo. Io ci metto la faccia, e voglio sia fatta come dico io».
Il suo partito in realtà – che ieri notte, dopo il vertice a palazzo Grazioli, è tornato a riunirsi per «fare il punto» in una frenetica ricerca della quadra – è più possibilista sul fatto che, alla fine, una qualche forma di «eurotassa» bisognerà pur imporla. «L’ipotesi di patrimoniale non esiste, non si capisce come sia uscita», scandisce Cicchitto all’uscita del vertice. Ma nell’incontro, ragionano, si è ragionato eccome su ipotesi di «interventi fiscali» che potrebbero riguardare l’innalzamento dell’Iva ma anche una sorta di prelievo straordinario per il quale già si ipotizzano nomi: «contributo per l’Italia» il più gettonato.
D’altra parte, nel pomeriggio, in una sorta di pre-vertice ristretto del Pdl, si faceva questo ragionamento: meglio chiedere un sacrificio ora, e una volta sola, a chi può, che spalmarlo in mille rivoli, perché «se si ha il coraggio di dire agli italiani come stanno le cose, agendo una volta per tutte, magari ci si rilancia per il 2013», sosteneva un ministro convinto che «va spinto Berlusconi in questa direzione».
In ogni caso nel vertice del Pdl, sia Alfano che Cicchitto, a Tremonti hanno chiesto chiaro e tondo di «non farci trovare davanti ad una manovra che non sia condivisa: il premier dovrà esserne protagonista perché sarà lui a doversene assumere oneri ed onori». Ma oggi sono piuttosto gli oneri quelli che affannano il premier. La drammatizzazione del quadro politico e finanziario dato ieri sia da Berlusconi che da Letta che da Tremonti alle parti sociali è servita anche a preparare il campo a misure che potrebbero essere prese prima di quanto annunciato ufficialmente: «tra il 14 e il 16» è stato detto al tavolo. Prima della riapertura dei mercati e sull’onda di giornate che si prevedono tanto emergenziali da frenare proteste e voci considerate più che stonate. Come quella del segretario Cgil Camusso, che ieri minacciava anche uno sciopero generale: «Sembra il capo del sindacato greco…», raccontano abbia commentato il premier.
Ma per le prossime ore il problema del premier è soprattutto interno: come far quadrare i conti della manovra se la Lega si oppone a qualsiasi intervento sulle pensioni? Perché lui e il Pdl, invece, sulla previdenza spingono: sia su una riduzione drastica delle pensioni di reversibilità, sia a una disincentivazione per quelle di anzianità (più complicato toccare l’età per l’uscita dal lavoro delle donne). Nella notte, l’idea prevalente in casa Pdl era che «sulle pensioni si arriverà a una mediazione». Sulla patrimoniale o tassa di scopo che dir si voglia, invece, si ragiona e si preme e si valutano pro e contro: «Il fatto è che Berlusconi con la sua posizione drastica ci ha spiazzato… Vediamo se si convince a cedere qualcosa però, perché comunque i conti alla fine devono tornare in qualche modo…», confessava un ministro.
E molto dipenderà appunto dall’atteggiamento della Lega: «La manovra sarà pesante e dovrà essere condivisa, tutti dovremo essere disponibili», predicava ieri sera il ministro Fitto. Prendendosi il tempo necessario: «È vero che siamo in emergenza — dice Mariastella Gelmini —, ma l’urgenza non deve essere cattiva consigliera…».

Il Corriere della Sera 11.08.11