Il Pd chiede trasparenza al governo sulla manovra e sulle richieste della Bce. Ma sull’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio le posizioni sono diverse e il confronto si fa serrato. Il governo deve «dire la verità». I vertici del Partito democraticosono nel pieno della loro discussione, richiamati d’urgenza dalle ferie per discutere la posizione da assumere in Parlamento, quando a largo del Nazareno arriva la notizia che l’incontro del governo con le parti sociali, invece, è già finito. La reazione dei dirigenti democratici è un misto di sconcerto e ilarità, nella convinzione che l’episodio rappresenti perfettamente la situazione: l’opposzione chiusa nei suoi uffici a studiare possibili misure e contromisure da un lato, dall’altro un governo che «fa i giochini», che continua a rifiutarsi di «dire la verità al Paese». E anche all’opposizione. Enzo Bianco, tra i primi a lasciare la riunione, parla di «forte delusione» per l’esito dell’incontro tra governo e parti sociali. «È incomprensibile che non siano emerse proposte che noi come opposizione avremmo dovuto sapere da tempo», dice l’ex ministro dell’Interno. «Il governo brancola nel buio… speriamo che domani Tremonti dica una parola chiara perché il Paese ne ha bisogno».
Ad anticipare la posizione del Pd è il vicesegretario Enrico Letta. «Noi domani (oggi per chi legge, ndr) diremo al governo: sii serio, di’ la verità su cosa vuoi fare e sulla situazione attuale, su quello che ha chiesto la Bce». Ma nessuno si mostra particolarmente ottimista. «Certo – dice ad esempio David Sassoli – se la musica è quella suonata nell’incontro di oggi con le parti sociali, non c’è da illudersi ». Tanto meno i democratici possono essere ottimisti sul merito delle scelte. «Una manovra aggiuntiva di 20 miliardi non può colpire solo i ceti popolari, coloro che in questi tre anni hanno già pagato la crisi», afferma il capogruppo del Pd al Parlamento europeo, che aggiunge: «Il governo ora ha il dovere di dire dove prenderà i soldi e quali proposte metterà in campo. Per noi la premessa di ogni discorso è che chi ha di più deve dare di più».
Il tasto su cui battere, ovviamente, è sempre lo stesso. «È arrivato il momento della verità», ripete Letta. È il momento di dire come stanno le cose, con tutte le umiliazioni degli ultimi tempi, con il commissariamento della Bce, di Parigi e Berlino, con il sorpasso della Spagna sui titoli di Stato». Lo ripete anche Paolo Gentiloni: «È incredibile la situazione di scarsa conoscenza delle proposte del governo. Ci aspettiamo un’operazione trasparenza».
In Parlamento, oggi, la posizione del Pd sarà rappresentata dal segretario. «In questo momento – spiega Bianco – c’è bisogno di un linguaggio unitario».
Nella riunione al Nazareno, tuttavia, differenze sono emerse, comedel resto si era già visto sui giornali. Da un lato, Walter Veltroni, Enrico Morando, Paolo Gentiloni e tutta l’area di Modem, convinta che sulla questione della costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, e più in generale sulla linea del risanamento, il Partito democratico non possa chiudersi in una posizione di rifiuto preconcetto (tutti d’accordo, in compenso, sulla proposta di ribadire anche nel dibattito di oggi la proposta di dimezzare il numero dei parlamentari).
Dall’altro lato, nella maggioranza, la posizione più netta è certamente quella del responsabile economico Stefano Fassina, convinto che il Pd non possa schierarsi acriticamente sulla linea della Bce e dei mercati finanziari. In questo dibattito, Bersani ha cercato di far prevalere innanzi tutto le esigenze di unità e soprattutto di autodifesa, rispetto a quello che considera un vero e proprio tranello. E cioè il tentativo del governo di «portarci in giro» con un dibattito su riforme costituzionali che non si faranno mai, e per realizzare le quali, da parte dello stesso esecutivo,non c’è né la reale intenzione,
né la forza, né il tempo. La trincea invalicabile su cui il segretario tenta di schierare tutto il partito è la difesa dei redditi più bassi dinanzi al tentativo di caricare sulle loro spalle l’intero costo della crisi e del risanamento. In particolare sulle pensioni e sul mercato del lavoro. Su entrambi i temi, tuttavia, nel Pd non mancano, come è noto, i dirigenti schierati su posizioni più possibiliste. Per quanto riguarda rendite e patrimoni, Bersani ribadisce che di fronte ai pesantissimi sacrifici che si annunciano per tutti, a cominciare
dai lavoratori e dalle fasce più deboli, non è accettabile pensare di coinvolgere chi ha le
spalle più forti solamente con misure una tantum. Il riequilibrio dei pesi non può che essere il frutto di misure strutturali.
L’altra trappola da evitare, ha spiegato Bersani, è quella di lasciarsi risucchiare in «un dibattito sulle nostre misure, prima ancora di avere avuto la possibilità di conoscere le loro». In altre parole, il timore è che ancora una volta, come già avvenuto in occasione della manovra approvata in Parlamento a tempo di record, il centrodestra tenti di far passare i pesantissimi provvedimenti che si annunciano come una richiesta dell’opposizione. Un gioco di prestigio che il Partito democratico non ha intenzione di stare a guardare.
L’Unità 11.08.11
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“Menù indigesto, così il Pd chiude la porta”
«Siamo alla terza occasione persa del governo. C´è il forte rischio di una quarta».
A che si riferisce onorevole Rosi Bindi?
«Se il ministro Tremonti stamattina in commissione si presenta con lo stesso indigesto menu offerto alle parti sociali, il discorso col Pd si chiude».
Direte di no al decreto legge che il governo annuncia?
«Capisco l´urgenza ma poi che fanno, pongono come al solito la fiducia in aula? Ma, al di là dello strumento, il governo non può chiedere collaborazione senza uno straccio di proposta. Al confronto siamo disposti ma tocca a loro scoprire le carte».
Anche sulla lettera della Bce? Palazzo Chigi sostiene che non può renderla pubblica, è un documento riservato.
«Il problema vero è che fin quando non sanno che risposta dare alle richieste della Bce non possono divulgare il contenuto. E siccome la maggioranza è spaccata…».
E´ il motivo vero del silenzio “nel merito” delle proposte?
«Bossi non vuole toccare le pensioni. Berlusconi non vuole la patrimoniale. Divisi su tutto. Spero che la notte porti consiglio. Però le parole di Gianni Letta mi son sembrate significative».
Quella battuta su “tutto precipita, il governo è pronto ad ogni ipotesi”?
«E´ come se finalmente qualcuno a Palazzo Chigi prendesse coscienza della situazione. Non mi metto a interpretare i pensieri di Letta, ma quasi quasi mi è sembrato come se, di fronte alle divisioni fra Pdl e Lega, avvertisse che se va avanti così finisce che occorrono sia la patrimoniale che il mettere mano alle pensioni».
Il centrodestra accusa voi del Pd di essere a corto di soluzioni.
«Stanno nei nostri documenti. Chiediamo che chi ha di più deve contribuire di più al risanamento. Vogliamo una vera lotta all´evasione fiscale. Crescita e lavoro. La ristrutturazione della pubblica amministrazione. E sui costi della politica un dimezzamento dei parlamentari. Ma, nel dettaglio, non scendiamo. Perché appunto è dovere del governo».
Il Pd da una parte chiede la testa di Berlusconi e dall´altra vuol discutere…
«Il passo indietro del premier è indispensabile per riconquistare credibilità sui mercati. Servono le elezioni, ma abbiamo già detto di essere anche disponibili ad un governo del Presidente. E come atto di estrema responsabilità pronti anche a discutere delle misure anti-crisi».
La Repubblica 11.08.11