Se è vera la formuletta, allora siamo fritti: «Chi più scopre, più cresce e meglio vive» . Traduzione: la buona salute economica di un Paese si misura anche da quanti sono i suoi inventori e ricercatori, da quante risorse lo Stato dedica alla ricerca scientifica e allo sviluppo tecnologico. Perché davanti a certe ultime statistiche dell’Unione Europea, la formuletta diventa veleno. Eccole qui: nel 2011 l’Italia dedicherà l’ 1,1 per cento del suo Prodotto interno lordo alle spese destinate, appunto, alla ricerca e allo sviluppo; la Germania o la Danimarca, più del doppio (rispettivamente: 2,3%e 2,4%); la Svezia, più del triplo (3,3%); la Finlandia, quasi il triplo (3,1%); Israele, quasi il quadruplo (4,2%); altri ancora, comunque distaccati da noi: Francia (1,9%), Olanda (1,6%), (Belgio 1,7%), Repubblica Ceca (1,4%), Irlanda (1,4%), Portogallo (1,2%), Slovenia (1,4%), Spagna (1,3%). Per non parlare dei colossi extraeuropei: Giappone (3,3%), Corea del Sud (3%), Usa (2,7%). Certo, i numeri vanno letti e interpretati, e da soli non spiegano tutto. Ma le parole, allora? Sempre le statistiche della Commissione europea certificano che «l’Italia è una delle nazioni definite come modeste innovatrici, con risultati al di sotto della media» . Fra i suoi punti più positivi, il numero dei laureati extra europei (+14,2%); e fra i punti peggiori, il crollo (-13,7%) delle spese non collegate alla ricerca scientifica ma destinate comunque allo sviluppo. Nella classifica generale— anno 2010— limitata agli obiettivi conseguiti per l’innovazione, l’Italia fa meglio di Romania, Bulgaria, Macedonia, Grecia, Malta, Spagna. Ma meglio dell’Italia, arenata comunque sotto la media Ue, fanno il Portogallo, Cipro, l’Estonia, e poi tutti — tutti, senza eccezioni — i Paesi dell’Europa del centro-nord. Il Belgio è molto più su, come l’Austria e il Lussemburgo. Mentre Gran Bretagna, Germania, Svezia e Svizzera quasi non si vedono perché sono in cima alla montagna dell’eccellenza. Nell’attesa di arrivar su anche noi, discutiamo e investiamo sul trasloco dei ministeri da Roma a Monza.
da Il Corriere della Sera