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«Tasse e niente riforme Ma l’alternativa ora c’è Ricostruiremo il Paese», intervista a Pier Luigi Bersani di Simone Collini

Bersani: tocca a noi ricostruire. «Varato un decreto classista Daremo battaglia: a saldi invariati cambieremo tutto. Per la prima volta in tre anni Pd, Idv e Udc hanno presentato emendamenti comuni». «Ricostruiremo noi l’Italia», dice Pier Luigi Bersani il giorno dopo l’approvazione di una manovra «spudoratamente classista e che non porta il Paese fuori dalla tempesta». Per il leader del Pd il dato fondamentale di questo passaggio è che «di fronte a scelte assurde o profondamente negative tutta l’opposizione parlamentare ha concordato sia l’assunzione di responsabilità sui tempi, sia la fortissima critica sui contenuti»: «Per la prima volta dopo tre anni, Pd, Idv e Udc hanno presentato emendamenti comuni. È una novità che non va sottovalutata. Tanto più in un momento difficile come questo dobbiamo lavorare all’unità dell’opposizione e alla definizione di un’alternativa credibile». Anche perché, dice Bersani ripensando ai colloqui con capi di Stato e di governo incontrati nel viaggio in Medio Oriente da cui è da poco rientrato, «è urgente rilanciare il ruolo dell’Italia nel mondo»: «Il berlusconismo ha portato un grande Paese come il nostro a non discutere neanche di quel che avviene alla porta di casa. È desolante come siamo avvitati su questioni domestiche, spesso di serie C, come questo governo non si renda conto che quanto sta avvenendo al di là del Mediterraneo sia rilevante per il nostro futuro».
Sicuri che il vostro «senso di responsabilità» sia stato compreso dai cittadini, che non veniate giudicati anche voi responsabili di una manovra come questa?
«Un governo in difficoltà, con la sua comunicazione, prova a far condividere delle responsabilità che sono solo sue. Ma la realtà dei fatti è semplice. Da un mese il governo aveva annunciato la fiducia, come aveva già fatto 46 volte. La nostra responsabilità è stata quella di accettare il cambio dei tempi. Lo abbiamo fatto vedendo che l’Italia era aggredita dai mercati internazionali, sapendo che due settimane di confusione in una situazione già drammatica avrebbero potuto portare guai peggiori e sapendo che i costi dei danni provocati si scaricano sempre sui più deboli. Ma la nostra responsabilità si ferma qui, sul baratro di guai peggiori».
Dice invece Berlusconi che ora che è stata approvata la manovra “l’Italia è più forte”. «Non è così, hanno imbastito una manovra carica di tasse e senza alcuna riforma, che non ci metterà al riparo
dai mercati e che ha innescato una bomba a orologeria che scoppierà tra il 2013 e il 2014. Dopo tre anni in cui il governo ha perseguito una politica economica sbagliata, neanche questa volta è stata fornita la risposta all’interrogativo di fondo, e cioè come fa un Paese con un debito così alto a pagare quel che deve crescendo poco o nulla. È vero che c’è un attacco all’Euro, è vero che imperversa la speculazione, ma se siamo tra i paesi più deboli dell’Unione è perché non c’è una minima strategia per la crescita. Senza un pacchetto di riforme da dare in pegno all’Europa per un rientro più sensato, meno pesante, rimaniamo in mezzo alla tempesta».
Voi siete disposti a confrontarvi col governo su queste riforme per la crescita “nel modo più aperto e concludente”, per utilizzare le parole del Capo dello Stato?
«L’appello del Presidente Napolitano, che riconosce che nessuno ha rinunciato alle proprie posizioni, è a presentare un pacchetto di riforme, e noi abbiamo già avanzato delle proposte indicative già nel corso della discussione della manovra. Abbiamo indicato un elenco di liberalizzazioni, di interventi per ridurre i costi dell’amministrazione e quelli della politica, abbiamo anche presentato una proposta di riforma fiscale e una per un diverso sistema degli appalti. Se si tratta di avanzare proposte di riforma, noi sono tre anni che lo facciamo. Se si tratta di ritenere che il quadro politico lo consenta però no, non pensiamo che sia possibile». Perché per voi Berlusconi non ha la credibilità sufficiente?
«Non è per noi. È agli occhi del mondo che Berlusconi non ha credibilità. Se dopo le amministrative e il referendum è emerso con evidenza che non ha più la fiducia del Paese, ora è evidente che non ce l’hanno neanche i mercati e le cancellerie internazionali».
Ha la fiducia in Parlamento.
«I numeri gli consentono una sopravvivenza estenuata. Parlano della stabilità di questo governo come se fosse la medicina mentre è parte della malattia».
Va bene ma se le dimissioni non arrivano, voi cosa intendete fare? «Intanto dobbiamo chiarire come la pensiamo noi, e cioè che parte del rimedio è una ripartenza che passi per un confronto elettorale, con nuovi protagonisti, nuove idee, nuovi impegni».
Un governo istituzionale no?
«Siamo anche pronti a discutere la possibilità di una fase di transizione che nei tempi utili consenta una riforma elettorale. Ma a condizione che i vecchi protagonisti si facciano da parte. Se invece chi ci ha portato in questa situazione intende sopravvivere navigando da un incidente all’altro, si tratterà di una responsabilità gravissima che si assume totalmente». Di nuovo: e voi intanto cosa intendete fare?
«Utilizzeremo tutte le occasioni parlamentari per porre fine a questa situazione e tutte le possibilità che abbiamo nel Paese, comprese le Feste, per far crescere il senso comune della necessità di una ripartenza. Sul piano della politica, lavoriamo per comporre uno schieramento d’opposizione unitario».
Dall’Udc a Sel passando per l’Idv? Non teme che l’alternativa sia poco credibile? «Guardi che la vera novità politica di questo passaggio non è tanto nei tempi di approvazione della manovra, ma il senso di responsabilità dimostrato dalle forze di opposizione. Per la prima volta in tre anni il Pd, l’Udc e l’Idv hanno proposto correttivi comuni, hanno presentato in Parlamento emendamenti insieme. È una novità che non va sottovalutata. Tanto più in un momento delicato come questo bisogna costruire l’unità dell’opposizione. E lo stiamo facendo concretamente, mantenendo un costante rapporto con l’Udc e lavorando su tavoli tecnici con Idv e Sel. Così stiamo costruendo una credibile alternativa di governo. Sapendo anche che più passano i giorni senza che si verifichi una svolta, più avremo l’esigenza di una ricostruzione. E quindi il prossimo non sarà un passaggio di governo qualsiasi».
Anche perché il grosso della manovra viene scaricato nel biennio 2013-2014, quando a governare saranno altri: nel caso ci foste voi al governo?
«Terremmo invariati i saldi della manovra, ma ne cambieremmo segno e composizione. Alcuni segnali già li abbiamo dati. Due regioni governate da noi, Emilia Romagna e Toscana, non applicheranno l’aumento del ticket sanitario, mentre in Parlamento già abbiamo depositato una proposta di legge che eliminerebbe l’aggravio indicando anche una copertura diversa. Ma è l’intero impianto di questa manovra che va cambiato perché sono state compiute scelte di un micidiale classismo. C’è il taglio lineare della detrazione fiscale, che colpisce famiglie e lavoratori, cioè chi paga le tasse, mentre non c’è un rigo contro l’evasione fiscale e c’è anche un mezzo condono. La tempesta non è passata e noi dovremo compiere un’operazione di ricostruzione in tempi molto difficili».
E con un sentimento di antipolitica che, a giudicare dagli ultimi tempi, è piuttosto in crescita. Dice che l’opposizione e in particolare il Pd, per come si sta muovendo sui costi della politica, ha la credibilità per affrontarlo efficacemente?
«Noi abbiamo avanzato proposte precise e coraggiose sui costi della politica e sul tema degli sprechi e dei privilegi. Come il superamento dei vitalizi per i parlamentari, la riduzione del numero di deputati e senatori, la riduzione delle società pubbliche, l’abolizione delle province al di sotto dei 500 mila abitanti, uscendo in questo caso dalla questione demagogica di cancellarle tout court senza dare conto di cosa fare delle funzioni che svolgono. Non accettiamo che questo tema delicato venga agitato in nome dell’antipolitica, o che venga confuso con il tema istituzionale. Altrimenti con certi toni di questo passo si chiederà di abolire il Parlamento e il Quirinale, perché costano, e di reinserire invece la figura del Podestà, tanto per risparmiare».
Non la preoccupa che senza qualche concessione alla demagogia si rompa quell’alleanza tra voi e società civile che si è vista alle amministrative, al referendum, nelle piazze in primavera?
«La mia preoccupazione principale è tenere un punto fermo, e cioè che senza politica comanda solo il miliardario. La Germania, paese che galoppa di più, non ha il miliardario ma i partiti. Detto questo, ci vuole una politica sobria, ci vuole la buona politica. Che rivendica il suo ruolo ineludibile, indicare dove va il Paese e garantire maggioranze che consentano un governo, ma conosce i suoi limiti. Che sta sotto il palco e arrotola le bandiere in presenza di movimenti che la convincono e che sa quand’è invece il momento di dispiegarle, queste bandiere».
E sulla legge elettorale? Secondo lei come dovrebbe muoversi la politica, e in particolare il Pd, considerando anche che in campo ci sono due referendum diversi per superare il Porcellum?
«Martedì in Direzione propongo un testo di riforma coerente con la logica bipolare, che consente all’elettore attraverso un semplice voto sulla scheda di determinare anche la maggioranza di governo, che prevede il doppio turno e induce alle convergenze, che garantisce il diritto di tribuna, la presenza femminile e il fatto che i gruppi parlamentari possono essere formati soltanto da forze presentate alle elezioni. Io chiedo che il partito sostenga questa proposta e di discuterla con le altre forze politiche. Questo tocca ai partiti. Il resto va lasciato alla società civile».

L’Unità 17.07.11

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“Veltroni: adesso il Pdl dica sì a un governo istituzionale” , di Aldo Cazzullo

«Il Paese ha bisogno di un altro governo. Ha bisogno che si dia rapidamente un messaggio di stabilità, di sicurezza, di affidabilità dell’Italia. La crisi che stiamo vivendo è molto grave, e il fatto che il presidente del Consiglio si stia occupando dell’onorevole Papa piuttosto che dei rischi profondi che il Paese vive e delle sofferenze delle famiglie dimostra la lontananza siderale tra il presidente del Consiglio e il Paese stesso. Sette giorni di silenzio, di nascondimento, di evidente concentrazione su altri problemi, a cominciare dal pagamento degli oneri sentenza Mondadori. Un governo in cui ogni giorno c’è un conflitto più grave tra il premier e il ministro dell’Economia. Un ministro delle Riforme istituzionali che mostra il dito medio mentre viene eseguito l’inno nazionale; un episodio per cui in un altro Paese dopo due secondi si sarebbe stati accompagnati all’uscita. Una situazione di totale instabilità e assenza di capacità di governo, proprio mentre se ne avrebbe più bisogno. Si stanno allineando una serie di pianeti che reclamano un passaggio d’epoca» . Walter Veltroni, chi dovrebbe sostenere questo nuovo governo? Anche il Pd? E Berlusconi perché dovrebbe farsi da parte? «Berlusconi oggi è il problema. Ed è riconosciuto come tale in Italia e all’estero. Lo Spiegel titola una sua analisi “perché è giusto punire l’Italia”. L’instabilità politica e di governo è legata in particolare a Berlusconi: tutto il Paese, compresi moltissimi deputati di maggioranza, lo avvertono come un ostacolo alla liberazione delle energie dell’Italia, al suo rasserenamento. Berlusconi deve avere la misura minima di capire che deve per una volta far prevalere gli interessi della nazione sui propri. Invece ripete meccanicamente le parole del capitano Smith del Titanic di De Gregori: “Andiamo avanti tranquillamente”» . Berlusconi fa notare di avere ancora la maggioranza in Parlamento. «Non l’ha nel Paese. Non l’ha nel rapporto con l’opinione pubblica, con i soggetti imprenditoriali e sociali, nelle relazioni internazionali. Ha la maggioranza con Scilipoti. Ma con Scilipoti non dai risposte ai mercati finanziari e al bisogno di novità del Paese» . Come farlo, allora? «Con un governo presieduto da una persona che sia affidabile e credibile, per l’Italia e per l’Europa, e faccia due cose. La riforma elettorale, per rafforzare il sistema bipolare e restituire ai cittadini il potere di scegliere, con i collegi uninominali, i loro rappresentanti. E scelte anche dolorose contro l’emergenza economica. In Italia qualcuno deve fare questa parte: Giuliano Amato, Ciampi, noi, con il governo Prodi, per entrare in Europa. L’Italia è il Paese che fece in sei anni l’Autosole; oggi siamo fermi sulla Salerno Reggio Calabria. Con Pisanu parlammo di governo di decantazione per indicare un tempo breve, che apra la via a una nuova dialettica tra due forze di tipo europeo e tolga dal campo della vita pubblica l’anomalia Berlusconi» . Lei pensa davvero che anche il Pdl sosterrebbe un governo così? «Penso che dovrebbe tutto il Parlamento. Perché non sarebbe un ribaltone. Ma un governo con un consenso larghissimo, di forte attitudine istituzionale e di competenza, indispensabile per affrontare una fase di difficoltà che può diventare drammatica» . Chi dovrebbe guidarlo? Si è parlato di Monti e dello stesso Pisanu. «Per fortuna in questo Paese c’è Giorgio Napolitano. Il Quirinale è un presidio di saggezza. Ha stimolato la politica a reagire nel modo giusto. Il Pd ha fatto bene in Parlamento ad assumere una posizione responsabile, tanto più apprezzabile in ragione del dissenso profondo per una manovra estemporanea, dal segno sociale sbagliato, che ostacolerà la crescita. Ora è il centrodestra che deve dare analoga prova di responsabilità non rimanendo incollato al potere» . Lei parla di “allineamento di pianeti”e passaggio d’epoca. A cosa si riferisce? «C’è una crisi politica e di legittimazione delle istituzioni molto profonda. C’è una crisi morale, con un dilagare della corruzione e della criminalità superiore persino ai tempi della denuncia di Enrico Berlinguer. C’è una crisi economica e finanziaria che porta a compimento tutti i nodi irrisolti della nostra storia, a cominciare dal debito pubblico, nel pieno di una tempesta che investe l’Occidente intero: se qualche anno fa qualcuno ci avesse detto che il presidente degli Stati Uniti avrebbe denunciato il rischio di default del suo Paese, avremmo pensato a una barzelletta. E c’è un insopportabile aumento della disuguaglianza sociale. Otto milioni di poveri sono una cifra intollerabile per l’Italia del nuovo millennio» . Contro la crisi finanziaria il governo ha presentato e fatto approvare la manovra. «Non credo che la manovra abbia risolto tutti i nostri problemi con i mercati. I mercati non sono la Spectre: agiscono dove percepiscono instabilità finanziaria e politica; e noi abbiamo tutti e due gli elementi. Quando parlo di passaggio d’epoca penso alla spirale che l’Italia deve interrompere se vuole sopravvivere: la spirale di conservatorismo e populismo, che ha segnato tutto il Novecento. La funzione storica del Pd resta quella di introdurre un elemento di discontinuità tra fascismo, andreottismo, berlusconismo. E la discontinuità si chiama riformismo. Qualche mese fa al Lingotto, proposi di aggredire il debito e portarlo in 15 anni all’ 80%del Pil, per rimuovere questa pietra al collo che pesa sulle nuove generazioni» . Lei chiese una patrimoniale. «Io chiedo innanzitutto un piano industriale della pubblica amministrazione, per uscire dalla logica dei tagli lineari e selezionare in modo preciso sprechi e spese, a cominciare dalle Province. Si deve valorizzare il patrimonio pubblico. Si deve privatizzare e liberalizzare. Si deve dare priorità ad ambiente, cultura, formazione. E ribadisco che quando un Paese è in crisi, e noi lo siamo, chi ha di più deve contribuire più degli altri; altrimenti il Paese non tiene. Mi ha fatto piacere che questo tema sia stato ripreso da Casini nel suo intervento alla Camera. Come ai tempi dell’euro, occorre uno sforzo massiccio. Il 10%del Paese detiene il 48 %della ricchezza nazionale» . Chi paga, e come? «Le soluzioni possibili sono molte. Il punto è il principio: deve pagare di più chi ha di più, non i pensionati e gli artigiani, i precari e gli operai. Non credo ci sia alternativa a questo, se vogliamo mettere l’Italia in sicurezza per le prossime generazioni. Altrimenti a pagare di più saranno, con i poveri, le forze produttive, che sono anche le più esposte. A cominciare dalla piccola industria e dal ceto medio. Quelli che tengono su l’Italia» . Una cosa è certa: i partiti non intendono rinunciare ai propri privilegi. «Invece i costi della politica vanno tagliati. Sbaglia la politica quando reagisce piccata, come se dovesse difendere se stessa. Il vero problema è il funzionamento della democrazia. La gente è anche disposta a sopportare un costo se le istituzioni funzionano e decidono, se sono in mano a gente onesta, se garantiscono stabilità. Altrimenti la politica appare un costo iniquo, tanto più insopportabile quando si chiedono sacrifici alle famiglie. Ma la democrazia che decide non può essere fatta da mille parlamentari, due rami del Parlamento, Regioni, Province, Comuni, istituzioni pletoriche, consigli di amministrazione nominati dai partiti, una Rai sottoposta al controllo dello spoil system. Ci vuole una cura dimagrante, non solo perché corrisponde a un sentimento e anche a una rabbia, ma perché se la democrazia non decide prosperano i poteri altri. Comprese le varie P2, P3, P4, P8» . Il suo partito non ha appoggiato l’abolizione delle Province. «Il mio partito dovrebbe mettersi alla testa di questa riforma, non subirla. Non ci possono essere milioni di persone che vivono di politica» . Lei è in disaccordo con una parte del Pd anche sul ritorno al proporzionale. «Senza bipolarismo, il Paese è destinato ad andare alla deriva. Ai tempi del proporzionale, i partiti affondavano le radici nella storia del Paese: il Pri aveva Mazzini,
il Pli Giovanni Amendola, il Pci Gramsci. Ora abbiamo un sistema di partiti personali. E vogliamo tornare al proporzionale, con il debito pubblico al punto più alto? Vogliamo tornare a governi di coalizione che cadono per la presidenza dell’Eni? Io non ho nostalgia dei tempi delle stragi e penso che l’Italia a forza di volgersi indietro si trasformerà in una statua di sale. Consentire ai cittadini di scegliere i candidati e il governo è fondamentale; tanto più ora che Berlusconi sta uscendo di scena. Quando Alfano è divenuto segretario del Pdl, gli ho telefonato. E gli ho detto che ha due possibilità: può fare il secondo di Berlusconi, e continuare lungo quella linea di totale irresponsabilità istituzionale e nazionale; oppure può essere l’uomo di una nuova destra, civile, rispettosa delle regole. Se alla fine di questa lunga transizione avremo costruito un bipolarismo di tipo europeo, questo allineamento di pianeti avrà prodotto un esito simile al significato dell’ideogramma cinese della parola crisi: opportunità» . Nuovo governo o no, tra non molto si andrà a votare. Lei si è espresso contro uno schema tipo ’ 94, con i tre poli. Nello stesso tempo difende le primarie, che rendono impossibile l’accordo con l’Udc. Come risolve la contraddizione? «Guardi, in questi due anni ho avuto la soddisfazione di vedere le idee del Lingotto, dal bipolarismo all’attacco al debito pubblico, diventare patrimonio di molti. Tra queste idee c’è anche evitare la geremiade su “con chi”, anziché “che cosa”. Prima il progetto, poi le alleanze. E un Pd che punti al 40%e sia plurale e aperto. Chi è d’accordo sul dimagrimento della politica, su una riforma del mercato del lavoro che cancelli la precarietà, su nuove politiche ambientali, si metta insieme. Oggi, se non si pone l’accento su crescita e speranza, domineranno recessione e paura. La destra ha speculato sulla paura e favorito la recessione. Il centrosinistra trovi la forza di sfidare conservatorismi e populismo, entrambi presenti nella sua cultura. Il riformismo non è un pranzo di gala; ma di questo ha bisogno l’Italia. Penso a un’altra versione di Titanic, il libro di Enzensberger, che ha una frase bellissima: “Strano come, di tutto quel che c’era prima, la maggior parte senza lasciar lacuna sia scomparsa come un sasso nell’acqua”» .

Il Corriere della Sera 17.07.11