Il silenzio del governo genera minacce di sgombero. La sinistra si fa avanti per appoggiare la causa degli occupanti. Il senatore Pd: limitare l’ingerenza dei partiti ma non chiudere alla politica per preservare l’autonomia». Lorsignori gradirebbero che la questione
fosse risolta con metodi sbrigativi. Al diavolo i dibattiti, le verifiche, i confronti e tutte le altre antiquate e farraginose pratiche in uso presso le democrazie: il Teatro Valle sia sgomberato, come si fa con le cantine e i garage. Si rimuovano i rivoltosi e si ristabilisca l’ordine. «In questo momento c’è un gap desolante con le istituzioni, che evitano accuratamente di domandarsi a cosa serva il Teatro Valle -, osserva Pierluigi Regoli, responsabile della cultura delPd diRoma-. Quantoal centrosinistra, vi annunciamo un pacchetto di proposte di respiro comunale, provinciale, regionale e nazionale». Già, perché stavolta l’opposizione sembra avere imparato la grande lezione delle recenti amministrative: presentarsi uniti, con programmi chiari che non paghino dazio all’ansia schizofrenica di piacere per forza a tutti, ed ascoltare e supportare la società civile, senza sovrastarla né opprimerla. È la strada tracciata dal senatore Vincenzo Vita: «Il nostro impegno in difesa del Valle è una battaglia che non ha bisogno di marchi, perché parte dalla base e nasce da una sinergia con gli occupanti, anche se ritengo improprio parlare di occupazione: si tratta, piuttosto, di un’iniziativa per la difesa di un bene pubblico». E il carattere pubblico è un fondamento sul quale non si è disposti a transigere: «Conosciamo bene quella peculiarità del capitalismo italiano, che fa sì che le vendite ai privati siano in realtà delle svendite. Il Valle va invece rilanciato dentro la sfera pubblica, con la funzione di centro nazionale permanente della drammaturgia. Sarebbe
auspicabile un limite all’ingerenza dei partiti, senza però scivolare nell’eccesso opposto della totale assenza della politica, perché solo l’attenzione costante delle istituzioni può salvaguardare l’autonomia e il carattere pubblico». Qui sta il cuore del problema, dato che gestione pubblica vuol dire finanziamento pubblico: «Questo nodo giuridico va sciolto entro una formula che garantisca una direzione artistica plurale, che non consista nel mettere in scena le proprie opere. Altrove è già stata sperimentata con successo la via della selezione pubblica dei curricula e dei progetti -, fa notare Giulia Rodano, consiglierem regionale -. Può essere una soluzione per non disperdere il patrimonio di competenze e di qualità che hanno reso il Valle uno dei più importanti teatri europei. Il bando proposto dal Comune e dal Ministero rovinerebbe tutto questo. Il Valle può invece diventare un centro di produzione e di sperimentazione della scena contemporanea, ma sarà necessario aumentare i fondi già stanziati. In Regione avanzeremo, in occasione del prossimo assestamento di bilancio, una proposta sulle risorse per la gestione della fase transitoria, che toccherà per un anno alComune di Roma».
QUESTIONE DI RISORSE
La questione risorse è cruciale per Giulio Pelonzi, vicepresidente della Commissione Cultura delComune: «Proveremo a stanare l’amministrazione chiedendo un consiglio comunale straordinario, davanti all’intera città. Sul Valle hanno fatto poco, stanziando 1.270.000 euro per il proseguimento della stagione. La spacciano per una concessione magnanima della Giunta, ma in realtà è il minimo, la cifra di base dovuta, scritta sul protocollo. Non hanno invece mostrato nessuna apertura verso la possibilità di un’intesa con Provincia e Regione per aumentare la cifra. Più in generale, nonhanno proprio idee sul ruolo culturale di Roma. Anzi, a volte cambiano risposta a seconda dell’interlocutore che hanno di fronte. Noi, al contrario, abbiamo una proposta interistituzionale che risponde in pieno alle esigenze dei lavoratori del teatro più antico della Capitale».
Pelonzi pone l’accento su una difficoltà di ordine pratico da non sottovalutare: «Il Comune non è proprietario del Teatro Valle. Gestirlo senza poterlo patrimonializzare in bilancio è molto difficile. Qualcuno è attratto dall’idea della fondazione,ma la mancanza di un controllo sui fondi spianerebbe la via a uncontrollo occulto dei privati.
L’ipotesi della creazione di un ente di scopo mi sembra la soluzione
migliore».
L’Unità 13.07.11