Torna, a fine regime berlusconiano, la maledizione socialista, quella speciale maniera di andare a male senza eroismi, di uscire di scena guastandosi, di farsi reciprocamente la linguaccia, di degenerare nella comicità involontaria e nel livore.Tremonti, Brunetta e Sacconi hanno le stesse origini. Scampati per miracolo alla decimazione della schiatta socialista, erano come l´ultima legione romana che, nel trionfante regno dei barbari, aveva saputo creare un´isola di sopravvivenza. Adesso invece si insultano, si disprezzano, sibilano «scemo» e «cretino» ed è facile prendersela con Brunetta che di tutti è il più caricaturale, quello che sta guastando anche gli ultimi giorni di Pompei.
Ma Tremonti e Sacconi, e con loro Cicchitto e gli altri, il napoletano Caldoro e i tanti piccoli garofani appassiti, sono pur sempre i fratelli di Brunetta, fratelli coltelli, parenti serpenti … Dentro un governo dove ciascuno rinfaccia all´altro i trucchi andati a male, la vergogna per il Lodo Mondadori, loro danno spettacolo nello spettacolo e con l´umore definitivamente irritato rubano la scena persino a Berlusconi, che è tutto dire. E realizzano appunto una maledizione, quella di Rino Formica, che li tenne tutti a battesimo.
Pensando dunque alla maledizione socialista tornate a guardare quel video girato da “Repubblica.it”, uno di quei fuorionda che nel giornalismo stanno magnificamente sostituendo i retroscena di una volta. Le risate e gli sghignazzi che stanno fuori campo solidarizzano con il campo, dove il socialista Brunetta prova a spiegare che è una manna per gli statali la manovra che invece li stanga. E il portamento dritto e rispettoso del funzionario che tuttavia inchioda Brunetta alla verità dei numeri rende più grotteschi anche l´ira e il sarcasmo di Tremonti e di Sacconi. Sicuramente sono dettagli liberi, liberati e liberanti che permettono di risalire alla totalità del campo, vale a dire a quel tavolo di governanti che diventa così una tavolata di sfigati che non si riconoscono più come fratelli.
È una sorta di «buu» contro Brunetta: le risate, i sibili, quell´insieme ridicolo notificato appunto dagli uomini di conto e di competenza, gente che ha vinto concorsi difficili e assiste alla vampe di questo socialista che di nuovo tratta l´impiegato statale come l´uomo delinquente di Lombroso promettendo un´altra mitragliata di visite fiscali.
E guardando Tremonti, Brunetta e Sacconi, vengono in mente gli aforismi di Formica, le battute brucianti, la crudezza: le «liti da comari», «il convento è povero ma i monaci sono ricchi», «i nani e le ballerine», «sangue e merda» … Dietro c´era già l´idea di una politica aspra e prosaica, la fine della follia visionaria e l´avvento degli uomini piccoli piccoli, non più interessi di classe ma interessi privati e conflitti di interessi, il socialismo ridotto a socializzazione delle perdite e privatizzazione dei benefici, insomma il potere della forza.
Per questo, di nuovo come allora, esplodono i rancori perché di nuovo l´atmosfera è di fine cena, di chiusura del banchetto, e la cosa più remota è la solidarietà. Eppure, socialista di formazione significava romanticismo ed utopia, il socialismo era il luogo del risarcimento ideale e reale, la voglia di altrove che nel comunismo si coniugava con il partito, con la disciplina e con il cinismo, ma nel socialismo aveva, prima ovviamente di degenerare, l´imprinting dell´avventura e della fantasia.
Tutto questo è definitivamente andato a male nell´idea infelicissima di mettere il socialismo al servizio di Berlusconi. È come se il capitano di una nave corsara si mettesse al servizio di un armatore. Il pirata cerca l´imprevisto, la creatività, il riscatto sociale, la libertà. L´armatore vuole il suo profitto, l´efficienza, il cartellino, l´orario, la gabbia, ha l´interesse privato come orizzonte collettivo. Non si può fare il socialista agli ordini di Berlusconi, del magliaro che non vuole pagare le multe e i risarcimenti spiegando che la sua non è illegalità ma anticomunismo, dello sporcaccione che non va a prostitute ma “protegge” le nipotine di Mubarak … E che c´entrano Bakunin e Proudhon, Nenni e Pertini, Mitterrand e Jospin (e persino Mussolini) con l´idea che imbrogliare il prossimo significa reagire alla persecuzione dei giudici?
Certo, sono uomini diversi, Tremonti, Brunetta e Sacconi. C´è chi ha forse futuro e chi invece si sente già tirare a fondo, ma vederli sgallettare in quel modo, a quel tavolo istituzionale, stringe il cuore. Tra quella che fu la gens nova berlusconiana questi infatti non sono i mascalzoni, non stanno dentro una cricca per sgraffignare. Non appartengono all´antropologia dei Verdini, dei Bertolaso, non telefonano a Bisignani, non arraffano. Eppure sono di nuovo lì a farsi linguaccia, pronti ad insultarsi fuori onda ed abbracciarsi in onda, ad incarnare il peggio del berlusconismo per bene. Nel disastro finale di un mondo e di un regime, sarebbe stata elegante una loro rovina senza troppo rumore, sarebbe stato bello se, per una volta, avessero smentito la maledizione di Formica e non si fossero di nuovo trasformati da paladini di una corte in comari di un cortile.
La Repubblica 08.07.11