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Accademie di Belle Arti in rivolta «Da decenni senza pari dignità», di Luca Del Frà

Da sette giorni gli studenti e i professori delle Accademie di Belle Arti sono in sciopero della fame per l’equiparazione del titolo di studio alla laurea universitaria. Una richiesta che va avanti da anni, mai soddisfatta. Sono sette giorni che un folto gruppo di studenti e professori delle Accademie di Belle Arti (Aba) stanno facendo lo sciopero della fame. Il motivo è l’ennesimo episodio di italico lassismo politico che lascia l’Alta Formazione Artistica e Musicale in un limbo, e mentre il mondo della cultura comincia a stringersi intorno agli scioperanti, in Parlamento pende un disegno di legge, il 1693 – primo firmatario Asciutti– che renderebbe le cose ancora più confuse e problematiche. Risale addirittura a 21 anni fa la prima proposta di equiparare le Aba alle università come nel resto d’Europa – tra i firmatari Giulio Carlo Argan–, ma è solo nel 2000 che arriva un primo passo con una legge che ricomprendeva anche le altre Accademie e i Conservatori. Confuso e poco realistico, per diventare operativo quel provvedimentorimandava a una serie di decreti attuativi, naufragati in una opaca palude burocratica, funzionale a bloccare quella riforma per la mancanza di investimenti da parte dello Stato, visti i reiterati tagli economici, soprattutto dei governi di centrodestra, al settore della scuola e dell’università.
Dopo 11 anni, stanchi di questo gioco al massacro, un gruppo di studenti e professori dell’Aba hanno iniziato uno sciopero della fame, proponendo un manifesto in cui chiedono una reale equiparazione alle università, vuoi del titolo di studio, vuoi nei percorsi formativi – con la creazione anche dei dottorati e dei ricercatori –, vuoi nell’accesso ai fondi dei Programmidi ricerca nazionali. Chiedono poi di uscire dall’Alta Formazione artistica e musicale, comparto creato dalla legge del 2000 che vede le poche Accademie schiacciate tra una moltitudine di Conservatori, settore fortemente corporativo.
Il manifesto delle Aba parla di equiparazione all’università, mentre il disegno di legge presentato dal solito onorevole Asciutti (ex An, ora
Pdl, noto per i suoi devastanti decreti in tema di spettacolo dal vivo)
parla invece di equipollenza. Vale a dire che un titolo di studio in clarinetto o in belle arti equivarrebbe in tutto e per tutto, anche
per i concorsi, a una laurea in diritto canonico e, paradossalmente, viceversa: quindi tutti clarinettisti a insegnare legge e tutti legulei nelle cattedre di clarinetto o nelle orchestre. Studenti e professori delle Aba hanno più d’un motivo di preoccupazione e per loro arriva
la solidarietà del mondo della cultura: Giovanni Albanese che ha voluto proiettare per loro il suo ultimo film Senza arte ne parte, Myriam Laplante, Gianni Piacentini, Ciriaco Campus e altri.

L’Unità 05.07.11

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