ROMA – Segretario Bersani, dopo un nuovo lunedì nero quali sono i reali pericoli per l´Italia?
«Io vedo rischi profondi e di sistema. La bufera di ieri non cesserà nelle prossime settimane. Sono segnali drammatici ed evidenti».
Il solito pessimismo dell´opposizione?
«Il primo che mi dà del catastrofista mi arrabbio. Siamo nei guai seri. È ora di accorgersene. Anzi, l´ora era arrivata già da un po´. Che il Paese sarebbe finito nel mirino della speculazione si sapeva e così è stato. Ci siamo messi nei pasticci per una politica economica che è partita da un´analisi totalmente sbagliata del momento. La situazione di eccezionale gravità è stata velata con il populismo dei cieli azzurri e delle ronde. Ma per quale motivo emerge la sfiducia dei mercati e del mondo verso di noi? Solo per il problema del debito pubblico?».
Beh, è un problema enorme.
«Siamo d´accordo. Ma non basta. Da tre anni il Pd dice che l´Italia ha anche altri punti deboli. Almeno tre. Il primo è la crescita. Nella crisi abbiamo perso 6 punti di Pil, nessun altro ha fatto peggio. E mentre gli altri quella contrazione l´hanno già superata, noi ne riguadagniamo 2 scarsi. Abbiamo un problema strutturale che va affrontato. Il secondo tema è quello della produttività. Che non si lega solo alle relazioni sociali e all´organizzazione del lavoro. Abbiamo l´esigenza di riforme più profonde. Il terzo punto è la difficoltà dei conti pubblici. Il governo ha pensato di risolverla trasformando la spesa di investimenti in spesa corrente e mangiandosi tutto l´avanzo primario che aveva lasciato l´esecutivo precedente. Sono state fatte manovre senza qualità».
La crisi economica però non l´hanno provocata né Berlusconi né Tremonti.
«La crisi non è colpa del governo, certo. Ma, perbacco, loro l´hanno aggravata e ora lasciano il Paese disarmato. Per tre anni ci hanno detto che stavamo meglio degli altri. Adesso invece scopriamo che, da Wall Street alla Fiom, tutto il mondo si fa una domanda facile facile. Come faremo a pagare un debito così alto con una crescita e una produttività tanto basse? La prova che c´è qualcosa di più profondo del nostro buco di bilancio viene dall´assalto alle banche. Sono sane, sono state prudenti con i derivati, non hanno avuto bisogno del salvagente eppure finiscono sotto attacco. Perché? Perché le imprese sono in difficoltà e le nostre banche sono legate alle imprese, soprattutto a quelle piccole. Le aziende hanno poco lavoro, nessuna liquidità e stanno andando largamente in sofferenza. Io sento in giro una vera paura sul futuro».
Qual è la soluzione?
«La Spagna almeno una mossa l´ha fatta».
Si riferisce alle elezioni anticipate?
«Esattamente. E non lo dico per un interesse di bottega ma per un´analisi obiettiva della situazione. Di fronte a una novità di questo tipo i mercati capirebbero che ci stiamo occupando di dare una svolta».
Cancelliamo l´ipotesi di un governo transitorio?
«O si va a votare subito o si trova lo spazio di una soluzione transitoria in netta discontinuità con il passato. Dopo questo lunedì, Berlusconi dovrebbe andare al Quirinale e rimettere il mandato nelle mani del presidente Napolitano».
Nel Pd ci può essere la tentazione di un esecutivo ponte per non accollarsi il carico della crisi?
«Nessuna persona dotata di buon senso può augurarsi di ereditare una situazione del genere. Detto questo, un partito esiste in quanto si mostra utile al Paese. Siamo nei guai e chi pensa di potere dare un mano non deve tirarsi indietro».
In questo senso è apprezzabile il segnale che viene dalle forze sociali?
«Lo è. Chiedono un cambiamento perché si sono rese conto che non ce la facciamo. Chiedono discontinuità».
Cioè la testa di Berlusconi.
«Se il vocabolario ha ancora un significato non so cos´altro voglia dire discontinuità. E non è solo questione di persone, ma di politiche concrete. A cominciare da un pacchetto di riforme chiare: fisco, liberalizzazioni, giustizia civile».
Il centrodestra userà contro di voi lo spauracchio della patrimoniale, lo sa?
«Sia chiaro: da questo tunnel non si esce con una tassa sola o con una riforma sola. Quando parlo di riforma fiscale sicuramente penso a un principio generale: chi ha di più deve dare di più. Seguendo due criteri: misure serie di lotta all´evasione e riequilibrio della tassazione sulle rendite da patrimonio e da finanza».
E la patrimoniale?
«Consideriamo più produttive le nostre proposte rispetto alle ipotesi di una tantum. Ma va rispettato il principio di una maggiore uguaglianza. Finora abbiamo visto manovre dove chi ha di meno paga di più. Non solo è ingiusto. È anche recessivo».
Governo transitorio vuol dire governo tecnico? Cioè: mai premier Maroni, Tremonti, Alfano o Pisanu?
«Non vedo questa distinzione tra tecnico e politico. Comunque un governo ha bisogno del sostegno convinto del Parlamento. L´iniziativa è affidata al capo dello Stato e per quello che ci riguarda deve segnare una rottura con il passato. Altrimenti qual è il messaggio al mondo? Sarebbe incomprensibile, il gattopardo non funziona quando la situazione è questa. Dunque i protagonisti che ci hanno portato fin qui li vedo fuori da un governo simile. Non abbiamo mai avuto nella nostra storia 6 punti di recessione. La paura si affronta guardando in avanti».
Se questa è l´analisi, ciò che Berlusconi dirà alla Camera conta poco.
«Le ultime due volte che ha parlato di economia non ha mai pronunciato la parola lavoro. Mi aspetto almeno una presa d´atto, sempre che domani sia ancora lì. Se c´è almeno un´analisi condivisa sono disposto a mordermi la lingua e a non fare eccessive polemiche. La mia preoccupazione è troppo grande. Ma la verità è che da tre anni non riusciamo nemmeno a discutere».
da La Repubblica