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Intervista a Dario Franceschini: «Per ricostruire questo Paese serve un’alleanza larga», di Simone Collini

Il capogruppo Pd alla Camera «È un’operazione titanica e avremo bisogno di tutti per gestire una legislatura di transizione. È pericoloso pensare di aver già vinto. Potremmo ritrovarci con Berlusconi al Quirinale»

L’esperienza di Area democratica, partita con le primarie, sta dimostrando che si può evitare la distorsione del fenomeno correntizio, che provoca soltanto danni quando le componenti sono legate a persone e diventano strumenti di lotta interni, e che si può invece accettare l’idea che un grande partito non identitario come il nostro non deve temere la vivacità di idee e contenuti».

Dario Franceschini ha appena chiuso i quattro giorni di convegno organizzati ad Amalfi da Area democratica. Il capogruppo del Pd alla Camera è soddisfatto, di questa iniziativa e del contributo dato al partito. «Con Areadem abbiamo anche dimostrato che ci può essere gestione unitaria senza rinunciare ad offrire idee al partito».

Avete offerto alle altre forze di opposizione l’ipotesi di un’ampia alleanza, ma la risposta è stata no…
«Il dibattito con Vendola ha dimostrato che se un grande partito ha la responsabilità di proporre una strategia per il futuro non si ferma di fronte a un no tattico ma prosegue nella linea che giudica utile al Paese, e lavora per superare tutte le resistenze ».

La resistenza, le ha detto Vendola, dipende dal fatto che la vostra proposta rischia di “rendere torbido” il quadro.
«Chiariamo. L’esigenza di un’alleanza tra le forze che oggi sono all’opposizione ha due ragioni. La prima, avere la certezza di vincere, perché purtroppo è probabile che nonostante tutto quello che potremo fare per cambiare la legge elettorale, la maggioranza continui a difendere il Porcellum e si vada a votare con l’attuale sistema».

I sondaggi però vi danno in testa anche se alleati alle sole Sel e Idv.
«Dobbiamo fare molta attenzione, vedo serpeggiare pericolosamente l’idea che abbiamo già vinto. Non è così, non dobbiamo già pensare al dopo. C’è il rischio che il centrodestra, con o senza Berlusconi, possa vincere le elezioni, avere una maggioranza in Parlamento di eletti con liste bloccate il cui primo atto sarà eleggere il Presidente della Repubblica. Mi pare che questo rischio da solo già giustifichi l’esigenza di un’alleanza larga tra forze che hanno storie diverse e anche idee per il futuro diverse, ma unite da un’idea di ricostruzione democratica del nostro Paese. Ed ecco la seconda ragione a cui facevo riferimento. Potremmo anche vincere con un’allenza Pd-Sel-Idv, come è probabile, ma possiamo immaginare di gestire un’operazione titanica com’è quella di far fronte a una crisi economica, a un crescente disagio sociale, alla necessità di ricostruire le regole, il rispetto per lo Stato, l’unità nazionale, senza una maggioranza che abbia un larghissimo consenso nel Paese? Avremo bisogno di industriali e operai, giovani e anziani, cittadini del nord e del sud per gestire una legislatura di transizione e riconsegnare il Paese ricostruito a una normale dialettica».

Però in base a questo ragionamento dovreste aprire anche a Pdl e Lega.
«No, perché non si può ricostruire con i responsabili di questo disastro. In tre anni non hanno fatto nulla per affrontare la crisi, che hanno occultato, e oggi hanno perso credibilità. Ora bisogna voltare pagina».

Finché avranno la maggioranza in Parlamento sarà difficile…
«A parte che hanno la maggioranza degli italiani contro, come ha dimostrato il referendum. Ma poi abbiamo visto che non hanno neanche più la maggioranza in Parlamento, che la ottengono solo quando c’è un voto di fiducia, per garantirsi la sopravvivenza. Questo dovrebbe far riflettere tutti su un punto: è opportuno fornir loro uno strumento per far vedere che hanno la maggioranza in Parlamento, anche quando non è così?».

Si riferisce alla mozione di sfiducia presentata da Di Pietro?
«Noi abbiamo un metodo diverso, prima di lanciare un’iniziativa lavoriamo con tutte le forze di opposizione. Non informare gli altri gruppi e non valutare le controindicazioni di ogni mossa è un modo di fare che non ci appartiene».

E allora voi cosa proponete?
«Intanto, insieme ad Anna Finocchiaro abbiamo scritto una lettera ai presidenti di Camera e Senato per chiedere al presidente del Consiglio di venire a riferire in Aula sulla crisi. Berlusconi deve dire in Parlamento cosa intenda fare per il suo Paese».

Non lo ha mai fatto, difficile che si decida ora alla vigilia della pausa estiva…
«Immaginare che il Parlamento chiuda come se non fossimo nel pieno di una grave crisi è terribile. Se Berlusconi si rifiuterà di venire, sarà l’ennesima dimostrazione che a lui interessa solo restare al suo posto, che questo comporta un crescente costo per l’Italia, per ogni singolo italiano, e che questo governo deve dimettersi».

Dopodiché?
«Potrebbe esserci un governo guidato da una personalità di grande credibilità internazionale che cambi la legge elettorale, affronti le emergenze economiche e porti subito al voto».

Fini tra le possibilità mette anche un governo di centrodestra a diversa guida.
«Sarebbe comunque meglio di come stiamo ora, se a guidare questo governo ci fosse una persona che non sia screditata e incapace di operare come è Berlusconi».

Fini dice che il Terzo polo a quel punto non farebbe mancare il proprio contributo. E il Pd?
«Il Pd starebbe ovviamente all’opposizione. Ma potrebbe diventare più facile avere in Parlamento un rapporto di opposizione costruttiva».

Ha ragione Berlusconi a dire che con lui sapete dire solo no?
«È Berlusconi che rende impossibile il confronto, sono i suoi atti. Basti pensare che nel pieno del disastro economico, con le parti sociali che per la prima volta firmano un appello congiunto per chiedere discontinuità e misure per la crescita, con il capo dello Stato che rinvia le vacanze per seguire da vicino la situazione, Berlusconi si è preoccupato soltanto di mettere la fiducia sul processo lungo. È una vergogna»

Bersani e Casini hanno annunciato un incontro con le parti sociali. E’ una sfida al governo?
«Il governo non c’è più, di Berlusconi si sono perse le tracce. È quindi assolutamente giusto che l’opposizione, responsabilmente, si faccia carico di portare in Parlamento le istanze delle parti sociali per una volta unite.»

Teme che le inchieste che coinvolgono personalità del Pd peseranno sulla credibilità dell’opposizione?
«È in corso un tentativo mediatico, alimentato dalla destra ma non solo, di far apparire i politici come tutti uguali, ma basta guardare ai nostri comportamenti per capire la differenza. Il Pd ha votato a favore dell’arresto di Tedesco, Penati si è dimesso, Bersani ha detto parole chiarissime sul ruolo della magistratura. Dall’altra parte hanno votato contro l’arresto di Papa e hanno votato il processo lungo, l’ennesima norma pensata per impedire i processi».

Basta questo per mettere al sicuro il Pd?
«Noi abbiamo il dovere, al di là di queste vicende, di introdurre nuove norme di trasparenza. Però rifiuto l’idea insopportabile che saremmo tutti uguali. È un’offesa a migliaia di persone che lavorano nel Pd, anche come volontari. E poi quando si fa di ogni erba un fascio si apre la porta al populismo. E il populismo chiama sempre risposte di destra, mai progressiste».

da L’Unità