La protesta del segretario di Md, Morosini: “Sarà un colpo mortale alla giustizia italiana”. La norma concepita per salvare il premier avrà conseguenze su una moltitudine di altri processi. Per un Berlusconi libero dai processi, che di dibattimenti in primo grado, perché solo a quelli si applica la nuova legge, ne vadano pure in malore a migliaia. Nomi? I più famosi, in questo momento, nelle aule giudiziarie italiane. Eccoli. A Milano la famosa scalata Unipol alla Bnl. Quella dei furbetti del quartierino. Ma pure i meno noti, ma assai gravi crac Burani e Cit. Clamoroso a Torino: potrebbero tornare i 9.841 testimoni chiesti dai difensori per i morti dei veleni della Eternit. I giudici ne hanno concessi due a persona, ma adesso tutto potrebbe riaprirsi. A Viareggio. Ancora di scena il dibattimento per la strage del treno deragliato in stazione. Stimano i pm che i 38 indagati delle Ferrovie potrebbero pretendere di sentire decine di testimoni a testa. E a Roma? Potrebbe andare in crisi il processo Cucchi, il detenuto morto per le percosse ricevute, perché gli avvocati sarebbero legittimati a presentare una lista testi in cui figurano tutti coloro che si trovavano nel penitenziario e in questura e in ospedale in quei drammatici momenti. A Palermo sarebbe la fine dei processi di mafia. Un esempio? Franco Mineo, deputato regionale del transfuga Pdl Micciché, indagato per essere un prestanome dei boss dell’Acquasanta, potrebbe far chiedere dai suoi avvocati una sfilza di testi che comprende l’intero quartiere dove ha vissuto. E a Bari rischierebbero l’impasse inchieste ormai in aula o prossime ad esserlo come quelle sul ministro Raffaele Fitto e sul re della sanità pugliese Giampaolo Tarantini. Idem a Bologna per la bancarotta fraudolenta della società Victoria 2000 che controllava la squadra di calcio o per le morti all’ospedale Sant’Orsola.
Potrebbero essere davvero “devastanti”, come da due giorni vanno dicendo disperati i vertici dell’Anm Luca Palamara e Giuseppe Cascini, gli effetti concreti della legge sul “processo lungo”. Com’è sempre avvenuto nelle leggi cucite addosso a Berlusconi, ritagliate dai suoi casi giudiziari, praticamente scritte sopra con l’antica carta carbone, i guai cominciano quando si applica la norma a tutto il resto. A tutti gli altri processi in corso in Italia. È accaduto, appena qualche mese fa, con la prescrizione breve per gli incensurati. Si calcolò che potevano finire al macero 15mila dibattimenti. Adesso il drammatico calcolo ricomincia. Ma stavolta, di primo acchito, con gli uffici che sono già o stanno per andare in ferie, l’impressione è che l’impatto, proprio per la natura della norma, potrebbe essere ben più invasivo e devastante.
In queste ore, si stanno facendo le prime valutazioni. Ci ragionano l’Anm, ma anche il Csm. Pronti, a settembre, a dare battaglia con i dati alla mano. L’opposizione già scopre la sua strategia. La dichiara Donatella Ferranti, la capogruppo del Pd in commissione Giustizia alla Camera, che del Csm è stata segretaria generale: “Non è una stima facile, intendiamoci. Ma è del tutto imprescindibile. Ci comincerò a lavorare subito, da lunedì. Ed è chiaro che questo costituirà la base della nostra opposizione. Vogliamo sapere nel dettaglio quanti processi cadranno pur di salvare Berlusconi”. “Impatto”, magica parola, da cui in questa legislatura si sono tenuti sempre lontano gli strateghi giudiziari del premier. E il governo con l’ex Guardasigilli Alfano. Fanno le leggi, ma non danno i numeri. Perché sanno che sono catastrofi.
Di Berlusconi e dei suoi processi s’è detto. “Morte” certa per Mills, “morituro” Mediaset, in zona salvezza Mediatrade, senza rischi Rubuy. Questa previsione la ammette pure Niccolò Ghedini, l’avvocato del Cavaliere, che parla del “processo lungo” come di “una norma di civiltà giuridica” e di “semplice traduzione dell’articolo 111 della Costituzione”. Abbiamo visto che effetti produce in giro per l’Italia questa norma. Un primo sondaggio attraverso gli uffici rivela una prossima e sicura catastrofe. Un “colpo mortale per la giustizia italiana”, come dice il segretario di Md Piergiorgio Morosini. Quello per cui un omicidio come quello del tifoso laziale Gabriele Sandri sull’autostrada giustificherebbe la convocazione di centinaia di automobilisti in veste di testimoni.
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“A cosa serve il processo lungo”, di Fabio Chiusi
Il Senato ha approvato la norma che consente alla difesa di portare in aula un numero illimitato di testimoni. Obiettivo: far scattare la prescrizione per B. Ma gli effetti andranno molto oltre. Dieci domande e dieci risposte per capire l’ultimo fronte del Cavaliere
(29 luglio 2011)
Con 160 voti a favore, 139 voti contrari e nessun astenuto, il Senato ha approvato venerdì mattina la fiducia posta dal governo sul cosiddetto “processo lungo”. Dopo l’estate il provvedimento passerà all’esame della Camera. Di che cosa si tratta? Ecco dieci domande e dieci risposte per capire che cosa c’è in gioco.
Come e quando è nato il ‘processo lungo’?
Il testo del ‘processo lungo’ è stato concepito come emendamento al disegno di legge 2567 della senatrice della Lega Nord Carolina Lussana sulla ‘Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo’. L’emendamento è stato presentato dal capogruppo del Pdl in commissione Giustizia del Senato, Franco Mugnai, ad aprile 2011. Paradossalmente, proprio mentre la Camera discuteva l’approvazione del ‘processo breve’.
Che cos’è il ‘processo lungo’?
E’ una norma che modifica alcuni articoli del codice di procedura penale (190, 238-bis, 438, 442 e 495) per consentire alla difesa di portare in aula un numero illimitato di testimoni oltre all’«acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore».
Il giudice non può opporsi?
No, pena la nullità del processo. Il giudice può non ammettere solamente le prove ritenute «manifestamente non pertinenti» e quelle vietate dalla legge.
C’è dell’altro?
Sì, l’emendamento prevede anche che non si possa considerare più come prova definitiva in un processo la sentenza passata in giudicato di un altro procedimento.
Perché ‘lungo’?
Lo spiega il procuratore Gian Carlo Caselli con una immagine molto efficace: «E’ come se un imputato per un reato avvenuto allo stadio chiamasse a testimoniare tutti gli spettatori presenti». Secondo l’Associazione nazionale magistrati, ciò sarebbe possibile perché con la norma sul processo ‘lungo’ «verrebbe eliminata la possibilità per il giudice di escludere l’ammissione di prove manifestamente superflue o irrilevanti». Così «il difensore dell’imputato potrebbe chiedere e ottenere l’ammissione di un numero indefinito di testimoni sulla medesima circostanza, purché non manifestamente ‘non pertinente’».
A quali processi si applica?
A tutti i processi in corso, tranne quelli di cui «sia stata già dichiarata la chiusura del dibattimento di primo grado».
Perché allungare i processi? Il problema non era, al contrario, accorciarli?
Ci sono due risposte a questa domanda. Quella dell’opposizione è che la norma non si curi affatto della salute del sistema giudiziario nel suo complesso, per cui sarebbe dannosa, ma di quella di una persona sola: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. In particolare, il ‘processo lungo’ sarebbe l’ennesimo trucco ad personam per salvare Berlusconi dai processi in cui è imputato. In particolare, quello per la corruzione dell’avvocato David Mills e il processo Ruby, in cui è accusato di prostituzione minorile e concussione. Allungando i tempi del processo, si arriverebbe più facilmente alla prescrizione. A favore di questa posizione, l’opposizione porta altri due argomenti: la straordinaria coincidenza per cui la norma si applichi ai processi che non si siano già conclusi in primo grado, come quelli del Cavaliere; l’accelerazione imposta al provvedimento tramite la decisione di imporre il voto di fiducia al Senato il 29 luglio, in un momento in cui il Paese avrebbe altre priorità.
E la seconda risposta, quella della maggioranza?
La maggioranza replica che, al contrario, la norma sia «una diretta conseguenza del principi che regolano il nostro processo penale». Come argomenta il capogruppo del Pdl in commissione Giustizia alla Camera, Enrico Costa, «se il giudice, terzo e imparziale, all’inizio del dibattimento non conosce gli atti processuali, come può effettuare un corretto giudizio in ordine alla sua superfluità e rilevanza, o sovrabbondanza delle prove richieste dalle parti?». Nel dubbio meglio ammetterle tutte, è la logica del provvedimento. Quanto alla presunta innaturale accelerazione, secondo Maurizio Gasparri l’iter della legge al contrario sarebbe stato «corretto e trasparente, senza alcun sotterfugio». Semmai, dice il Pdl, la decisione di porvi la fiducia è stata dettata dalla necessità di porre fine all’ostruzionismo dell’opposizione.
Come è stata accolta questa decisione?
Molto male dall’Anm, il sindacato dei magistrati, che ha parlato di modifiche che «avranno effetti devastanti sul funzionamento dei processi penali, determinando di fatto la paralisi di tutti i dibattimenti attualmente pendenti». Altrettanto male dalle opposizioni, per una volta all’unanimità. Il vicepresidente della commissione Antimafia e deputato di Fli, Fabio Granata, le ha definite norme «vergognose» che «rappresentano un altro tassello di ‘dialogo’ con cricche e organizzazioni criminali». Infatti, oltre a portare a prescrizione i processi di Berlusconi, ila norma in questione renderebbe molto più difficile far arrivare a sentenza migliaia di altri processi. Per il leader Udc Pier Ferdinando Casini la questione di fiducia sul ‘processo lungo’ «è il segno che il governo Berlusconi è paurosamente distaccato dai problemi del Paese». Per Antonio Di Pietro si tratta di norme che «impediranno alla giustizia italiana di funzionare». Nel Pd, Pierluigi Zanda ha parlato apertamente di «regime».
E la Lega?
Umberto Bossi è stato sibillino: «Io ho sempre pensato che meno fiducie si mettono meglio è». Di certo il ‘processo lungo’ non figurava tra le priorità dettate al governo a Pontida, per esempio. Chissà.
l’Espresso 29.07.11