Il teatro berlusconiano ha movimenti e statue da presepio meccanico. Luglio 2010: Sua Maestà pretendeva che il Senato votasse subito un ddl sulle intercettazioni, emendato dalla Camera; sapendosi seduto sul camino d´un vulcano, temeva l´eruzione; quanta roba bolliva là sotto, dalle serate d´Arcore alla P4. Non c´era più tempo: l´estate porta la scissione nel Pdl; da lì un travaglio chiuso sul filo del rasoio, con l´acquisto d´anime transumanti e sopravvivenza artificiale d´un governo catalettico. Adesso comanda lavori legislativi in settantadue ore, prima che Palazzo Madama chiuda. Nel frattempo pioveva sul bagnato. Annus horribilis: gli votano contro Torino, Milano, Napoli, mentre l´anno scorso aveva nella manica l´asso plebiscitario o almeno credeva d´essere agonista irresistibile; quattro referendum affondano altrettante leggi sue; invocava l´arrocco nel voto sull´arresto d´un parlamentare Pdl (posizione strategica, essendo in ballo la P4) e soccombe ancora, tradito dalla Lega. Non è più lui nella fantasia collettiva e, stando ai casi analoghi, i carismi svaniti non tornano. Questa diversione parlamentare sa d´estremo esorcismo. Vediamola.
Delle due novità una non è tale. Secondo l´art. 238-bis (interpolato dalla l. 7 agosto 1992 n. 356), le sentenze «irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova» dei fatti ivi accertati. Allora notavo come in sé non provino niente: l´eventuale apporto istruttorio viene dal materiale raccolto, comunque l´abbiano usato, bene o male, e sta nei relativi verbali; analisi del discorso testimoniale o argomenti induttivi, presi dalla motivazione, valgono nella misura della qualità logica, poco o tanto; e vengono utili anche detective stories intelligenti, come ne scriveva Edgar Allan Poe (Procedura penale, 8ava ed., 2006, 805 sg.). Insomma, ogni giudice deve risolversi l´equazione storica. Se vogliamo attribuire un senso all´art. 238-bis, intendiamolo così: non è richiesta la copia autentica dei singoli verbali, risultando dalla sentenza il contenuto degli stessi; l´interessato può confutarla esibendoli; resta fermo il diritto d´escutere il testimone ogniqualvolta la parte fosse estranea a quel giudizio. Su tale punto, dunque, l´ennesima manomissione pro Domino Berluscone lascia le cose quali erano.
L´altro fendente confisca un potere senza il quale i dibattimenti diventano teatro dell´assurdo in mano al guastatore. In limine i contraddittori espongono le rispettive prove: spetta al giudice ammetterle, se compatibili col sistema (non lo sono, ad esempio, iudicia feretri, sedute spiritiche, narcoanalisi, lie detector); e devono essere rilevanti, ossia tali che i relativi fatti influiscano sulla decisione. Questo secondo vaglio cadrebbe, stando ai segnali dal laboratorio, con l´intuibile elefantiasi del procedimento. Nell´arte avvocatesca d´Arcore il capolavoro è gonfiarlo, stando sur place, finché la materia penale svanisca, estinta dal tempo: udienze interminabili e manovra a tenaglia; la seconda ganascia scatta appena il tempo perso superi dati termini; il tutto sparisce dal mondo, come mai avvenuto. Sviluppano un freddo farnetichio i processi «lungo» e «breve», correlati nel piano criminofilo, roba negromantica. Nel vizioso codice vigente esiste ancora qualche limite al perditempo: il presidente taglia le liste «manifestamente sovrabbondanti» (art. 468, c. 2); sull´ammissione decide un´ordinanza, escludendo ogni prova «superflua» (art. 495, c. 4). Nel rito futuribile diventa padrona la parte: sfilano quanti testimoni l´interessato ritiene conveniente indicare; B. voleva escuterne 1500, il cui esame, laboriosamente condotto, riempirebbe vari anni. Passatempo costoso, esperibile da chi abbia tanti soldi. Ad esempio, N prospetta un´ipotesi difensiva nel cui contesto assume qualche vago rilievo la condizione climatica, e porta in aula tutti i meteorologi reperibili nei due emisferi, o chiama duemila testimoni sul seguente tema: conoscono bene l´imputato, omicida flagrante; raccontando quel che sanno sul conto suo forniranno dati alla diagnosi della personalità, importante nel quantificare la pena. Sono innumerevoli le possibili diavolerie.
Più delle precedenti, questa ventesima lex ad personam, utile nei casi Mills e Ruby, presenta l´immagine d´un paese sfigurato: decade a vista d´occhio; non ha futuro; e l´uomo che da 17 anni v´imperversa (ma l´azione tossica ne conta almeno trenta), ordina alla troupe d´allestirgli una sporca via d´uscita dai giudizi penali, noncurante della figura. Da come gli ubbidiscono, vediamo a che punto sia l´insensibilità morale. I reggicoda definiscono «sacrosanto» il diritto d´allungare i tempi d´una macchina al collasso. Non stupisce che il Pdl gli corra dietro: perdurando le rendite, lo seguiranno alla porta dell´inferno, con un salto laterale in extremis perché da queste parti la tragedia ha poco sèguito, né valgono fedeltà assolute; ogni domestico misura il padrone a occhiate fredde. Non se le sente addosso? Aspettiamo le scelte leghiste: andargli dietro sarebbe perdita secca, qualunque corrispettivo offra; era gesto astuto votare l´arresto del parlamentare Pdl mercoledì 20 luglio; ricadendo nell´abito servile, mascherato da insofferenze inconcludenti, il Carroccio perderebbe ogni credito. Corre un tempo climaterico. L´ultima mossa conferma quel che sapevamo: l´Olonese non ha freni, né morale né estetico, e nemmeno l´elementare prudenza con cui agivano famosi scorridori. A proposito, viene in mente un caso tedesco 1938: Werner von Fritsch, comandante dell´esercito, deve dimettersi sotto false accuse fabbricate dalla Gestapo; poche settimane dopo risulta innocente ma cosa fatta capo ha; ormai, scrive in una lettera, il popolo tedesco è inseparabile da Hitler, finiranno nell´abisso. Speriamo superfluo lo scongiuro: gl´italiani sanno sopravvivere e Re Lanterna non è «der Führer», sebbene così lo chiamasse sei anni fa un´operosa emissaria Mediaset nella Rai, né sa cosa significhi Götterdämmerung; auguriamogli lunghi ozi in uno dei suoi paradisi, dove non mancheranno le odalische.
La Repubblica 29.07.11
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“Fiducia sulla legge salva-premier”, di Liana Milella
Per bloccare le 11 questioni pregiudiziali al cosiddetto “processo lungo” presentate ieri da Pd e Idv, il governo Berlusconi ha posto la fiducia sul ddl che sarà votato stamattina alle 10 al Senato. L´Anm parla di «effetti devastanti» sulla giustizia. Il Pd: «Siamo al regime».
Processo lungo, il governo forza i tempi. Oggi la fiducia. L´opposizione accusa: nuova legge-vergogna per Berlusconi. Finocchiaro: il neo ministro Palma venga in Senato a spiegarci questa mossa
«Devastante» dice l´Anm. «Processo lungo significa non arrivare mai a sentenza». Parola di Luca Palamara, il presidente. Ma il “processo lungo” oggi passa, con tanto di voto di fiducia, la 48 della serie, al Senato. Perché, denuncia con forza il centrosinistra, «è l´ennesima legge per bloccare i processi del premier». Pd e Idv studiano come manifestare in aula il proprio dissenso. Uscire al momento del voto, portare cartelli, occupare l´emiciclo. «È una vergogna» dicono Finocchiaro, Zanda, Casson in una riunione dei vertici Pd. «Mossa banditesca» sentenzia il dipietrista Belisario. Ma il governo approva la fiducia in consiglio dei ministri. Tocca ad Elio Vito farsene portavoce a palazzo Madama. Seguito da una “ola” di protesta.
Un blitz. Assente il neo Guardasigilli Nitto Palma, che giura al Quinale e si chiude in via Arenula per un incontro con l´omologo messicano e per incontrare la squadra che eredita da Alfano. Sul “processo lungo” né parole, né presenza in aula. Evita, nonostante scalpitino i giornalisti messicani, un incontro stampa che si risolverebbe in domande sulla nuova creatura ad personam. Lo criticano la Pd Anna Finocchiaro («Venga qui e spieghi una noma giustificata solo dalla necessità di salvare il premier») e Antonio Di Pietro («Se il buongiorno si vede dal mattino siamo messi male»). Battesimo di fuoco oggi. Si vedrà come concilia le dichiarazioni d´esordio, «lavorerò per riforme condivise», col primo voto di fiducia sul “processo lungo”.
Barricate a sinistra. «Vergogna. Un´altra fiducia per un´altra norma ad personam» tuona Rosy Bindi. Passo «da irresponsabili» per Finocchiaro. «Mossa da regine» per Luigi Zanda. L´Anm spiega perché è contro. «Queste norme – scrivono Palamara e il segretario Giuseppe Cascini – avranno effetti devastanti e determineranno la paralisi di tutti i dibattimenti oggi pendenti».
Sì, è questa la contraddizione. Tra quello che ragione e raziocinio consigliano di fare e ciò che viene fatto perché serve al premier. Per caso, complice un convegno sul carcere contemporaneo e a pochi metri dall´aula, il contrasto esplode nelle parole del presidente del Senato Renato Schifani. Dice che il processo penale è troppo lungo e «occorre individuare correttivi che lo rendano più spedito». Da palazzo Giustiziani si trasferisce di fronte e lì prende atto della fiducia su una norma che allungherà spaventosamente i tempi del dibattimento. Con tre mosse. La prima. Cambia l´articolo 190 del codice di procedura sul «diritto alla prova». Oggi il giudice può escludere quelle «superflue e irrilevanti», domani dovrà respingere solo le «manifestamente non pertinenti». Idem per i testi. Seconda mossa. La regola entra in vigore subito per i processi in primo grado. Compressi quelli di Silvio. Terza mossa. Muta l´articolo 238bis: le sentenze definitive non si possono più usare nei nuovi processi. La Lega spunta un compromesso e ingoia la fiducia. Anche se Bossi dice «adesso basta». La norma non varrà per i reati gravi, come mafia e terrorismo. Almeno una parte del principio introdotto da Falcone è salvo.
Tre mosse «devastanti». Che il pidiellino Enrico Costa difende perché contro vengono dette «gigantesche falsità e considerazioni demagogiche». Al Senato minimizzano Quagliariello e Gasparri. Ma gli esempi negativi dell´opposizione piovono copiosi. Cosa rispondere a Pancho Pardi (Idv) che denuncia un futuro «processo di classe» in cui saranno i ricchi e potenti avvocati alla Ghedini a dettare legge? E ancora. Non ci sono argomenti contro chi, come l´Anm, sostiene la possibilità di citare come testi migliaia di cittadini qualora l´imputato voglia avere la prova che non era in quella città, a quell´ora, quando il delitto fu commesso. O se, accusato di uxoricidio, vuole portare in aula una schiera di parenti e amici. Irridono il governo i senatori-magistrati. Felice Casson, Silvia Della Monica, Alberto Maritati, Gerardo D´Ambrosio, Gianrico Carofiglio. E ancora l´avvocato dell´Idv Luigi Li Gotti. Fanno esempi. Casson sventaglia l´elenco delle escort di Milano, e sono centinaia, che Berlusconi potrebbe pretendere per Ruby. Gli altri citano un delitto alla stadio, uno in un caseggiato affollato. Non c´è niente da fare. La finiana Giulia Bongiorno considera il “processo lungo” un ddl «inaccettabile. Dario Franceschini «una vergogna soprattutto con la crisi che aggredisce il Paese». Andrea Orlando: «Cambia il ministro, non cambia la musica».
La Repubblica 29.07.11
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Salvagente per le cause del Cavaliere a rischio Mills, Mediaset e Mediatrade
Per il processo Mills si potrebbe già suonare la marcia funebre. Per quello Mediaset, significherebbe probabilmente dilatare talmente i tempi da non essere certi di raggiungere nemmeno il verdetto di primo grado. Per i presunti fondi neri Mediatrade, le possibilità di evitare la prescrizione del 2014 potrebbe invece essere meno evidente. Nessuna conseguenza apparente, infine, per il Rubygate. Ecco come il ciclone «processo lungo», approdato ieri al Senato, potrebbe abbattersi sui quattro processi milanesi in cui è imputato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Per il caso Mills, in cui il premier è accusato di corruzione giudiziaria, la speranza di arrivare alla sentenza di primo grado, è bene dirlo, già adesso appare davvero ardua. A gennaio scadono i tempi della prescrizione. Allo stato mancano otto testimoni della difesa, prima di dare la parola al pm Fabio De Pasquale per la sua requisitoria e la richiesta di pena. Alla ripresa del processo dopo la pausa estiva, il 19 settembre, se il processo lungo fosse legge, gli avvocati-onorevoli del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, potranno chiedere alla Corte di riaprire la loro lista dei testimoni. Prima della riforma, ne avevano chiesti 82 (15 quelli ammessi dai giudici). In un processo normale, in meno di dieci udienze, con la riforma, potrebbero essere ascoltati tutti. Ma gli impegni istituzionali consentono all´imputato di presenziare solo il lunedì a tutti e quattro i dibattimenti. La prescrizione sarebbe, in pratica, cosa certa.
Simile il percorso che sarebbe costretto a subire il caso Mediaset, in cui il premier è accusato insieme a un gruppo di suoi manager di frode fiscale. L´asticella della prescrizione, in questo caso, si alza al 2014, ma se il pool difensivo si avvarrà della nuova riforma un´altra quarantina di testimoni sarebbe costretta a fare capolino in tribunale. Il problema è che molti dovrebbero arrivare da paesi come il Giappone, gli Stati Uniti, o da quelle nazioni storicamente sede di società offshore del Centro America. E l´ingolfamento sarebbe inevitabile.
Per Mediatrade, ancora in fase di udienza preliminare, il discorso è a parte. La prescrizione, come per Mediaset, arriverà nel 2014. In caso di rinvio a giudizio, bisognerà vedere quale lista testi presenterà in un ipotetico dibattimento, la difesa Berlusconi.
Con la riforma del processo lungo, infine, non ci dovrebbero essere effetti immediati sul cosiddetto Rubygate, in cui il presidente del Consiglio è imputato di prostituzione minorile e concussione. La prescrizione arriverà solo nel 2025. Ghedini e Longo, in questo caso, hanno già chiesto al collegio di convocare come testimoni 78 persone, tra cui molti ministri in carica. Un numero elevato, ma che oltre a dilatare di alcune settimane il processo di primo grado, di sicuro non impedirà al collegio presieduto da Giulia Turri di arrivare comunque alla sentenza di primo grado.
(e.ran.)
La Repubblica 29.07.11