Chissà se anche ora i figli di Berlusconi «farebbero il loro dovere», se glielo chiedessero. Era il marzo del 2008 quando un Cavaliere in piena campagna elettorale tuonava contro l’offerta dei francesi di Air France ad Alitalia e assicurava la disponibilità di Marina & Co. a scendere in campo perché un «Paese non può svendere la sua compagnia di bandiera».
Chissà se quell’offerta sarebbe valida anche oggi che la maggior parte dei soci della cordata è pronta a mollare nonostante il vincolo a non vendere la propria quota prima del gennaio 2013.
Oggi che Air France di fatto è pronta a rilevare per pochi spiccioli una compagnia che agli italiani è costata 4,5 miliardi di euro. Che Alitalia continua a perdere un milione di euro al giorno, come ai tempi di Cimoli, nonostante i dipendenti siano molti di meno.
Oggi che l’amministratore delegato Rocco Sabelli è dato in uscita già da qualche mese a causa di insanabili dissidi con alcuni azionisti. Che il commissario straordinario della vecchia Alitalia Augusto Fantozzi si è dimesso in polemica con il governo.
Oggi che la compagnia di bandiera, nonostante la professionalità di chi vi lavora e l’esiguità dei mezzi con cui opera, ha perso il primato in Italia. In vista del falò (definitivo?) della Fenice, è infatti Ryanair a festeggiare il sorpasso avvenuto su Alitalia. Il vettore low cost irlandese, che vanta 364 rotte nel Belpaese oltre a 10 basi e 22 aeroporti, diventa con 25 milioni di passeggeri trasportati la prima compagnia per traffico operante in Italia.
Una crescita, quella di Ryanair, in Italia perseguita con investimenti nella flotta (8 miliardi), sulle rotte (da novembre il network italiano conterà su 7 nuove tratte), sui passeggeri. Non è da oggi che la nuova Alitalia, che pure lo scorso anno ha più che dimezzato le perdite a 107 milioni di euro, perde quote di mercato nazionale nei confronti di compagnie low cost (Ryanair e Easyjet) riuscendo invece a fare meglio del previsto nei voli internazionali e intercontinentali al punto da ricevere il premio “Euro Annies 2011”.
Il tramonto del berlusconismo rischia di travolgere la confusa e concitata battaglia in nome dell’italianità che questo governo e il ministro dell’economia, seppure a corrente alternata, hanno ingaggiato con un incrociare di spade soprattutto con i cugini d’oltralpe. A cominciare da Edison il cui riassetto consentirà ai francesi di Edf di assumere un ruolo tutt’altro che secondario con il beneplacito del tesoro.
Senza dimenticare Parmalat e il fondo pubblico per investire direttamente nel capitale delle imprese. E così mentre per far fronte a un debito pubblico sempre più imponente il governo dovrà fare i conti nel prossimo futuro con un piano di privatizzazioni in un paese ridotto allo stremo, sembra riecheggiare quell’ironico Merci Silvio che qualche anno fa campeggiava sulla stampa francese per aver reso Alitalia una preda priva di debiti.
da Europa Quotidiano 27.07.11