Un’ora di visita per la Deputata Manuela Ghizzoni (Pd) e Cècile Kyenge (1 marzo) al Cie nell’ambito della protesta “LasciateCIEntrare” promossa in opposizione alla circolare di Maroni che ne vietava l’accesso e alla Direttiva rimpatri che prolunga la permanenza fino a 18 mesi degli immigrati non identificati nei Cie. Alcuni dati del Cie. 58 presenze: tunisini, maschi. Il Questore Pinto: «si può temere la formazione di uno zoccolo duro perché la presenza è monocolore. Recepiamo la direttiva ma ne possiamo rimpatriare 5 in tutto il nord e 3 da qui: è convenienza di tutti diminuire i tempi di trattenimento». Fra maggio e giugno 99 trattenuti: 49 tunisini, 29 marocchini, altri da Albania, Algeria, Bangladesh, Ecuador, Ghana, India, Macedonia, Mali, Moldavia, Nigeria, Pakistan, Perù, Ucraina. In media fra i 26-30 anni. 24 provenivano dal carcere, 75 da irregolarità della Bossi Fini. Un tentativo di suicidio . Cie: una struttura carceraria divisa in sei blocchi con diversi ambienti interni comuni, totalmente spogli, dove anche i programmi televisivi, per ragioni di sicurezza, possono essere seguiti solo dietro ad un vetro protettivo. Per lo più si aspetta che il tempo passi, fissando il vuoto. Anche durante la notte: la metà dei reclusi, infatti, richiede sonniferi per riuscire a dormire. Non vi sono attività ricreative e i corsi d’italiano recentemente organizzati dagli operatori sono stati rifiutati perché la maggioranza parla perfettamente la nostra lingua. La prima cosa che vedono al loro ingresso, aprendo la porta sulla sala adibita a colloqui psicologici e legali, è l’accettazione dove gli operatori della Misericordia li dotano d’indumenti, richiedono loro le generalità, avviano la visita medica e il colloquio psicologico che può essere attivato in modo costante su richiesta: non esiste uno specifico protocollo in materia né la determinazione di un profilo psicologico dei soggetti perché i tempi di permanenza sono in media di un mese. Dopo i due episodi di suicidio del 2007 la presenza degli psicologi è garantita 3 volte la settimana, affiancati dai mediatori. Sono infatti 140 gli operatori della Misericordia, 5 per turno su1400 ore settimanali. 60 fra polizia, carabinieri ed esercito che ruotano su più turni. Ad ogni ospite irregolare viene aperto un conto di 2,50 euro giornalieri ed accumulabili per acquistare tessere telefoniche o sigarette: a scelta. Attualmente nelle camerate da due a quattro letti, affiancate da servizi igienici di cui i residenti lamentano la rottura della tubazione dell’acqua e la mancanza di porte, risiedono 58 persone, in prevalenza tunisini, per una capienza stimata a 60. Una decina circa si proclamano libici. Il più anziano in quanto a permanenza è un marocchino arrivato a fine marzo: il suo caso pare problematico per la mancanza di rilascio dell’identificazione dal paese d’origine. Sono solo uomini perché da più di un anno le donne vengono alloggiate al Cie bolognese: stessa gestione. Sui muri diverse scritte in arabo o francese lamentano il trattenimento e la noia che li accompagna nelle loro giornate. All’esterno l’unico spazio d’aria e cielo è delimitato da grate in ferro alte 4 mt che chiudono il perimetro dei quattro cortili ad uso dei detenuti. C’è Bouthouri, tunisino, da 18 anni in Italia con moglie e figli e un percorso dentro e fuori dai Cie negli ultimi 3 anni. Rientrato da 12 giorni dice «aspetto il lasciapassare che questa settimana mi mandino via: sono stanco voglio tornare al mio paese. Lui invece sta male – traduce Bouthouri per l’amico- è caduto sulla colonna vertebrale nello sbarco da Lampedusa, ma non gli fanno le radiografie». Soihail, invece, che ha vissuto anche un’esperienza in carcere per 20 giorni dice «Lavoravo in nero a Trapani 6 mesi fa, poi mi hanno preso e sono scappato e ora mi hanno riportato nel Cie – dice- ma voglio restare in Italia perchè non riesco ad andare in Francia dove ho i parenti». E ancora Satori marocchino, da 24 anni in Italia con famiglia, dentro, afferma «per 0.03 grammi di hashis» per cui segue un programma al Sert. Poi Adil, arrivato nel 2006 dal Marocco in modo regolare con lavoro a tempo indeterminato «l’ho perso perché dopo un incidente mi hanno fatto firmare un licenziamento e non ho trovato un nuovo lavoro entro 6 mesi, ma vivo a Vignola e ho carta d’identità valida» «Per i casi d’irregolarità amministrative o di prima immigrazione serve solo una partnership più efficace con i paesi d’origine che accelleri le risposte, per chi ha compiuto reati gravi identificarli in carcere – ha detto Manuela Ghizzoni all’uscita – è un’occasione per riflettere sul futuro di queste strutture avviando politiche più efficaci sui flussi migratori coordinate a livello europeo e internazionale». Per Cècile Kyenge, primo marzo «è un carcere di massima sicurezza con persone trattenute per una detenzione amministrativa: una vergogna dal punto di vista sociale e una sconfitta dal punto di vista umanitario».
La Gazzetta di Modena 26.07.11
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«Bravi gli operatori, ma l’impatto è da carcere di massima sicurezza», di Gabriele Casagrande
Ieri la manifestazione davanti al Centro adiacente al S.Anna organizzata da Fnsi e Ordine dei giornalisti. Visita all’interno di Manuela Ghizzoni (Pd). Giornalisti, sindacati, associazioni
e politici davanti al Centro di Identificazione ed Espulsione
di Strada Sant’Anna con una sola richiesta: “LasciateCIEentrare!”. Anche a Modena, nella mattinata di ieri, ha partecipato alla manifestazione nazionale promossa dalla Federazione Nazionale della Stampae Ordine dei Giornalisti per chiedere trasparenza e, soprattutto, consentire ai professionisti dell’informazione di entrare in queste strutture e raccontare cosa vivono le persone qui ospitate.
Svoltosi in un clima di cordiale collaborazione, all’incontro davanti
ai cancelli di Strada Sant’Anna hanno partecipato anche il Vicedirettore del Cie Silvano Bertacchi, il dirigente per l’immigrazione Michele Morra e il Questore di Modena, Giovanni Pinto: durante il confronto sono stati sono stati forniti dati relativi a numero, genere, provenienza, tipologia d’infrazione amministrativa o reato degli ospiti. Inoltre, sono state illustrate dettagliatamente le modalità di organizzazione della struttura, dei servizi offerti (ricreativi, assistenza medico-sanitaria e psicologica, servizi di mediazione culturale e traduzione), dei costi (75 euro a persona al giorno), dei tempi d’identificazione (in media entro i 30 giorni) e l’eventuale rimpatrio dei trattenuti. Al termine del colloquio, il deputato Pd Manuela Ghizzoni ha effettuato un sopralluogo nei 6 blocchi interni al Cie, dialogando direttamente con i 58 uomini, in prevalenza tunisini, in stato di fermo alloggiati in spartane camerate da 2, 3 o 4 letti. Cècile Kyenge, consigliere provinciale e responsabile regionale del Pd per le politiche dell’immigrazione era alla sua prima visita in un Cie : «L’impatto è quello di un carcere di massima sicurezza, con persone trattenute per una detenzione a volte solo amministrativa – ha commentato a caldo – è una vergogna dal punto di vista sociale, una sconfitta dal punto di vista umanitario. Lo spazio angusto in cui sono costretti a vivere gli ospiti della struttura, nonostante la buona volontà degli operatori, non aiuta le relazioni sociali, aumenta il disagio e la diffidenza nei confronti del Paese di accoglienza. Dopo questa visita, credo che sarebbe necessario ripensare alla funzione di queste strutture. Forse erigere muri invalicabili non è la ricetta giusta: servono piuttosto politiche per l’integrazione». L’Associazione Stampa Modenese ha partecipato attivamente all’iniziativa con diversi consiglieri del direttivo provinciale.
L’Unità/Emilia Romagna 26.07.11