La funzione di mobilità ascendente dell’istruzione sempre più compromessa dagli ultimi interventi. Gli interventi sul funzionamento del sistema scolastico che hanno caratterizzato i governi della Destra (non solo quello attuale, ma anche il governo che è rimasto in carica fra il 2001 e il 2006) hanno perseguito una medesima linea di contenimento della spesa per l’istruzione, giustificata dalla necessità di razionalizzare l’organizzazione del servizio e al tempo stesso di migliorarne la qualità. Con tali argomenti sono stati diminuiti gli organici, rivista la distribuzione territoriale delle scuole, ridotti gli orari delle lezioni (e, purtroppo, anche quelli già limitati di funzionamento complessivo delle scuole), diminuita l’offerta di sostegno specializzato per allievi con speciali esigenze e via lamentando. L’obiettivo di una più elevata qualità degli studi si è ridotto per lo più a richiami ideologici al merito, che sono serviti solo a nascondere la crescente incidenza del condizionamento sociale sull’educazione di cui gli allievi fruiscono. Sotto questo aspetto, c’è stato un vero e proprio ribaltamento fra gli orientamenti prevalenti nello sviluppo del sistema educativo dalla riforma della scuola media del 1962 e la fine del Novecento e quelli che hanno prevalso nel primo decennio del nuovo secolo. Non che in precedenza tutto fosse da condividere, ma è innegabile (e tanti dati derivanti da rilevazioni internazionali lo confermano) che il sistema scolastico tendesse al conseguimento di una maggiore equità, che si esprimeva nella riduzione della differenza tra gli allievi che conseguivano risultati migliori e quelli che dovevano accontentarsi di esiti più modesti. Oggi (sono sempre i dati delle rilevazioni internazionali e porlo in evidenza) gli allievi migliori non hanno ottenuto risultati di livello più elevato, ma gli altri ne hanno ottenuti di assai più modesti. È venuta meno quella funzione di strumento della mobilità ascendente della popolazione che la scuola aveva lungamente assunto nella storia della società italiana dopo il raggiungimento dell’unità nazionale. Ci si trova di fronte ad una sistema disgregato, che dà qualcosa a chi già possiede molto, e priva gli altri della possibilità di raggiungere quei traguardi elevati di istruzione che la Costituzione della Repubblica aveva solennemente affermato. Nelle condizioni in cui siamo, l’unica reale riduzione che i governi della Destra sono riusciti ad ottenere è stata quella della produttività del sistema educativo. In altre parole, i tagli scriteriati hanno avuto come conseguenza una peggiore utilizzazione delle risorse investite: in pratica, sono state create le condizioni per uno spreco di risorse, che si è cercato poi di contrastare con altre misure di contenimento, avviando in tal modo la spirale perversa che è sotto gli occhi di tutti. Rompere questa spirale è un’esigenza che non può essere rinviata. La ripresa di una linea di sviluppo per la società italiana non può prescindere da una scuola capace di svolgere la sua funzione di progresso. Ma per procedere in tale direzione occorre qualificare la spesa, promuovere l’innovazione, impegnarsi nella ricerca per sostenere il lavoro degli insegnanti.
L’Unità 24.07.11