Il magistrato di Mani Pulite «Ha ragione il presidente Ma è chiaro che per ricostruire un rapporto sano tra le istituzioni bisogna cominciare dal principio di legalità». Ne sa qualcosa, Gerardo D’Ambrosio, dei rapporti non esattamente idilliaci tra la magistratura e un bel pezzo di classe politica. In questi giorni capita spesso che qualcuno, soprattutto a destra, evochi lo spettro di Tangentopoli, ma certo non è solo questo il motivo per cui uno dei maggiori protagonisti del pool di Mani Pulite è oggi ben disposto a commentare le parole del capo dello Stato: in ballo ci sono alcune delle questioni più controverse della giustizia in questo ultimo scorcio di berlusconismo. Non a caso l’anziano magistrato sceglie le proprie parole con estrema cura.
Dottor D’Ambrosio, il presidente Napolitano è tornato a chiedere la fine di quello che lui definisce «lo sterile scontro tra politica e magistratura». Lei che ne pensa? «Un’istituzione non può aggredire un’altra istituzione: è chiaro che su questo non si deve discutere. Gli attacchi gratuiti non possono essere giustificati in nessun modo: scontri a livello istituzionale non possono che provocare danno alla democrazia. Fa bene il presidente a richiamare ciascuna istituzione al proprio ruolo. Naturalmente, per quanto riguarda la magistatura, occorre innanzitutto che si evitino occasioni per attacchi da parte di altri istituzioni dello Stato ne questo si fa non venendo meno a propri doveri nell’esercizio delle proprie funzioni, a cominciare, certamente, dalla dovuta serietà e riservatezza.
Però non c’è dubbio che anche le altri istituzioni debbamo rispettare l’operato della magistratura, sapendo che i magistrati possono anche sbagliare:non è un caso che sono previste le impugnazioni, che esistono i tribunali del riesame, i tre gradi di giudizio, la presunzione di non colpevolezza…
Insomma, la legge ha i suoi strumenti. D’altra parte, è altrettanto chiaro che da parte di tutti via sia il rispetto assoluto della legalità…». Non è esattamente il nostro caso… «Appunto. In Italia, la degenerazione del sistema è evidente, tanto da preoccupare anche il governatore della Banca d’Italia ai fini della stessa tenuta democratica: ebbene, alla luce di tutto questo credo che l’azione della magistratura non possa essere considerata così inopportuna».
Il capo dello Stato fa anche un accenno al protagonismo di alcuni magistrati…
«Guardi, il protagonismo nasce dal fatto che la nostra è una società in cui l’informazione pubblica ha un rilievo sempre più grande e non rimane inerte di fronte a episodi di un certo clamore. In questi casi non mi meraviglia che un magistrato possa essere protagonista suo malgrado, trovandosi oggetto di un’attenzione continua. Altrettanto certamente il magistrato non deve fare niente per esagerare, per travalicare».
Napolitano parla anche delle intercettazioni… Uso o abuso?
«Le regole ci sono ma sono regole a cui è semplice sfuggire,come abbiamo visto anche di recente. Regole che andrebbero rispettate e che cercano di tutelare la riservatezza di persone o fatti che non hanno niente a che fare con le indagini. A meno che, s’intende, non emergano fatti di tali gravità e rilevanza da imporsi anche se non riguardano direttamente l’indagine. Comunque, sono problemi che sono all’attenzione del parlamento e che prima o poi dovranno essere affrontati e risolti».
Il richiamo del presidente arriva il giorno dopo il sì della Camera all’arresto di Papa. Pensa che quel sì risponda ad un fervore giustizialista o è un’affermazione di rigore dinnanzi alla delegittimazione della politica dinnanzi ai cittadini?
«Quello che le posso dire io è che l’autorizzazione a procedere c’era già nello Statuto Albertino. Sono naturalmente dell’idea che un magistrato che procede alla carcerazione preventiva debba stare accortissimo a non fare errori, d’altronde gli atti sono stati esaminati dalla Camera con molta attenzione. Evidentemente se è lo stesso parlamento a valutare che non vi è stato fumus persecutionis da parte del magistrato nei confronti del deputato, allora non v’è motivo per cui quel deputato non venga trattato come qualsiasi altro cittadino».
Il tema, più profondo, è quello dell’equilibrio tra i poteri dello Stato e di un rapporto sano tra questi ed i cittadini.
Ci sono molte macerie:è ancora possibile rimuoverle e ricostruire?
«Io credo che un rapporto sano tra le istituzioni e tra queste e i cittadini si costruisce se si comincia ad affrontare anche il problema etico. È chiaro che a questo punto è necessario che ciascuno faccia il proprio dovere, in funzione del bene comune e rispettando il principio di legalità. È solo da qui che si può cominciare».
L’Unità 22.07.11