Nel momento in cui sto per lasciare la camera dei deputati, desidero innanzi tutto rivolgere un ringraziamento affettuoso ai presidenti Scalfaro, Ciampi e Napolitano, che mi hanno onorato della loro amicizia e della loro fiducia.
Il mio ringraziamento va naturalmente al presidente Fini e ai suoi predecessori – gli onorevoli Pivetti, Violante, Casini e Bertinotti – che, lungo il mio mandato, ho avuto l’onore di avere come presidenti di questa assemblea. Così come manifesto la più sincera gratitudine a tutti i colleghi parlamentari – di questa legislatura e delle precedenti – con cui ho condiviso un’appassionante esperienza politica e umana.
E un ringraziamento particolare ai deputati dei gruppi parlamentari – del Pds, dei Ds, dell’Ulivo, del Pd – di cui ho fatto parte nell’arco di cinque legislature. E rivolgo un augurio di buon lavoro alla dottoressa Francesca Ciluffo che mi subentra nel seggio e che porterà in questa sede la ricchezza di un’esperienza professionale e politica che tutti i colleghi avranno modo di apprezzare.
Lascio questa camera in un momento difficile per il paese e le sue istituzioni e mentre il rapporto tra cittadini e politica conosce una nuova acuta criticità.
Non sfugge a me – come ad ogni collega – quanto la democrazia rappresentativa sia sottoposta oggi, e non solo in Italia, a tensioni e passaggi critici. La globalizzazione muta anche il tempo e lo spazio dell’agire politico. Si riduce la esclusività delle sovranità nazionali a vantaggio di istituzioni sovranazionali e globali. E nella società del tempo reale e della comunicazione in presa diretta, si è accelerata enormemente la domanda di decisioni rapide e tempestive rispetto alle quali tempi e procedure parlamentari appaiono spesso lente e inutili.
Mutazioni che hanno inciso e incidono ogni giorno sul funzionamento del parlamento, sulla sua efficacia e – agli occhi dei cittadini – sulla sua utilità.
Talché accade di pensare che se per avventura il parlamento cessasse di esistere, una parte di opinione pubblica non ne avvertirebbe la mancanza.
Anch’io – come tutti voi – vivo con fastidio e sofferenza la campagna antipolitica che spesso rappresenta in modo offensivo e caricaturale il parlamento e l’attività dei parlamentari. Un’immagine che suona offensiva anche per migliaia di amministratori locali, di dirigenti politici di base e di tanti cittadini che, senza nulla chiedere, dedicano ogni loro migliore energia al bene del paese e dei loro concittadini.
Chi, come me e come tanti, ha fatto della politica una scelta di vita, ispirata unicamente da passione civile e democratica, sa quanto lontana dal vero sia una rappresentazione della politica come affare, intrigo, interesse personale.
Sostenere che ogni costo della politica sia infondato, illecito e dannoso per i cittadini è con tutta evidenza una demagogia perché al pari di qualsiasi altra attività umana anche la politica ha dei costi. Ma proprio per questo la politica ha il dovere della sobrietà, dell’equità, del rigore, della trasparenza.
Valori in cui una società vuole riconoscersi e che invece troppo spesso in questi anni sono stati negati da comportamenti e modi di governo che sempre più spesso hanno mortificato l’interesse generale, il senso di comune appartenenza e la coesione sociale, il rispetto della legalità e l’eguaglianza dei cittadini.
Ed è lì la radice di quel diffuso malcontento e disagio popolare che oggi si manifesta in modo radicale e clamoroso tanto più a fronte dei sacrifici che ai cittadini vengono richiesti. A nessuno sfugge che su questi sentimenti di sincera indignazione di molti si sovrappone una campagna alimentata e cavalcata da chi teme un cambiamento nella guida del paese e per sbarrarvi la strada punta con brutalità sulla destabilizzazione e la delegittimazione di poteri democratici a vantaggio di poteri assai più elitari e assai meno trasparenti, quando non pericolosamente opachi.
Il modo migliore per contrastare gli umori antipolitici non è volgere la testa dall’altra parte, ma mettersi in sintonia con il paese, con le sue ansie e le sue paure, le sue speranze e le sue aspettative e soprattutto dar corso a misure concrete, visibili, efficaci che restituiscano sobrietà, credibilità e autorevolezza a istituzioni che oggi appaiono a troppi cittadini distanti e insensibili.
Io resto convinto che un parlamento debole è sinonimo di democrazia debole. E anzi, tanto più in un mondo più grande e più rapido, le funzioni di indirizzo, di legislazione, di controllo e di rappresentanza a cui il parlamento assolve sono insostituibili.
Ma perché i cittadini in esso si riconoscano è necessario che il parlamento, senza timidezze e incertezze, abbia la determinazione e la capacità di varare quella riforma di sé e dell’assetto istituzionale da troppi anni evocate senza che mai se ne veda compiuta realizzazione.
Caro presidente, ho deciso di lasciare questo parlamento per dedicare ogni mia energia alla guida di Torino i cui cittadini mi hanno eletto sindaco. Un incarico di cui sento tutta la responsabilità perché Torino è la mia città e per il ruolo che Torino ha rappresentato e rappresenta nella centocinquantennale storia unitaria di questo paese, ma anche perché sono convinto che – tanto più in tempi di federalismo – la classe dirigente di una nazione non è costituita soltanto dalle funzioni dirigenti concentrate nella capitale.
Governare una grande città, così come guidare grandi Regioni, è compito altrettanto impegnativo e di responsabilità nazionale quanto lo è ricoprire incarichi istituzionali a Roma. E, anzi, penso – e per questo ho scelto di candidarmi a sindaco – che sia compito anche di chi, come me, ha ricoperto incarichi politici e di governo nazionali misurarsi in prima persona con il governo di grandi realtà territoriali, le cui dinamiche economiche, sociali e istituzionali influiscono in misura crescente sui destini dell’intero paese.
E certamente l’esperienza accumulata in tanti anni di impegno parlamentare e di governo mi consentirà di affrontare con maggiore solidità le nuove sfide. E sono sicuro che lungo questo nuovo cammino potrò contare sulla vostra vicinanza e avrò molte occasioni di impegno con tutti voi.
Con questi sentimenti rivolgo a lei, a tutti i colleghi di ogni gruppo parlamentare, ai dirigenti e ai funzionari della camera dei deputati, un saluto affettuoso e di amicizia.
Lo faccio con l’animo pervaso da emozione, ma con altrettanta serenità per una scelta compiuta nell’interesse del paese e della mia città.
Questo discorso, il commiato di Fassino dalla camera dei deputati, è stato accolto ieri dagli applausi di tutta l’aula e dai riconoscimenti di colleghi e avversari. Un omaggio pienamente meritato, al quale Europa si unisce volentieri: di questi tempi, è importante e fa piacere dirlo.
da Europa Quotidiano 20.07.11