L’esplosione dei ticket, il finanziamento al Ssn che fa acqua, i tagli a medici e personale e il rischio del blocco del turn over, i farmaci e le imprese sotto pressione. Sono (almeno) quattro le partite della manovra che mettono in tensione la sanità pubblica. Quattro partite decisive che per le Regioni, le prime “depositarie” della tenuta dei conti di asl e ospedali tanto più verso il federalismo e i costi standard, rappresentano altrettante sfide decisive.
C’è il rischio che il Ssn non regga più, è l’allarme dei governatori. Che puntano a tavoli di lavoro specifici per cercare di raddrizzare, se sarà possibile, l’impostazione della manovra a loro carico. Fari puntati così sull’intesa da stipulare entro aprile 2012 (il 30 giugno sui farmaci), per modulare le manovre 2013-2014. Ma i governatori puntano a un «patto» nuovo di zecca.
Il taglio 2013-2014 sull’indebitamento netto è di 7,5 miliardi (7,95 sul saldo netto da finanziare), con aumenti sul 2012 appena dello 0,5 e dell’1,4 per cento. Il nodo è tutto qui. La “carta segreta” dovrebbero essere dal 2013 i costi standard, che dovranno puntare su qualità e appropriatezza delle prestazioni. E di conseguenza dare una spuntatina di unghie alla spesa. Ma il rischio di una potatura delle prestazioni garantite dai Lea (i livelli essenziali di assistenza), c’è tutto.
E qui entrano in gioco i ticket, a cominciare da quello da 10 euro su visite e analisi. Che dal prossimo anno, pesando in totale oltre 834 milioni, sarà ben difficile per tutte evitare di scaricare sugli assistiti. Ma la sventagliata di ticket dovrebbe scattare poi dal 2014: su tutte le prestazioni sanitarie, in linea di principio anche sui ricoveri. Nel 2014 proprio i ticket dovrebbero garantire il 40% dei risparmi: almeno altri 2-2,5 miliardi.
Personale, farmaci e imprese, rappresentano altrettanti capitoli scottanti. Medici e personale del Ssn hanno rimediato ancora un anno di stop dei contratti: per i medici significa a regime una perdita media di 7.300 euro, di 2mila per il personale non medico. Mentre tutta da chiarire è l’applicabilità alla sanità del blocco del turn over. Il blocco determinerebbe sulla carta un mancato ricambio per 59mila unità totali: 20mila tra i medici e 39mila per il restante personale (17mila infermieri). Il pericolo di una paralisi del Ssn, a cominciare dal nervo scoperto dei pronto soccorso, è in agguato.
Sulla farmaceutica ospedaliera le industrie contestano il pay back a loro carico del 35% dello disavanzo, stimato in 700-800 miliardi di “tassa”. Altrimenti si tagliarebbe la spesa in farmacia (tetto al 12,5%). Ma sempre intervenendo sui costi dei farmaci in ospedale. Acquisti e dispositivi medici sono infine le altre due voci che chiamano in causa le imprese: da luglio 2012, in attesa dei costi standard veri e propri, partiranno i primi prezzi di riferimento per gli acquisti di tutte le forniture e le prestazioni di servizi sanitari e non. Mentre per i dispositivi medici dal 2013 scatterà il «tetto» di spesa (5,2% dell’intera spesa sanitaria nel 2014). Per le imprese – che devono sopportare il blocco dei pignoramenti anche per il 2012 nelle Regioni sotto piano di rientro – non sarà una passeggiata.
Il Sole 24 Ore 16.07.11
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“Pronte al ticket dodici Regioni”, a cura di Marzio Bartoloni, Paolo Del Bufalo, Barbara Gobbi, Sara Todaro
Solo una cosa al momento è sicura: forse almeno per tutta la prossima settimana, quasi nessun cittadino sarà costretto ancora a pagare il superticket da 10 euro su visite e analisi, sulla carta immediatamente operativo. Ma più o meno per tutti gli italiani sarà solo questione di giorni. Dopo lo tsunami che di punto in bianco ha sottratto alle casse locali i 381 milioni necessari a coprire la compartecipazione di qui a fine anno, le Regioni stanno cominciando a raccogliere le idee davanti all’unico bivio possibile: provvedere con risorse proprie ovvero far scattare il balzello.
Chi il problema – suo malgrado – lo ha risolto da subito sono le Regioni con i piani di rientro dal deficit (Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia).
La gran parte, perseguendo quel pareggio di bilancio che spesso resta un miraggio, aveva già fatto ricorso all’introduzione di forme di copayment sulle stesse voci che ora saranno gravate dall’ulteriore tassa.
All’estremo opposto Valle d’Aosta, Trento e Bolzano che già coprono la sanità a spese proprie e continueranno a farlo. Nel mezzo, chi ci sta ragionando. A bruciare per prima le tappe è stata ieri la Toscana, che ha annunciato per lunedì una delibera stoppa-ticket che si declinerà poi in una serie di interventi alternativi di reperimento delle risorse ovvero in «forme di compartecipazione graduata, ad esempio in base all’età e alle patologie». Insomma, tutto da decidere. Del resto, il rischio che il super-ticket finisca per trasformarsi in tanti “mini-ticket” sostitutivi esiste anche altrove.
Niente tagli lineari ma modulazioni ad hoc anche in Emilia Romagna: entro luglio si cercheranno formule alternative (ma sempre di ticket si tratta) per scoraggiare le prestazioni inappropriate.
Situazioni variegate e in itinere in tutte le altre Regioni. La Lombardia deciderà in un vertice martedì: ci sarebbe la volontà di evitare il superticket (pagando in proprio) almeno per il 2011. Ma non è detto. Nessuna incertezza in Friuli: la norma nazionale sarà applicata, ferme restando – come sottolineato anche dal ministro Fazio – tutte le esenzioni già garantite dalla legge. Idem in Basilicata e Liguria. L’Umbria ha convocato una giunta ad hoc per lunedì, ma è probabile che si profili ancora una soluzione alla Toscana.
Le Marche e il Veneto stanno scaldando i motori con una serie di simulazioni, anche per capire se il ticket eventualmente incassato al netto delle esenzioni – che preoccupano soprattutto il Sud – riuscirà davvero a coprire la quota di mancato finanziamento da parte dello Stato.
Senza dimenticare un’altra preoccupazione su cui gli assessori si stanno già consultando con l’obiettivo di raggiungere al più presto una linea comune: il problema che l’introduzione del balzello finisca con lo spingere i cittadini tra le braccia del privato. Un rischio che le Regioni “virtuose”, che più hanno investito nel servizio pubblico, non sono disposte a correre.
L’elenco è quasi completo. Mancano due casi particolari.
La Sardegna le ha viste tutte: è andata in piano di rientro, in quel periodo ha messo un ticket aggiuntivo di 10 euro che è rimasto sulle spalle dei cittadini anche a piano di rientro concluso. Ora la Regione pensa di applicare anche il ticket nazionale di ulteriori 10 euro, ma valuterà se chiedere un possibile “sconto” per non raddoppiare la tagliola agli assistiti.
Infine il Molise: è col piano di rientro in corso, il ticket dovrà applicarlo per forza. E avrà la sfortuna di doverlo esigere praticamente davanti alle urne. E’ l’unica Regione che va al voto a novembre.
Le intenzioni delle Regioni
VIA LIBERA AI TICKET
La scure dei piani di rientro
In questa categoria rientrano numerose Regioni su cui grava il piano di rientro e che sono dunque nell’impossibilità di usare risorse proprie per scongiurare il ticket: Piemonte, Lazio, Abruzzo, Molise (che annuncia la possibilità di agire anche sulle esenzioni), Campania, Puglia, Calabria,Sicilia. Nella maggior parte dei casi, nei prossimi giorni saranno prese le decisioni con relativi dettagli
Le altre
In seguito alla manovra, sono pronte ad applicare il ticket anche Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Basilicata, Sardegna
Ticket aggiuntivi
Alcune delle Regioni sopra citate, va detto, hanno già un ticket di 10 euro e si trovano nella necessità di studiare una soluzione per individuare ticket aggiuntivi: si tratta di Campania, Sardegna, Calabria
VALUTAZIONE IN CORSO
Le incognite
Le misure inserite nella manovra sul fronte della sanità hanno spaccato le regioni e in alcuni casi non hanno ancora portato a una decisione definitiva. I prossimi giorni potrebbero essere quelli determinanti: sono in corso sia valutazioni politiche sia simulazioni economiche.
Dalla Lombardia all’Umbria
La Lombardia prevede un incontro martedì: in quella sede si deciderà se varare il ticket o ricorrere a risorse proprie. Il Veneto sta conducendo simulazioni (decisione attesa per lunedì). L’Emilia Romagna deciderà entro luglio. Le Marche attendono una riunione con le altre Regioni anche se si va verso l’applicazione. Per quanto riguarda l’Umbria, è fissato per lunedì l’appuntamento decisivo: la giunta si riunirà per stabilire se ricorrere al ticket o puntare su misure alternative
NIENTE TICKET
Trento, Bolzano, Valle d’Aosta
La possibilità di dire no al ticket, comunque prevista dal meccanismo inserito nella manovra, è ovviamente teorica nella misura in cui le Regioni devono coprire i mancati risparmi con risorse proprie. Per questo, inevitabilmente, il cerchio si stringe. È chiaro che le province autonome di Trento e Bolzano fanno storia a sé: non introdurranno il ticket in quanto finanziano da sole il comparto sanità. No al ticket anche in Valle d’Aosta che pure copre la sanità a spese proprie
Toscana
La Giunta approverà una delibera lunedì. Si studiano interventi alternativi che consentano di sostenere le conseguenze dei tagli senza però gravare su cittadini, ammalati e fasce più deboli della popolazione. Si sta pensando a forme di compartecipazione graduata, ad esempio in base all’età e alle patologie
I PRIMI CALCOLI SULL’IMPATTO
Niente aggravi Valle d’Aosta, Trento e Bolzano continueranno a coprire il comparto in autonomia. In bilico L’Emilia Romagna studia modulazioni ad hoc, la Lombardia verso il «no».
Le possibili conseguenze.
Gli assessori temono che il balzello spinga i pazienti verso il privato.
Il Sole 24 Ore 16.07.11