Faccia feroce contro gli immigrati. Nonostante il clima bipartisan di responsabilità sulla manovra, il governo non rinuncia al decreto bandiera voluto da Maroni e varato dal Consiglio dei ministri dei ministri il 16 giugno, alla vigilia di Pontida. Decreto che prevede una stretta contro gli immigrati irregolari, con l’espulsione immediata per i soggetti considerati pericolosi, l’allungamento dei tempi di detenzione nei Cie fino a18mesi (dai 6 attuali) e l’espulsione anche per i cittadini comunitari.
Ieri il primo via libera della Camera, tra le proteste delle opposizioni, della Cgil e i richiami dell’UNHCR, l’Alto commissariato Onu per i Rifugiati. Laura Boldrini, portavoce dell’UNHCR, auspica che il testo «possa essere migliorato» nel passaggio in Senato «con un rafforzamento delle garanzie e dei diritti» per i gli immigrati costretti nei Cie.
Esulta Maroni, che si dice «molto soddisfatto» per un via libera che «conferma come governo e maggioranza siano uniti e determinati nella rigorosa azione di contrasto all’immigrazione clandestina». Dura la protesta delle opposizioni. Un decreto «disumano e inefficace», attacca Livia Turco, presidente del forum Pd sull’immigrazione, durante il suo intervento in aula alla Camera. «Si prevede la detenzione nei Cie fino a 18 mesi di persone che non hanno commesso reati, che sono scappate dalla povertà alla ricerca di un futuro e nonhanno trovato le vie legali all’immigrazione.
Questa norma stravolge la direttiva europea». «Sui Cie un atto di barbarie che richiama le leggi razziali fasciste», rincara il deputato Pd Dario Ginefra. Netta anche la protesta della Cgil che parla di un «atto grave». «Norme vessatorie e confuse», attacca il responsabile immigrazione Pietro Soldini. «Questo decreto non farà che moltiplicare il contenzioso giuridico con l’Europa e con la magistratura, a spese dell’erario e dei diritti degli immigrati».
Anche la Cgil auspica «un atto di ripensamento» in Senato: «Si abbandonino speculazioni politiche e pregiudizi razzisti».
Alla Camera il decreto è passato con 273 sì e 257 contrari. Tutte le opposizioni hanno votato contro, manel Pd è esplosa una discussione sui numeri della votazione e sulle assenze. Nel voto finale infatti erano assenti 22 deputati Pd (più tre in missione), 4 dell’Idv, 7 di Fli, 3 dell’Udc, 2 dell’Mpa e 1 dell’Api. In tutto fa una quarantina di deputati, mentre il distacco tra maggioranza e opposizioni è stato di soli 16 voti.
Grande amarezza tra le file del Pd, il partito che più si è battuto contro il decreto Maroni. Anche perché in mattinata, su alcuni emendamenti il governo l’ha spuntata per 1-2 voti, mentre quello che aboliva l’allungamento della detenzione nei Cie non è passato per meno di 10 voti. Su Facebook protesta con forza Ileana Argentin: «Una vergogna tutti questi assenti». Furioso anche Sergio Gaudio, responsabile Immigrazione del Pd romano. Roberto Zaccaria, uno dei più attivi nella battaglia contro il decreto, si chiude nel silenzio. «Un’occasione mancata», si sfoga Sandro Gozi. «Con 4-5 deputati in più avremmo fatto passare degli emendamenti importanti». Tra i parlamentari si diffonde la consapevolezza che uno stop al decreto Maroni avrebbe potuto portare all’implosione del governo. «E invece questo voto rischia di vanificare il lavoro enorme che abbiamo fatto su questo tema», dice Andrea Sarubbi. Jean Loenard Touadì difende il partito: «C’è amarezza, ma è sbagliata l’autoflagellazione.
Il Pdnon ha colpe, abbiamo condotto la battaglia fino in fondo.
La maggioranza aveva i numeri, non c’era trippa per gatti». La Lega gongola: «IlPd vuole riempire il paese di clandestini». Replica Luisa Bossa dei democratici: «La Lega sta mostrando il suo volto più becero e razzista».
da L’Unità
******
“E’ una forma di detenzione del tutto illegale”, di MAS. AM.
“Non conosco nel dettaglio il decreto legge licenziato ieri dalla Camera, e quindi mi riservo qualsiasi valutazione sugli aspetti cosiddetti generali. Mi sembra di capire però che è stata introdotta la norma che prolunga la permanenza degli immigrati nei Cie a 18 mesi. Ho firmato anche l’ appello de l’Unità perché la ritengo profondamente ingiusta, oltreché gravata di fondati motivi di incostituzionalità».
Presentandosi alle primarie del centrosinistra a Milano, il professor Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, spiazzò tutti con un programma avanzatissimo in tema d’immigrazione: diritto di voto e di elezione ai regolarizzati residenti in città da cinque anni, in applicazione della convenzione di Strasburgo, e integrazione “spinta”, «attraverso – dichiarò in un’intervista – l’organizzazione di feste da parte delle varie comunità, per farsi conoscere dai milanesi e interagire con loro».
Ma le riserve sul provvedimento approvato ieri dall’assemblea di Montecitorio, più che dalla sensibilità politica, discendono da una serie di considerazioni che attengono alla sua lunghissima esperienza di giurista.
È così, Presidente?
«Il trattenimento prolungato nei Centri è sostanzialmente una forma di detenzione illegale. Partendo da questa considerazione, si possono ravvisare numerosi motivi di impugnabilità».
Sempre che, superato anche il vaglio dell’aula del Senato, non sia lo stesso Capo dello Stato a ravvisare difetti di costituzionalità, giusto?
«Naturalmente. Stiamo parlando di una materia che riguardauno dei diritti fondamentali delle persone, e quindi soggetta a tutte le norme costituzionali. E se la permanenza nei Cie si trasforma in una forma di carcerazione prolungata, non possono non ricorrere i presupposti per l’impugnazione».
Dov’è l’inghippo, Presidente?
«Far dipendere unaprolungata limitazione della libertà personale da una situazione di semplice irregolarità, ovviamente ci riferiamo a immigrati che non abbiano commesso reati, non è solo eticamente ingiusto, ma contrasta con tutte le norme, italiane ed europee, in materia di immigrazione. Io sono curioso di leggere tutto il testo del provvedimento, perché se i presupposti sono questi, non sono affatto sicuro che ci allinei alle recenti direttive comunitarie in materia di rimpatri».
La maggioranza però difende il testo, sostenendo che è necessario a scongiurare una procedura di infrazione per l’Italia da parte dell’Ue.
«C’è una pronuncia molto recente della Corte di Giustizia Europea che stabilisce il principio per cui la detenzione non può essere considerata una misura plausibile di fronte a un processo di mancata regolarizzazione. Per quello c’è l’espulsione».
E quindi?
«E quindi non si scappa: l’irregolarità non è una condizione che, di per sé, possa essere perseguita con la carcerazione. Invece, la norma specifica contenuta nel decreto stabilisce l’esatto contrario».
da L’Unità