Siamo il paese più indebitato e con il tasso di crescita dell’economia più basso tra i “grandi” d’Europa. Ora, arrivati al terzo anno di recessione, l’interrogativo che imprese e sindacati si pongono è quali conseguenze può avere l’ondata speculativa che ha spazzato i mercati e il sistema finanziario italiano ed europeo in questi giorni. La prima preoccupazione è che la crisi del debito possa compromettere quei timidi segnali di ripresa dell’economia comparsi negli ultimi mesi. Per quest’anno e il 2012 le prospettive di crescita del Pil sono modeste, poco più dell’1%, ma queste stime non tenevano conto della caduta di questi giorni e della manovra correttiva di rientro del debito che, per generale considerazione, avrà un impatto recessivo sull’economia. Rischiamo, dunque, il cosiddetto «doubledip», cioè una seconda caduta, dopo la prima fase di recessione che dal 2008 a oggi ha cancellato circa mezzo milione di occupati, con una profonda ristrutturazione dell’apparato produttivo (compresa la scomparsa o il trasferimento di intere produzioni) con un ricorso record alla cassa integrazione. L’Inps ha calcolato che il “tiraggio” della cassa integrazione fino ad aprile è diminuito, ma la netta sensazione è che tale fenomeno si combini con il restringimento della base occupazionale. Cioè la crisi, le difficoltà dell’industria e in particolare del tessuto delle piccole e medie imprese, hanno determinato una contrazione evidente degli occupati e un impiego sempre rilevante della cassa integrazione. Nonostante il leggero miglioramento del ricorso alla Cig nei primi mesi di quest’anno, la Cgil calcola che le ore di Cig effettivamente utilizzate alla fien del 2011 saranno ancora il triplo rispetto a quelle consumate nel 2008, primo anno di questa recessione. Quello che continua a mancare, e che con questa manovra di Tremonti dai saldi e dai provvedimenti ancora incerti, è una politica che favorisca gli investimenti e faccia ripartire lo sviluppo e la produzione, creando lavoro per giovani e donne, e un po’ di sostegno ai redditi dei lavoratori e del pensionati falcidiati da anni. Persino i saldi fanno fatica a decollare. Non sono temi nuovi. Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ha più volte sottolineato l’urgente necessità del nostro Paese di riprendere la strada della crescita sostenuta e duratura perchè questa è l’unica soluzione per creare lavoro e ricchezza e anche per rendere credibile il piano di rientro del debito. Il nostro Paese deve tornare a crescere seriamente, altrimenti nessun debito, soprattutto il nostro così pesante e ingombrante, potrà essere sostenibile. Ma Tremonti, se davvero riuscirà a far approvare la manovra entro il fine settimane per fermare la speculazione degli “avvoltoi” dei mercati, dovrà nel frattempo calcolare l’impatto dei suoi provvedimenti sulla frenata del Pil. L’Italia, purtoppo, non è un Paese in salute, viene da una lunga fase di difficoltà e di caduta della produzione e dei consumi, e questa crisi finanziaria va a colpire un tessuto già provato da tante prove difficili. La questione della crescita, poi, diventa ancora più delicata se si fanno i conti con l’economia reale e il tessuto produttivo. Ci sono grandi gruppi che attraversano una fase di incertezza che mette a rischio investimenti, progetti e occupazione. Il caso più clamoroso è quello della Fiat che a fronte di un piano di investimenti annunciato di 20miliardi di euro per “Fabbrica Italia” ha finora previsto interventi non superiori ai2 miliardi per Pomigliano d’Arco, Mirafiori e le Officine di Grugliasco. E il resto? Però la Juventus sta facendo una ricca campagna acquisti… Un gruppo industriale pubblico importante come Fincantieri ha ritirato un piano di lacrime e sangue per i lavoratori, ma non c’è ancora una vera alternativa di sviluppo. Il settore delle costruzioni, delle infrastrutture soffre e la manovra di Tremonti lo penalizza ulteriormente. I servizi sono fermi e i tagli agli enti locali produrranno altri disagi ai bilanci e ai cittadini. Le risorse per un nuovo ciclo di investimenti, per finanziare progetti di crescita non possono arrivare dagli interventi correttivi, ingisuti di Tremonti. In momenti straordinari ci vuole qualche cosa di straordinario, come una patrimoniale sulle grandi ricchezze. Lo hanno proposto persino alcuni industriali sul Sole24Ore. Ma ci vuole un altro governo, questo è cotto.
L’Unità 13.07.11