Inclusivo, stabile, circolare nelle decisioni. E soprattutto molto lontano dal vento di antipolitica che a lungo ha soffiato sull’Italia. Così vuole essere il movimento delle donne che, seminato nelle piazze di tutta Italia il 13 febbraio scorso, nasce a Siena da due giorni di racconti, testimonianze, interventi. Cinquantacinque interventi dal palco, tre minuti per ognuna, che fosse Susanna Camusso o il comitato Snoq di Cuneo, Giulia Buongiorno o le Voltapagina di Catania. Una “maratona” egualitaria che le “socie fondatrici” di Se nonora quando si sono imposte, nonostante il caldo più che agostano (non è un caso che Cristina Comencini, regista dell’evento, all’ultimo si sia sentita male). Non si poteva aspettare l’autunno. La posta in gioco era troppo alta per lasciar passare altro tempo: non disperdere il patrimonio accumulato fin qui, dare subito, ancora a caldo, una struttura e persino una organizzazione a un movimento vasto e popolare che nessuno aveva previsto e che ha spiazzato l’Italia. “Abbiamo messo in moto una enorme aspettativa, non possiamo deluderla”, dicono le organizzatrici. Mentre dal palco, continuano a raccogliere le indicazioni di rotta. Le più giovani (meno delle loro “madri” ma ci sono anche loro), le indicazioni le traggono dalla rete, dove infondo tutto è nato. “Il web è stato il nostro grande strumento per collegarci anche tra donne che non appartenevano a reti precostituite”, spiegano Giorgia Serughetti ed Elisa Davoglio, le due trentenni che hanno costruito quel pezzo di movimento che pasa per il blog e per facebook. E che progettano ora di tracciare, anche grazie a internet, quella mappa dal basso dell’Italia vista dalle donne che è uno dei grandi progetti per i prossimi mesi. Però la rete non basta. Ci vuole un’alternanza di rete e di incontri, suggerisce Titti De Simone. All’orizzonte, una nuova mobilitazione di massa. In autunno
L’Unità 11.07.11
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Intervista a Maria Serena Sapegno «Non siamo un partito ma produrremo politica», di Mariagrazia Gerina
La docente di letteratura italiana: «Non ci sostituiremo alle forze già esistenti. Però l’obiettivo è quello di incidere davvero sull’agenda del Paese». Inclusivo, stabile, organizzato, circolare nelle decisioni. Così vuole essere il movimento delle donne che nasce a Siena. Molto lontano dal vento di anti-politica che a lungo ha soffiato sull’Italia. Lo ripete, dal palco, Maria Serena Sapegno, docente di letteratura italiana e di studi di genere, una delle fondatrici di Se non ora quando.
Politica è una delle parole più pronunciate in questi giorni. «La politica è una parola meravigliosa. La politica siamo noi. Possiamo essere critici rispetto a come si comportano i partiti ma questa è un’altra cosa. La politica sono i cittadini che costruiscono la vita della polis. E le donne ci vogliono entrare. Non vogliamo stare fuori come antipolitica. Vogliamo stare dentro la polis e trasformarla a nostra immagine». Come?
«Noi non vogliamo sostituirci ai partiti anzi vogliamo che tornino a fare politica se possibile sui bisogni delle persone e sulla stato di questo paese. Noi produrremo politica. Perché non solo i partiti mancano ma anche la società civile. E ora tutti bisogna riprendersi un pezzo di responsabilità e fare politica ciascuno nella sua parte. I partiti sono fondamentali, non c’è democrazia seria senza partiti ma siamo fondamentali anche noi. La società civile si è scoraggiata, si è disamorata, si è limitata a lamentarsi della politica, ma non basta».
Le giovani sembrano avervi seguito in misura minoritaria rispetto alle 40-50enni. «C’è un fatto anagrafico per cui noi, figlie del baby boom, siamo anche statisticamente tante. Le giovani sono di meno. E poi sono in una situazione difficile perché sono espulse dalla polis più di quanto non lo fossimo noi. Non c’è futuro, non c’è lavoro, non c’è speranza di costruire una vita, fatta di scelte proprie e di autonomia. Le giovani possono avere la tentazione di non avere fiducia in niente. O di farsi solo delle cose “loro” che riguardino la loro condizione particolare, ma questo sarebbe un danno per tutti. Noi abbiamo bisogno di loro che sono il futuro. Loro hanno bisogno di noi».
Loro però in piazza sono scese per prime insieme agli studenti. «Gli studenti hanno fatto delle cose bellissime, anche se non è bastato, anche perché i partiti – e questo è molto grave sono stati sordi. La mobilitazione delle donne però è un’altra cosa».
Quali sono gli obiettivi immediati di questa mobilitiazione? «Dico quelli che sono emersi nel lavoro di questi giorni: il tesoretto che con la manovra è stato sottratto alle
donne e che deve essere loro restituito e poi il congedo di paternità obbligatoria, quello di maternità che incida sulla fiscalità generale e sia per tutte, occupate o no, provvedimenti contro le dimissioni in bianco e in generale contro tutto quello che impedisce alle giovani donne di entrare nel mondo del lavoro. Ma più che individuare obiettivi precisi, vorremmo essere capaci di imporre alla attenzione generali i nostri problemi concreti. E poi dovrebbe essere la politica a rispondere». E qualche fischio alle politiche venute qui?
«Sono stati pochi, forse spia anche di un atteggiamento un po’ infantile. Però certo c’è una una certa sfiducia. Noi non siamo antipolitiche però neanche ci fidiamo a occhi chiusi. E poi le donne in politica sono ancora poche e non sono riuscite a imporre a un’altra agenda». Mancava un movimento?
«Sì, speriamo di essere la loro forza».
l’Unità 11.7.11
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Intervista a Carla Fronteddu «Noi, le ragazze che scoprono oggi il femminismo»
La outsider : «Le giovani erano in minoranza? Siamo cresciute senza modelli. Ma ci rifaremo». È vero, eravamo meno delle nostre “madri”, però c’eravamo», rivendica Carla a nome delle venti-trentenni che a Siena sono andate, magari superando qualche “diffidenza” e anche a nome di quelle che non c’erano. «Questo movimento è anche nostro e ce lo dobbiamo prendere».
Tesi di laurea su femminismo e biopolitica, qualche esperienza nei centri di volontariato anti-violenza, militanza in una rivista “di genere”. Carla Fronteddu, 26 anni, è una delle “rivelazioni” della due giorni fondativa di Se non ora quando. E, dal basso della sua biografica di giovane femminista, ci racconta di sé e delle altre.
Perché a Siena eravate così poche?
«Partiamo da un fatto: in piazza il 13 febbraio le ventenni c’erano, il punto è come mai poi non siano entrate in maniera massiccia nei comitati che si sono costituiti a partire dal 13 febbraio e quindi perché la piazza di oggi, che è la piazza dei comitati, sia stata più sbilanciata anagraficamente. C’è il problema del passaggio della staffetta, ma anche forse una forma di resistenza generazionale».
Ovvero?
«Io e le mie coetanee siamo cresciute nel vuoto di un movimento di donne. Forse per questo siamo più diffidenti e ci riesce più difficile mediare. Però partiamo dal dato positivo che qualcuna c’era e mi auguro che possa trasmettere anche a chi non è venuta la positività di questo momento».
Cosa ha significato Siena per te?
«È stata la mia prima esperienza collettiva di questo tipo. Io mi occupo di studi di genere però fino al 13 febbraio non ero andata oltre l’elaborazione teorica e qualche esperienza nei centri antiviolenza. Negli anni 70 c’erano le grandi manifestazioni delle donne, il movimento che portava avanti le istanze di tutte. Per noi tutto questo non c’è stato. Il femminismo si era chiuso nelle aule universitarie. Ma Se non ora quando è tutta un’altra cosa».
Cosa?
«Se non ora quando è un movimento popolare. Qui a Siena la maggior parte sono donne che non hanno esperienza di pratica di genere, non hanno fatto parte di nessuna associazione femminile, alcune amiche che sono oggi in piazza non hanno mai affrontato i contenuti del femminismo. Questa piazza è la nostra grande occasione». C’erano anche molte politiche. Che pensi di loro?
«Colloquiare con donne che hanno ruoli di potere all’interno di una organizzazione-partito, che risponde a un ordine maschile, non è una passeggiata. Però dobbiamo fare uno sforzo tutte insieme. All’ inizio da parte nostra c’era molta paura di essere strumentalizzate però questi mesi ci hanno rese molto più sicure. La trasversalità ci ha dato molta forza. Credo che a questo punto siamo abbastanza forti per poter dialogare senza perdere la nostra autonomia. E poi penso che, in realtà, i risultati dipenderanno da ciascuna di noi».
L’UNità 11.07.11
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Internet, cortei e comitati “È nata la Rete delle donne” di Laura Montanari
Siena, le iniziative dopo l´assemblea: non ci fermiamo
Le organizzatrici: il nostro sarà un movimento trasversale e senza etichette di partito. Adesso che il Prato di Sant´Agostino è vuoto, gli addetti ai lavori stanno smontando il palco e i palloncini rosa di «Se non ora, quando?» si afflosciano sotto il sole, è tempo di bilanci: «A Siena è nato un nuovo movimento delle donne» assicura Francesca Comencini, regista, autrice teatrale. Un risveglio. «Non è un partito, ma una rete organizzata fatta di tante voci anche diverse e dissonanti che camminano nella stessa direzione» aggiunge Serena Sapegno, docente di Letteratura italiana e di Studi di genere alla Sapienza di Roma. Certo qualcosa di diverso questa assemblea di Siena la consegna, se con Rosy Bindi in prima fila e molte altre parlamentari sparse in platea, le conclusioni – complice un lieve malore che ha colto Cristina Comencini – sono affidate a una docente universitaria e alla confessione quasi generazionale di una ragazza di 26 anni, dottoranda di Filosofia politica, Carla Fronteddu: «Io non sapevo cosa significava stare dentro un movimento, ma è bellissimo. Al contrario delle donne che hanno vissuto il femminismo degli Anni Settanta, io e le mie coetanee siamo cresciute nel vuoto dei movimenti, dentro una società fortemente individualista che non ci ha insegnato a declinare il senso della parola “noi”».
Nella geografia di Snoq, acronimo di «Se non ora, quando?», un elemento importante sarà la delocalizzazione: devono prendere forza e moltiplicarsi i comitati sul territorio (sono 120 quelli censiti fin qui). «Dobbiamo raggiungere le periferie, le donne dei piccoli paesi non per reclutarle, né per educarle, ma perché abbiamo bisogno di competenze e culture, di tutte le culture» dice ancora Serena Sapegno. Il movimento rivendica la propria autonomia dalle targhe e dai partiti: «Ma attenzione qui non c´è traccia di antipolitica – precisa Flavia Perina di Futuro e Libertà – Snoq è un soggetto politico e si rivolge alla politica perché ne vuole determinarne le scelte. Non siamo un girotondo». I temi sul tappeto sono tanti a cominciare dai rischi della manovra finanziaria che, «in un Paese come il nostro, con un welfare inadeguato, aggrava la situazione, colpendo soprattutto le donne e scaricando su di loro i costi della crisi». Da qui la richiesta della maternità come diritto a carico della fiscalità generale e il congedo della paternità obbligatorio. Senza dimenticare che i tagli al welfare costringono le donne a supplire con la loro attività di cura ai servizi e all´assistenza negata.
In due giorni, davanti a una platea affollata che ha ascoltato tutti gli interventi, sfidando il termometro sopra i 35 gradi, si sono alternate al microfono un´ottantina di donne con la regola inflessibile dei tre minuti, valida per tutti. «Questa regola è stata proposta dalle più giovani – rivela Ilaria Ravarino, 34 anni, romana – forse è dettata dai tempi di attenzione di chi è abituato alla Rete». Il movimento ai ritmi di Internet, ma anche il movimento che vuole ascoltare e dare spazio al maggior numero di voci. In duemila sono arrivate a Siena e chi non ha trovato spazio al microfono si è messa davanti a una webcam per registrare un pensiero, una riflessione, una proposta da postare. Perché «Se non ora, quando?» prosegue già su Facebook e sui blog.
La Repubblica 11.07.11