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"Pd: «La manovra svende il patrimonio artistico»", di Ste. Mi.

Ricordate i famigerati tentativi di vendere il patrimonio artistico di passate legislature berlusconiane? Furono sventati. Che ora ci stiano riprovando? Sotto sotto, sì, accusano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. E non rischiano certo monumenti e luoghi d’arte come il Colosseo. Rischiano pezzi dello Stato di cui ogni tanto aleggia la possibilità di svendita come l’Arsenale di Venezia.

«Nascosto tra decine di commi nella manovra finanziaria c’è un blitz che rischia di privatizzare il patrimonio storico e paesistico del nostro Paese: ai commi 17 e 18 dell’articolo 10 si prevede infatti – scrivono in una nota Della Seta e Ferrante – che lo Stato possa dare in pagamento ai propri creditori, al posto delle somme dovute, i propri gioielli di famiglia».

Le ricchezze pubbliche ai creditori dello Stato dunque? «Il tutto – prosegue la nota congiunta dei due parlamentari democratici – senza nessun paletto che eviti l’alienazione di beni di valore storico, culturale e paesaggistico, e senza la possibilità di scongiurare cambiamenti di destinazione d’uso che trasformino, per esempio, un antico palazzo in un supermercato».

FERRANTE: NORMA SCAVALCA BENI CULTURALI
Ferrante al telefono approfondisce: “Si raschia il fondo del barile in maniera irresponsabile”. Cosa prevedono quei due commi? “Se lo Stato non può pagare un fornitore, come spesso accade, si prevede che possa pagare in natura. Si estende allo Stato una possibilità prevista nel Codice civile. Se come privato ho un credito nei suoi confronti invece di soldi, e lei è d’accordo, posso darle casa mia. Ora lo Stato se se ha debito con un creditore, cosa frequente, gli può cedere un bene”. E l’inghippo dove sta? Nessuno penserà certo di alienare gli Uffizi o il Colosseo. “Certo che no. Il problema grave è che il testo non ha alcun riferimento a un controllo che sia della sovrintendenza, del ministero per i beni culturali o dell’ambiente, non è previsto nulla di nulla. Immagino la risposta che Tremonti darebbe: ma cosa intendete? Il Colosseo è inalienabile. Certo, ma periodicamente si sente parlare di beni statali come i fari, l’Arsenale di Venezia. Questa norma scavalca sovrintendenze e ministeri, apre la possibilità a una spaventosa privatizzazione, è un tentativo surrettizio di privatizzare mascherato da problemi di cassa”.

DELLA SETA: DA PALAZZO STORICO A SHOPPING CENTER
Della Seta aggiunge un altro dettaglio che può sfuggire: “Il testo non solo non contiene nessuna clausola di salvaguardia per escludere beni vincolati, storici, paesaggistici, ma nemmeno per escludere che questi beni una volta alienati cambino destinazione d’uso. Un palazzo storico ceduto a un privato, senza un’esplicita clausola, può essere usato per una funzione del tutto diversa dalle sue caratteristiche. Nel comunicato parliamo di un possibile caso limite, di una trasformazione in supermercato. Ma il rischio che pezzi del patrimonio dello Stato con un valore culturale o ambientali vengano usati per scopi impropri diventerebbe altissimo”.

Il pericolo di uno sfruttamento commerciale che stravolge il luogo dunque con un testo così è, per Della Seta, fin troppo concreto: “Noi pensiamo che questa parte del patrimonio pubblico sia squisitamente un bene comune, quindi come tale non possa essere utilizzato snaturandone la funzione che dovrebbe avere per tutti i cittadini”. Quei due commi, per i due senatori Democratici, insomma non vanno corretti: vanno cancellati.

da www.unita.it