La posizione di Giulio Tremonti nel governo si fa sempre più difficile.
Dopo la richiesta di arresto per il suo ex braccio destro, il parlamentare del Pdl Marco Milanese, proseguono gli attacchi del Giornale e dei suoi compagni di partito, ai quali si unisce lo stesso Silvio Berlusconi, mentre dai verbali dell’inchiestaP4emerge un illuminante retroscena. Il 17 giugno è lo stesso Tremonti a raccontare ai pm di avere detto al presidente del Consiglio di non provare a usare anche con lui il «metodo Boffo».Male tensioni sui mercati, con il divario tra titoli di stato italiani e bund tedeschi che raggiunge il massimo, costringono i duellanti a un gesto distensivo, una «colazione di lavoro» a Palazzo Chigi, che una nota ufficiale definisce poi «lunga e cordiale». Certo è che il riferimento di Tremonti al «metodo Boffo» non poteva uscire in un giorno più significativo. «Nel corso della discussione – dichiara ai magistrati – io e il presidente del Consiglio manifestammo posizioni diverse sulla politica di bilancio…
in parallelo su alcuni settori della stampa si manifestava una tendenza,una spinta alle mie dimissioni se non avessi modificato le mie posizioni. A questo punto, se non ricordo male, manifestai la mia refrattarietà ad essere oggetto di campagne stampa tipo quella Boffo».
Sembrala descrizione delle giornate di ieri e ieri l’altro, mentre la tensione tra presidente del Consiglio e ministro dell’Economia raggiunge l’acme, e le voci di sue imminenti dimissioni tornano a circolare con insistenza. Una guerra dei nervi cominciata con un’inusuale intervista a Repubblica in cui Berlusconi sembra voler giocare d’anticipo, e dopo aver definito il suo ministro uno che «pensa di essere un genio e crede che tutti gli altri siano cretini», e «l’unico che non fa gioco di squadra», aggiunge: «Ma alla fine non può fare niente. Anche lui: dove va? Anche nella Lega hanno un po’ preso le distanze».
Nemmeno il coinvolgimento di Tremonti nell’inchiesta che ha portato alla richiesta di arresto per Milanese, costringendolo la sera stessa ad annunciare l’intenzione di lasciare la casa pagata dal deputato del Pdl, sembra placare l’offensiva del Giornale e di avversari interni come il sottosegretario Guido Crosetto. Il primo apre su «La casa gratis di Tremonti», il secondo non esita a ironizzare in proposito sul suo «braccino corto». Ma l’attacco più duro, naturalmente, è quello che arriva dal premier, e che a tratti tocca i limiti dell’aperta irrisione. «Lo sopporto perché lo conosco da tempo e va accettato così», dice ad esempio il premier. D’altra parte, mentre la speculazione mette in ginocchio la borsa, costringendo la stessa Banca d’Italia a intervenire per rassicurare i mercati, una tregua, o almeno un intervallo, diviene indispensabile. Tensioni politiche e tensioni sui mercati si confondono in un groviglio inestricabile.
«Notiamo e facciamo notare – dichiara ad esempio il segretario repubblicano Francesco Nucara – che appena si mette in discussione la figura e il ruolo del ministro dell’Economia Tremonti si scatena la speculazione sull’Italia. Ci pensi bene chi lo critica».
Il primo a non mostrarsi troppo preoccupato, tuttavia, è proprio Berlusconi. Di fronte alle tensioni, primaformula la più tenue e inverosimile delle rettiche (quella con Repubblica non sarebbe stata un’intervista, bensì una «un’amichevole conversazione»), poi annuncia di avere invitato Tremonti a una «colazione di lavoro» per definire «l’agenda degli impegni che insieme affronteremo neiprossimi giorni». Colazione durata meno di un’ora e seguita da una nota di Palazzo Chigi in cui si conferma l’intenzione di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014, secondo gli impegni assunti con l’Europa, mentre una nota del Tesoro parla per la prima volta di 5 miliardi che potrebbero essere destinati alla riduzione delle tasse.Una nota per i mercati (la prima) eunaper gli elettori (la seconda).
Parole, in entrambi i casi, che risultano però assai poco convincenti. È chiaro che né Tremonti né Berlusconi, al momento, intendono recedere dalle rispettive posizioni. E la confusione prodotta dalle dichiarazioni degli esponenti del Pdl che si accavallano nel corso della giornata, tra chi coglie l’occasione del caso Milanese per difendere il ministro e chi ne approfitta per infierire,non possono nascondere l’evidenza. «Sotto le dichiarazioni ufficiali si intuisce un regolamento di conti dentro il Pdl – dice ad esempio la deputata finiana Flavia Perina – da più di un mese Tremonti è diventato il nuovo nemico. Un po’ perché in testa agli indici di popolarità, un po’ per la sua inflessibilità sui conti, ormai dà fastidio sia a Berlusconi sia alla Lega».
Del resto, anche se nelle dichiarazioni ai pm di Napoli del 17 giugno il ministro parlava di metodo Boffo, è chiaro a tutti che la vicenda più simile è proprio quella di Gianfranco Fini.
Come nel caso del presidente della Camera, anche qui tutto comincia con un attacco del Giornale subito smentito da Berlusconi (quello del 21 aprile, cui si riferisce evidentemente il ministro parlando ai magistrati).
Anche allora, dopo le parole grosse, le mezze smentite e le mezze rettifiche, era venuto il momento dei pranzi di riconciliazione. A quanto pare, la colazione di ieri tra Berlusconi e Tremonti non è andata molto meglio di quei primi tentativi di distensione con Fini. D’altronde, nelle vesti di mediatore ieri era presente Gianni Letta, ancora «allibito» per i recenti attacchi ricevuti dal ministro dell’Economia.
da l’Unità