Bersani convoca la Direzione del Pd per discutere di legge elettorale e lancia ai dirigenti che stanno sostenendo i referendum un ammonimento: «Da irresponsabili creare divisioni interne al partito».
Una Direzione ad hoc, il 19 mattina, per avere il pronunciamento formale che il Pd sostiene una ben precisa legge elettorale, e poi la sera stessa una riunione con il gruppo di presidenza del Senato per depositare il testo in Parlamento. Pier Luigi Bersani avrebbe volentieri fatto a meno di un partito spaccato su due fronti referendari per superare il «Porcellum». «È da irresponsabili creare delle divisioni interne al partito, per di più in un momento in cui all’ordine del giorno ci sono altre importanti questioni», si è sfogato il leader del Pd nei colloqui avuti ieri. Per questo ora Bersani vuole accelerare per porre fine alla vicenda, chiedendo ancora una volta ai dirigenti democratici di lasciare alla società civile lo strumento referendario e di impegnarsi nelle sedi giuste per andare oltre la «porcata» di Calderoli. Ovvero, negli organismi del partito e poi alla Camera e al Senato: «Il Pd non si deve occupare di referendum ma fare ciò che è giusto, ossia politica in Parlamento».
Così ieri il segretario del Pd ha evitato di commentare pubblicamente la visita fatta da Walter Veltroni, Arturo Parisi e Pierluigi Castagnetti ad Antonio Di Pietro nel suo studio a Montecitorio (l’ex pm avrebbe garantito l’impegno dell’Idv a sostegno del referendum pro-Mattarellum) che pure non gli ha fatto troppo piacere. E invece ha convocato per il 19 mattina (da domani a giovedì sarà impegnato in un viaggio in Medio Oriente) una Direzione per avere il via libera formale alla bozza discussa nei giorni scorsi in una riunione dei big (che prevede una quota prevalente di seggi attribuita in collegi uninominali maggioritari a doppio turno e una quota minore assegnata col proporzionale) e concordando con Anna Finocchiaro che quella sera stessa il gruppo del Pd depositerà in Senato una proposta di legge su quel modello.
DALLA CGIL NIENTE RACCOLTA DI FIRME
Bersani a questo punto teme quasi di più gli effetti di questa vicenda sul suo partito e su un elettorato che assiste sgomento a questa divisione che non i due referendum contrapposti: per quanto riguarda il primo ha ricevuto dalla Cgil una rassicurazione sul fatto che il sindacato in quanto tale non si impegnerà nella raccolta delle firme (ed effettivamente dal responsabile Organizzazione Enrico Panini arriva una conferma in questo senso), il che renderebbe complicata la raccolta delle 500 mila firme necessarie entro settembre; quanto al secondo, i giuristi con cui si è confrontato gli hanno spiegato che difficilmente la Cassazione accoglierà un referendum che punta alla cosiddetta «reviviscenza» di una legge precedente.
Ma se i due referendum in autunno potrebbero risolversi in un nulla di fatto, è certo che fino ad allora avranno effetti negativi sul partito e sul fronte delle opposizioni, che invece Bersani vuole tenere unito. La proposta di legge messa a punto dal Pd è già stata discussa con i leader di Idv, Udc e Fli, e per come è formulata potrebbe interessare anche la Lega. Ma perché la discussione possa avviarsi su solide basi, è il ragionamento di Bersani, il Pd deve dimostrarsi unito. Pensando anche, ha spiegato ai suoi, che di fronte a una crisi di governo in autunno e quindi a un voto nella primavera prossima, un confronto già aperto in Parlamento sarebbe più utile di un referendum che verrà votato solo in seguito.
L’Unità 08.07.11
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Intervista a Stefano Passigli «Le nostre firme stimolo alle Camere», di Simone Collini
Il docente: «Quesiti nati nella società civile, non è nella mia disponibilità fermare l’iter referendario». Il nostro referendum non nasce nel Pd», dice Stefano Passigli tirandosi fuori dalla «guerra interna» ai Democratici e spiegando di non sentirsi investito dall’appello di Bersani a fermare la macchina avviata. «C’è un referendum nato nella società civile e c’è un comitato promotore trasversale dice il docente universitario non è nella mia disponibilità fermare alcunché».
Neanche se il Pd presenta in Parlamento una proposta di legge elettorale che punta a superare il “Porcellum”?
«Salvo alcuni particolari, apprezzo il modello messo a punto dal Pd, che prevede il doppio turno, e ho sempre pensato che il referendum si pone come stimolo al Parlamento, non fornisce la soluzione finale. Ma finché la situazione rimarrà questa, noi raccoglieremo le firme».
Chi critica il vostro referendum sostiene che eliminando il premio di maggioranza non garantisce governi stabili: come risponde?
«Che né la legge attuale né il Mattarellum si sono dimostrate in grado di garantirli. E anzi prevedendo il turno unico hanno obbligato le coalizioni a cercare fino all’ultimo voto, cioè alla disomogeneità e al potere di ricatto da parte dei piccoli partiti».
I critici dicono anche che non è vero che il vostro referendum farebbe superare le liste bloccate. «Non è così. Anzi, io sono disponibile a sedermi al tavolo con chi sostiene di volere una legge che non preveda liste bloccate e discutere per cercare una convergenza. Se da parte di altri arriva la stessa disponibilità, il nostro comitato promotore potrebbe anche fermare per qualche giorno la raccolta delle firme. Possiamo anche pensare a una strategia comune».
Tutti nel centrosinistra contestano le liste bloccate. «Non direi, se c’è ancora chi propone il ritorno al Mattarellum. Che ci siano liste di candidati o collegi, sono sempre le segreterie dei partiti a dare le carte, a mettere ai primi posti qualcuno piuttosto che un altro, a candidare in un collegio più facile qualcuno piuttosto che un altro. Ma noi adesso dobbiamo ridare ai cittadini la possibilità di scegliere la classe politica. Quanto avvenuto negli ultimi mesi, dal movimento delle donne ai referendum su acqua e nucleare, ci dice che c’è una popolazione che vuole partecipare, che vuole tornare a decidere. Non vorrei che il vero obiettivo del secondo comitato referendario sia mettere sabbia nel nostro motore. Rompere ora il rapporto tra classe politica e cittadinanza sarebbe molto grave».
E tornare a un sistema proporzionale puro no? Il secondo comitato referendario sostiene che col vostro referendum si torna alla Prima Repubblica e si supera il bipolarismo.
«In tutta Europa ci sono leggi proporzionali alle quali corrisponde una divisione bipolare. A parte la Francia, che ha un sistema presidenziale, l’unica eccezione è l’Inghilterra, nella quale al maggioritario corrisponde un tripolarismo e la formazione di coalizioni soltanto dopo le elezioni. È falso che per avere il bipolarismo sia necessario il sistema maggiortario».
L’Unità 08.07.11
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Intervista a Salvatore Vassallo «Il Mattarellum è la risposta giusta», di Maria Zegarelli
Il costituzionalista: «Tornare al proporzionale puro sarebbe un errore». Salvatore Vassallo, costituzionalista, parlamentare Pd, difende il referendum pro-Mattarellum, «tanto più necessario se si dovesse fare quello Passigli». Vassallo, proprio sicuro che i quesiti facciano risorgere il Mattarellum? «È sempre difficile prevedere la valutazione della Corte sui quesiti in generale ed in particolare di quelli che riguardano il sistema elettorale». Quindi qualche dubbio lo avete anche voi?
«Noi con i nostri quesiti diciamo in modo evidente e inequivocabile che l’intenzione è quella di abrogare la legge del 2005 per far rivivere le norme che il Porcellum aveva abrogato o modificato. Questo è abbastanza semplice da capire per chiunque, speriamo che la Consulta possa prendere atto della linearità del quesito e lo possa rendere ammissibile».
Passigli vi accusa di agire contro di lui e ritiene sia una truffa dire che con il proporzionale sparisce il bipolarismo. D’altra parte in Germania è così. «Ci sono diversi sistemi proporzionali. Anche quello che lui considera un punto di riferimento, cioè quello tedesco, nel contesto italiano porterebbe con tutta probabilità in una dinamica non bipolare, nella quale gli elettori non capirebbero per quale maggioranza stanno votando. In Germania storicamente si è consolidato un sistema basato sostanzialmente su due partiti, inoltre quel sistema ha una componente maggioritaria data dal fatto che una metà dei seggi viene assegnata in collegi uninominali. Il sistema elettorale che verrebbe fuori dal referendum Passigli è puramente proporzionale su liste di partito lunghissime e certamente bloccate. Sono sicuro, infatti, che è inammissibile il quesito che ha utilizzato come richiamo per portare consensi alla sua iniziativa, proprio quello sulle liste bloccate».
Il quesito su cui Passigli vi invita a raccogliere le firme insieme per abolire le liste bloccate. Lei sostiene che non verrà accolto? «Ritengo che quello sia un quesito con larghissima probabilità inammissibile e peraltro non è detto che il voto di preferenza sia la soluzione migliore alle liste bloccate. Lo avevamo nella prima Repubblica e abbiamo sperimentato tutti i suoi difetti, tanto che lo abbiamo voluto evitare adottando il collegio uninominale. E quello che ci proponiamo con il nostro referendum è proprio di ripristinare il collegio uninominale».
Se Passigli ritira i suoi quesiti i pro-Mattarellum che faranno? «Queste sono operazioni collettive che per essere smontate richiedono una decisione collettiva». Bersani invita tutti a fare un passo indietro. Dice che il Pd ha una sua proposta e che spetta al Parlamento fare la legge elettorale.
«Noi abbiamo un obbligo morale fortissimo nei confronti dei cittadini italiani a non riportarli al voto con questo sistema elettorale. Se il Parlamento da qui alla primavera prossima è in grado di fare una riforma elettorale non c’è alcun bisogno del referendum e noi parlamentari avremmo assolto la nostra funzione».
L’Unità 08.07.11