Vent’anni di reclusione. È questa le richieste del pm Raffaele Guariniello al termine della sua requisitoria nel processo Eternit che si celebra a Torino contro il miliardario svizzero Stephen Schmideiny e per il barone belga quasi novantenne Louis de Cartier accusati di disastro ambientale doloso in relazione alla dispersione dell’amianto dai loro stabilimenti e omissione volontaria di cautele nel luoghi di lavoro. E sarebbero circa tremila, secondo la procura, le vittime della fibra killer dal 1966a oggi nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale dell’amianto, 1600 soltanto a Casale Monferrato. «Una tragedia immane», l’ha definita Guariniello nel corso della sua requisitoria. «In tanti anni non avevo mai visto una tragedia come questa, che ha colpito regioni diverse nel nostro paese, popolazioni di lavoratori e di cittadini, che continua a seminare morte e che continuerà a farlo chissà per quanto». E proprio in relazione alla continuazione del delitto ilpmha chiesto la pena di venti anni rispetto ai 12 previsti per questo tipo di reato. «È praticamente il massimo possibile della pena – ha osservato Sergio Bonetto, legale di parte civile – nè nell’ambito del lavoro nè in quello dell’ambiente sono mai state previste e comminate pene così gravi in Italia». De Cartier e Schmideiny sono ritenuti responsabili in quanto gestori della società, il primo fino al 1972, il secondo fino alla chiusura avvenuta nel 1986. Perché quello dell’eternit, ha accusato Guariniello, è un disastro avvenuto «sotto un’unica regia in italia e in altri paesi del mondo, senza che mai nessun tribunale abbia chiamato a rispondere i responsabili per l’enorme danno cagionato». L’accusa ha chiesto anche tre pene accessorie: l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, l’incapacità di trattare con la pubblica amministrazione per tre anni e l’interdizione temporanea dalla direzione di imprese per dieci anni. Pene severe, certo, di fronte alle quali le famiglie delle vittime hanno espresso la loro soddisfazione. «Siamo certi che la conclusione di questo processo sarà un momento storico e alto per riflettere sulla qualità dello sviluppo economico-industriale e per la giustizia del nostro Paese e non solo», hanno scritto in un comunicato congiunto i rappresentanti dell’Associazione dei famigliari per le vittime dell’amianto (presieduti da Romana Blasotti Pavesi) e dei sindacati Cgil, Cisl e Uil. «Un momento atteso da trent’anni da tutti noi – hanno commentato parenti delle vittime e sindacati – e da coloro che ancora devono lottare nei tre quarti del pianeta dove l’amianto continua a essere estratto o utilizzato, prenotando ulteriori centinaia di migliaia di malattie e di morti di lavoratori e popolazioni, perlopiù ignare e ancora ingannate in modo criminale». Ora la parola passa per le prossime quattro udienze alle parti civili, poi a settembre tocca alla difesa, la sentenza è prevista entro dicembre.
L’Unità 05.07.11