Sorpresa, l’Italia taglierà drasticamente gli incentivi per le fonti energetiche rinnovabili allo scopo di dare una limatina (la riduzione effettiva sarà solo del 3%) al costo della bolletta elettrica per i cittadini. Poco conta che solo quattro mesi fa – al termine di un lunghissimo dibattito – si fosse deciso di continuare a puntare sull’energia pulita confermando (sia pure con un taglio) le agevolazioni. Poco conta che all’indomani del referendum sul nucleare il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani avesse spiegato che bisognava puntare di più sulle rinnovabili. E a nulla vale che al momento di varare la manovra – come spiega il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo – si fosse deciso di comune accordo in Consiglio dei ministri di non introdurre nessuna novità, anche per il «niet» totale del ministro Romani che a lungo aveva duellato con Calderoli. A quanto si apprende, infatti, nel testo della manovra economica che ancora non è stato consegnato al Quirinale sarebbe stata effettivamente ripristinata la norma che la Lega definisce «taglia bollette», fortemente voluta dal ministro Roberto Calderoli. In pratica, a partire dal primo gennaio 2012, tutti gli incentivi, i benefici e le altre agevolazioni verranno ridotti del 30 per cento. La bolletta elettrica scenderà di circa il 3%, solo di poco quella del gas.
Tra le voci che subirebbero la riduzione sono compresi certamente gli incentivi (pagati in quota parte dagli utenti da molti anni, e lo stesso sarà in futuro) per il decommissioning delle vecchie centrali nucleari chiuse negli Anni 80 e 90. Il taglio riguarda anche i danari erogati per agevolare le fonti energetiche cosiddette Cip6. Uno scandalo italiano: si tratta dell’elettricità prodotta con gli scarti petroliferi e di raffineria e con gli inceneritori di rifiuti. 30 miliardi di euro regalati per anni ai petrolieri italiani e non solo a loro. Ma la mannaia cala anche sulle agevolazioni che rendono più conveniente la diffusione del solare fotovoltaico e dell’eolico, già sforbiciate peraltro con il decreto sul quarto conto energia varato dal governo a marzo.
Secondo il ministro Calderoli e la Lega l’operazione produrrà un taglio del 3% del costo delle bollette elettriche per i cittadini. Un calcolo basato sul fatto che sulle nostre tariffe elettriche attualmente gli «oneri di sistema» incidono per il 13% del valore totale. Di questo 13% di oneri, gli incentivi per le rinnovabili, il decommissioning e soprattutto il «regalo» per chi produce elettricità con le fonti «assimilate» Cip6 (che nel 2009 hanno rappresentato il 71% dei 4,1 miliardi di incentivi erogati dal Gse, l’ente pubblico preposto) rappresentano circa l’80%.
Certamente il «taglia-bollette» sarebbe un durissimo colpo per il nascente settore delle energie veramente pulite (biomasse, solare fotovoltaico, solare termico, eolico). Non a caso nei giorni scorsi le diverse associazioni del comparto avevano protestato definendo «devastante» l’ennesima revisione delle agevolazioni, che peraltro rende materialmente impossibile programmare gli investimenti. Ma a parte questo, parlando concretamente di soldi, sarebbe un po’ una beffa per i consumatori e gli utenti. Una riduzione del 3% a partire da gennaio certamente è meglio di niente, anche se ovviamente il beneficio sarebbe sentito soprattutto dai grandi consumatori di energia, come le industrie. Peccato però che proprio a partire dal primo luglio l’Autorità dell’Energia ha deciso un aumento dell’1,9% delle medesime bollette elettriche. E peccato che con il taglio delle agevolazioni voluto da Calderoli verranno sforbiciati anche i «bonus» sulle bollette della luce e del gas che vengono erogati dallo Stato a 3,6 milioni di famiglie povere, anziani e malati, per un costo di 500 milioni di euro l’anno.
Non resta che aspettare il testo definitivo del pacchetto dei provvedimenti per capire la portata e le conseguenze dell’operazione, che se attuata solleverà grandi polemiche. Per adesso, l’unica reazione – sconcertata – al ripristino della proposta Calderoli è quella del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. «Non vedo come ciò possa accadere – dice -. Il Consiglio dei ministri, dopo ampio e approfondito dibattito, ha approvato la manovra senza quella norma. Non comprendo come si possa ipotizzare una sua reintroduzione».
La Stampa 04.07.11