Fatti in tempi certi. Impegno da parte del governo a realizzare 12 punti programmatici nei prossimi 180 giorni entro le date stabilite». L’ultimatum del Carroccio è stilato in una paginetta asciutta, distribuita in migliaia di copie due domeniche fa sul pratone di Pontida. «Caro Silvio, prendere o lasciare», sibilò Umberto Bossi sotto il sole a picco. Proprio oggi scade il primo mini lotto dell’aut aut leghista e se prendiamo alla lettera il Contratto con i padani, già stasera il governo Berlusconi dovrebbe cadere per il ritiro dell’appoggio leghista. Entro due settimane da Pontida, cioè oggi, infatti, si legge, «il consiglio dei ministri deve varare la riforma costituzionale che stabilisce il dimezzamento del numero dei parlamentari e la nascita del senato federale. Tempo per l’approvazione definitiva da parte del Parlamento: 15 mesi». Ma di questo provvedimento non c’è traccia. Solo una vaga notizia di invio all’esame del pre Cdm di una bozza di riforma costituzionale di cui sopra. Ma se anche fosse, e venisse approvata chiavi in mano, sarebbe fuori tempo rispetto al timing di Pontida.
Altra scadenza fissata a due settimane: «approvazione in Cdm del decreto legge sulle missioni militari: riduzione dei costosissimi contingenti all’estero». Anche qui. Nulla di ciò è arrivato sul tavolo di palazzo Chigi. La Padania ieri vantava come un successo l’aver bloccato «il tentativo di incrementi per gli stanziamenti per missioni militari». Di più. «A breve, nel decreto legge relativo, chiederemo la loro concreta riduzione». Il fatto stesso che si annunci un decreto a breve, dimostra la (seconda) violazione contrattuale dell’agenda di Pontida. Né basta il solito Roberto Calderoli che minaccia fuoco e fiamme: «O il governo ridurrà l’impegno nelle missioni internazionali o la Lega non voterà il decreto per il rifinanziamento» e avverte e insiste: «O la Lega porta risultati o se ne va e lascia Berlusconi ai suoi divertimenti». «La guerra in Libia? Cesserà a settembre», rincara da Cassano Magnago il Senatùr. Può darsi, per ora di certo c’è solo il seguente comma in manovra: «al fine di prolungare la partecipazione italiana alle missioni internazionali, per il 2011 la dotazione del relativo fondo è incrementata di 700 milioni di euro». Del resto si discuterà al Consiglio supremo di difesa convocato per il 6 luglio. Forse.
Insomma basterebbero queste due violazioni per aprire la crisi di governo carta padana canta – se la Lega facesse la Lega; invece un Carroccio ormai romanizzato e avvinghiato mestamente al Cavaliere decide persino di festeggiarsi. «Primo tagliando dopo Pontida», spara La Padania di ieri, rivendicando il drizzone al governo che l’ultimatum bossiano avrebbe magicamente prodotto. E via con una maxi tabella su 15 punti titolata «Obiettivi di Pontida, tabella di marcia». All’interno ci sono tante cose, alcune raggiunte o avviate, altre solo dei desiderata. Ad esempio la rivendicazione sbandierata su due ministeri decentrati a Monza «entro fine luglio», nel contratto di Pontida non è contemplata, nonostante Bossi continui a ripetere che anche Tremonti si trasferirà a Villa Reale (sic!). E ancora. La celebrazione di alcuni punti fissati ad un mese nell’agenda di Pontida («attivazione delle norme per dare ulteriori forme di autonomia alle regioni che le abbiano richieste; riduzione delle bollette energetiche; riforma del patto di stabilità interno per Comuni e Province; taglio dei costi della politica; finanziamento del trasporto pubblico locale; avvio dell’abolizione delle misure fiscali vessatorie di Equitalia»), secondo la Padania addirittura già centrati, richiedono un chiarimento.
Sulla riduzione delle bollette energetiche va detto che il Carroccio ammette il flop arrendendosi ai rincari di luce e gas previsti in manovra. Ma anche sui costi della politica ci si deve accontentare di un taglio del 10% dei rimborsi elettorali. Il resto è rinviato ad una Commissione e comunque a partire dalla prossima legislatura. C’è poi la promessa solenne di revisione del patto di stabilità per i comuni virtuosi e l’esclusione dai tagli per quegli enti coi conti a posto. «Tremonti lascia stare i nostri comuni, altrimenti i voti non te li diamo», tuonò Bossi dal pratone. In teoria il processo è avviato ma c’è molto scetticismo sul provvedimento. Per gli esperti de Il Sole 24Ore andrebbero «aboliti due difetti importanti degli indicatori di virtuosità: la difficile applicazione e gli effetti distorsivi che premiamo e o puniscono a prescindere dal vero merito della gestione». In ogni caso sarà una riforma in vigore dal 2013. Cioè tra 2 anni. Subito per gli enti locali ci sono i tagli: altri 9,6 miliardi sul biennio 2013-2014 dopo i 14,8 sul 2011-2012 che uccidono in culla il federalismo fiscale. Te lo dicono scoraggiati molti sindaci leghisti, divisi tra ragion di partito e comunità allo stremo.
Solo in Lombardia, se confrontiamo le entrate correnti con le spese di personale e servizi, ci sono mille Comuni su 1536 a rischio default. In Veneto, l’altra Vandea leghista, i Comuni hanno subito tagli al 27% del totale trasferimenti da Roma nel quinquennio 2004-2009. A cui si aggiunge un altro colpo di scure da 260 milioni quest’anno e da 300 nel 2012. Non basta. Nella tabella di ieri La Padania rivendica come punti già messi in cantiere alcune promesse che l’agenda di Pontida fissa a due mesi o scagliona entro l’anno. Si tratta della «definizione dei costi standard da applicarsi alle amministrazioni dello Stato; approvazione della proposta di legge di riforma fiscale con approvazione definitiva in Parlamento per fine anno; soluzione definitiva della questione quote latte; varo codice delle autonomie».
Anche qui: sulle quote latte la Lega in effetti ha vinto in anticipo ottenendo in manovra lo stop alle procedure di riscossione coattiva di Equitalia, alla faccia degli allevatori che hanno pagato regolarmente. Sulla riforma fiscale tanto attesa, partirà una legge delega a 3 anni, dunque i benefici saranno molto posticipati. Non è invece menzionato nella tabella di ieri il Codice delle autonomie promesso a Pontida, ma tanto c’è tempo fino a Natale. Sempre che il governo resti in piedi. Da Contratto con i padani, infatti, dovrebbe cadere entro sera…
La Stampa 03.07.11