L’azienda manda via solo le dipendenti. Gli uomini non scioperano. Niente pane e niente rose per le operaie della Ma-Vib: il loro datore di lavoro, alle prese con i conti della crisi, vorrebbe licenziare solo le dipendenti donne, ma di fronte allo sciopero di ieri mattina indetto dalla Fiom i colleghi maschi (non tutti) hanno preferito non partecipare. Per la forza lavoro in rosa della piccola fabbrica di Inzago, paese al confine tra le province di Milano e Bergamo, traballa il posto di lavoro (il pane), ma anche quel sentimento di solidarietà e affetto (le rose) che sarebbe dovuto a chi si trova nella loro condizione. Il cinema ha anticipato la realtà: la vicenda delle operaie di Inzago pare ricalcare quella del film di Nigel Cole We want sex: sul set americano così come nella vita reale lombarda ci sono un gruppo di donne che devono lottare il doppio per sconfiggere le discriminazioni sul luogo di lavoro. Ora, importa fino a un certo punto che i titolari della Ma-Vib, azienda che produce motori per condizionatori d’aria, abbiano smentito dopo molte insistenze di aver mai avuto intenzioni sessiste; importa invece sottolineare la reazione (o non reazione) che la situazione delle operaie di Inzago ha determinato. Non sono tempi facili per le piccole aziende come la Ma-Vib i cui responsabili mercoledì avevano incontrato i sindacati nella sede della Confapi di Milano, associazione a cui aderiscono. «La situazione era già di per sé anomala— attacca Fabio Mangiafico, il funzionario della Fiom che segue la fabbrica — perché i quattro mesi di cassa integrazione avevano già colpito solo la manodopera femminile. Al tavolo della trattativa l’azienda ha annunciato di voler tagliare il personale, lasciando intendere che il provvedimento avrebbe riguardato solo le donne “perché tanto loro sono madri di famiglia, possono curare i figli e il loro è il secondo stipendio”» . I proprietari della Ma-Vib solo nel tardo pomeriggio hanno smentito di aver pronunciato quella frase. («È solo una montatura politica, non aggiungiamo altro proprio per tutelare i lavoratori» ). Dette o non dette, resta che quelle parole scatenano una reazione sorprendente: la Fiom indice uno sciopero con presidio davanti al cancello della fabbrica. Tutte le donne (18 su 30 dipendenti) aderiscono, non così i colleghi maschi: secondo il sindacato 6 di loro timbrano regolarmente il cartellino e degli altri uno solo partecipa al presidio. Dettaglio: lì dentro non lavorano né coppie di coniugi né di fidanzati. Almeno la quiete domestica è assicurata, ma la situazione nel suo complesso imbarazza il sindacato. «Qualcuno degli uomini è anche iscritto alla Fiom— si rammarica Mangiafico— e qualche parolina gliela avrei sicuramente detta. Ma questa non è una lotta di maschi contro femmine. Le donne sono quelle che stanno pagando di più la crisi, non solo qui a Inzago, e senza di loro la produzione si ferma» . «Ma uno sciopero in questo momento ci pareva esagerato; le lettere di licenziamento non sono partite, è solo un’ipotesi» si giustifica uno di quelli che ieri ha lavorato in barba alla protesta, ma che vuole restare anonimo. Comune di Inzago e Provincia di Milano hanno già espresso la loro solidarietà alle operaie. E i maschietti? Giusto oggi hanno a disposizione una prova d’appello: alla Ma-Vib è prevista una seconda giornata di sciopero. Non sarà difficile fare la conta degli assenti e dei presenti.
Il Corriere della Sera 01.07.11