attualità, economia, politica italiana

"Tremonti pronto alle dimissioni", di Francesco Bei

Giulio Tremonti, è pronto alle dimissioni. Dopo le critiche di Pdl e Lega alla manovra da 45 miliardi di euro il ministro diserterà il vertice di maggioranza previsto per stamani. Summit dedicato alle misure per la finanza pubblica. Bossi minaccia di trattare solo con Berlusconi mentre crescono i timori per l´asta dei Btp di oggi: gli spread con i bund tedeschi sono ai massimi storici. Chi ha sondato Tremonti riferisce che il ministro resta impermeabile a ogni richiesta di ammorbidimento della manovra. «Chi parla in questi termini – ripete Tremonti – non ha capito cosa sta succedendo sui mercati. Venerdì scorso lo spread tra Btp e Bund ha sfondato il record, pensavamo fosse finita, e oggi il differenziale ha raggiunto i 223 punti: 9 in più rispetto a venerdì». Ma le prediche di Tremonti restano inutili. Ha un bel dire il ministro che «rischiamo la Grecia», che lui non metterà mai la firma su una manovra all´acqua di rose che possa «mettere a rischio i titoli pubblici e quindi i risparmi di milioni di famiglie italiane». Berlusconi non ci sente, Bossi nemmeno. Eppure a Via XX Settembre la risposta per ora è ancora più netta: «Va a finire che i nostri btp diventeranno come i Tango-bond. I mercati non ci perdonerebbero una manovra soft».
Questa mattina i tre si vedranno prima del vertice di maggioranza per tentare un´ultima mediazione. Ma Tremonti avrebbe persino deciso di disertare il summit allargato a palazzo Grazioli per non farsi mettere in un angolo. Giocando la carta finale, quella minaccia di dimissioni che dovrebbe riportare alla ragione i due azionisti del centrodestra, Bossi e Berlusconi. E tuttavia, se in passato questa tattica ha prodotto risultati, sembra proprio che il premier stavolta non sia dell´idea di trattenere Tremonti. Lasciandolo andare, insalutato ospite, al suo destino. La violenta polemica scatenata contro il ministro da un fedelissimo del premier, Guido Crosetto, è stata la spia del malumore che cova a palazzo Grazioli. «Sono stanco – dice in privato il Cavaliere – di sentirmi dire: o così o niente. Questa volta Giulio, se insiste, potrà essere sostituito». Decisioni non sono ancora state prese, si tratta al momento di una partita a scacchi appena iniziata tra due giocatori – Berlusconi e Tremonti – che conoscono a menadito ciascuno le mosse dell´altro. «Io – osserva il premier – condivido l´obiettivo del pareggio di bilancio, la tutela del debito italiano. Ma Tremonti non propone nulla per lo sviluppo e se il Pil non cresce, anche il rapporto con il debito è destinato a peggiorare». Sono due “verità” al momento inconciliabili e destinate a cozzare. Oltretutto, a peggiorare il clima, c´è anche una certa ruvidezza del personaggio, che sta facendo andare fuori dai gangheri i suoi colleghi di governo. «Nessuno di noi conosce questa benedetta manovra – confida un ministro furioso – , Tremonti non ce l´ha fatta leggere. Ma se pensa di fare come l´altra volta, di farci votare in 3 minuti un pacco misterioso, si sbaglia di grosso».
Tremonti non si è fatto molti amici neppure in Parlamento, dove il progetto di tagliare i costi della politica ha fatto andare sulle barricate mezza maggioranza. «Quello che tagliò meglio di tutti i costi della politica – ricorda il ministro Gianfranco Rotondi – fu il cavaliere Benito Mussolini. E anche allora i giornali applaudirono. Questo non significa che fosse una cosa giusto. Oltretutto è come se il Cda di un´azienda pensasse di andare avanti insultando e prendendo a schiaffi gli azionisti: i parlamentari alla fine si arrabbiano e ti mandano a casa, tanto dal primo maggio non si può più minacciare elezioni anticipate. E io a casa non ci voglio andare».
L´arma forte di Tremonti, quella con cui è certo di poter mettere ancora una volta a tacere tutte le critiche, è ovviamente la minaccia di un attacco fenomenale della speculazione. Il rischio c´è, è concreto, e il crollo simultaneo di tutti i titoli bancari lo scorso venerdì è stata un´avvisaglia di quello che potrebbe accadere. Anche Napolitano predica cautela e vigilia sulle mosse del governo. Per questo il Cavaliere, consapevole che la linea di Tremonti al momento è “dopo di me il diluvio”, per rafforzare la sua posizione negoziale si sta dando da fare per immaginare un sostituto. Purtroppo per lui i nomi spendibili, quelli davvero in grado di rassicurare i mercati, non sono molti e quei pochi titolati non hanno intenzione di farsi arruolare in un esecutivo dalle prospettive incerte. Ma nelle ultime ore si sta facendo strada un candidato su tutti gli altri: Lorenzo Bini Smaghi. Membro del board della Bce, Bini Smaghi è in corsa per andare al vertice della Banca d´Italia dopo l´accordo raggiunto all´ultimo Consiglio europeo sulle sue dimissioni da banchiere europeo. Un nome in grado di tranquillizzare i mercati, soprattutto se iniziasse a circolare da subito, su cui il Quirinale non potrebbe sollevare obiezioni.
Al momento tuttavia si tratta solo di voci dentro il governo, la partita deve ancora cominciare. Giorni fa, sicuro del fatto suo, Tremonti ha ricordato un aneddoto a un amico, a dimostrazione che il Cavaliere fa la faccia feroce ma alla fine si rivela un agnellino. «L´anno scorso ci provò allo stesso modo ad evitare la manovra. Mi disse: ma perché non facciamo un bel condono? Poi se andò a via dei Coronari, in giro per antiquari, e dichiarò alle agenzie che lui il decreto ancora non l´aveva firmato. In realtà la manovra stava già sul tavolo di Napolitano per la promulgazione».

La Repubblica 28.06.11

******

L´ira di commercianti e consumatori “Così alzate i prezzi e uccidete i consumi”, di Luisa Grion

Il passaggio all´11 e al 21%, secondo Confcommercio, dà un gettito aggiuntivo “teorico” . Federdistribuzione: così si ferma la crescita in un momento in cui va stimolata. Un punto in più per due aliquote su tre: se le indiscrezioni saranno confermate l´aumento dell´Iva ci sarà. Contrariamente a quanto annunciato dal governo qualche giorno fa alla platea di Confcommercio, l´imposta sul valore aggiunto sarà ritoccata. Lo prevede la bozza di riforma fiscale allo studio dell´esecutivo. Tre paginette appena dove – oltre al rimodulazione dell´ Irpef – alla voce Iva si dice che, ferma restando l´aliquota del 4 per cento, quella del 10 e quella del 20 aumenteranno di un punto.
L´ipotesi, se confermata dal Consiglio dei ministri di giovedì, è destinata ad avere forte impatto e a suscitare molti scontenti. Il fatto di lasciare ferma la prima aliquota, quella del 4 per cento, non placa le polemiche sollevate da negozi e catene distributive. La stessa Confcommercio fa notare che solo il 3 per cento dell´intero gettito Iva proviene dalla prima aliquota, quella fissata oggi al 10 per cento ne determina il 21, quella ora calcolata al 20 ha un impatto sul gettito totale pari al 76 per cento. Ecco quindi perché l´associazione guidata da Carlo Sangalli non rivede le stime e i giudizi formulati solo qualche giorno fa e precisa che «allo scambio meno Irpef più Iva non ci sta». Il passaggio all´11 e al 21 per cento, secondo il centro studi della Confcommercio, condurrà ad un gettito aggiuntivo «teorico» (perché resta alta l´evasione dell´imposta) di 6,6 miliardi di euro circa e ad una riduzione dei consumi reali dello 0,9, destinato a raggiungere l´1 per cento grazie agli effetti depressivi sul turismo. La manovra, così come si prospetta, non piace quindi né ai negozianti, né ai consumatori. Le Coop calcolano che «l´incremento dell´Iva potrà pesare per 290 euro di costi addizionali sui consumi della famiglia media». «Dentro i termini interessati all´aumento – specificano – ci sono prodotti come le carni, i biscotti, cereali, ma anche i prodotti farmaceutici, le bollette del gas e dell´elettricità. E´ una mossa perfetta per affossare la già scarsa propensione al consumo e per peggiorare le condizioni di vita dei ceti meno abbienti». Critica anche Federalimentare, aderente a Confindustria, e Federdistribuzione, l´associazione che raggruppa le principali aziende della distribuzione moderna: «aumentare l´Iva – specifica – vuol dire frenare la crescita in un momento in cui bisognerebbe invece stimolare la domanda interna». Per essere chiari, precisa Federdistribuzione, «carne, salumi e zucchero stanno al 10 per cento, abbigliamento per bambini, prodotti per la casa e la cura della persona al 20». Stessa linea per Rosario Trefiletti che parla a nome di Federconsumatori e Adusbef, associazioni dei consumatori: «E´ una manovra sciagurata – commenta – basti pensare che riguarda anche la vendita della benzina: il prodotto è un formidabile acceleratore per ricadute sia dirette che indirette». I casi, secondo Trefiletti, saranno due: «o aumenterà l´inflazione o scenderanno i consumi». L´unica stima a favore della ipotesi allo studio arriva dagli artigiani di Mestre, secondo la Cgia: «dal mix di riforma Irpef e Iva si prospettano risparmi medi d´imposta dai 435 ai 573 euro a famiglia» .