Il Partito democratico anticipa le elezioni. Le vince, va al governo e il berlusconismo tramonta davvero. Cosa si fa una volta approdati a Palazzo Chigi? La lunga simulazione è cominciata ieri durante un seminario a porte chiuse organizzato dalla Fondazione Italianieuropei. Tre soli ospiti: il segretario del Pd Bersani, la presidente Bindi e il capo della minoranza interna Veltroni. Al riparo da giornalisti e telecamere, professori e politici dell´associazione guidata da Massimo D´Alema hanno discusso con i vertici del Pd facendo finta che l´ora X sia già qui, dietro l´angolo. Le sorprese non mancano. D´Alema dimentica gli scontri feroci degli anni passati e apre al contributo della società civile. Almeno nella versione offerta da Pier Luigi Bersani. «Possiamo e dobbiamo stare accanto a quei movimenti che non chiedono solo la difesa dell´esistente ma propongono un´innovazione», spiega il leader. Il presidente del Copasir annuisce e osserva senza verve polemica: «Guardate Milano. La cosa più curiosa è che abbia vinto Pisapia con i suoi 15 anni di parlamento sulle spalle. Noi in fondo, con Boeri, avevamo fatto una scelta più aperta a ciò che sta fuori dai partiti».
Parlano i professori della Fondazione (Guerrieri, Gotor, Viesti) nella sede di Piazza Farnese. Introduce Giuliano Amato, relaziona Alfredo Reichlin, si confrontano gli altri membri politici del comitato di indirizzo: il responsabile Esteri Lapo Pistelli, Gianni Cuperlo, Roberto Gualtieri, Enrico Letta. Mai pronunciata la parola primarie, né leadership, né alleanze. Gli accademici prendono di petto il tema conti pubblici e rapporto con l´Europa. Disegnano un quadro drammatico che non lascia margini di manovra alla politica. Altro che riforme fiscali, patti di stabilità corretti e simili operazioni. Letta condivide questa analisi: quello che impone Bruxelles va seguito alla lettera per evitare la catastrofe. Reichlin confuta. E D´Alema corregge profondamente: «Nel giro di tre anni andranno al voto Francia, Italia e Germania. Le politiche del centrodestra non sono un dato immutabile. Un nuovo centrosinistra, unito a livello continentale, può mutare gli indirizzi rispettando il rigore dei conti». Ma con la crisi, con il nostro debito monstre, con il rientro obbligato dovrà fare i conti il Pd se raggiungerà le stanze dei bottoni, a Palazzo Chigi e a Via XX settembre. Per questo la simulazione si concentra a lungo sull´economia.
Il primato della politica in Europa e in Italia è un pallino di D´Alema. Che però apre la porta al vento dei movimenti. Sono le tracce lasciate dai referendum e dal successo delle primarie. «Non dobbiamo fare l´operazione tradizionale dei vecchi partiti – spiega Bersani – . Ossia cooptare le spinte dal basso, assorbirle per relegarle in un angolo. Il partito sta dalla parte della società civile che fa una proposta e respinge le piattaforme che non condivide». Il dalemiano Gualtieri, eurodeputato, sottoscrive: «Non esiste una contraddizione tra partito solido e partito aperto». Lucia Annunziata e Cuperlo confidano invece i loro timori sugli effetti dell´antipolitica.
Walter Veltroni spiega perché la risposta a una società civile attiva e viva resti il bipolarismo. «Quello vero – dice – non quello che divide il Paese in berlusconiani e antiberlusconiani. Fissare vincoli e programmi è meglio del ritorno a governi contrattati tanto più con partiti così deboli, molti diversi dai loro parenti della Prima repubblica». Ma il Pd, insiste l´ex segretario, dev´essere «la risposta alla crisi del berlusconismo. La fine di un´epoca lo investe di una responsabilità enorme: diventare l´elemento centrale del cambiamento». Riscoprire, in sintesi, la vocazione maggioritaria. Davvero, nel lungo seminario, il Pd fa finta di aver già tagliato il traguardo. Di trovarsi a gestire una fase delicata e molto difficile. «Di queste cose occorre parlare anche fuori di qui – avverte Cuperlo -. La gente non ne può più delle discussioni sul leader». Ci riuscirà il Pd? Intanto fa le prove generali. Si sta preparando, è questa la novità.
La Repubblica 28.07.11