«Dialogo con l´opposizione? Vada via, lasci Palazzo Chigi. L´anomalia è proprio lui, è lui che blocca il sistema italiano. Senza Silvio Berlusconi in campo, tutto diventerebbe politicamente possibile…».
Le dimissioni del premier, onorevole Franceschini, per il Pd che scenari aprirebbero?
«La strada maestra per noi resta il voto: alle urne, con una nuova legge elettorale. Ma se non fosse possibile, una volta uscito di scena Berlusconi anche altre opzioni potrebbero maturare. Un governo di transizione, di cui si è già parlato, col compito principale appunto di cambiare la legge elettorale. Ma anche l´ipotesi di un nuovo governo di centrodestra, guidato da una diversa personalità di questo schieramento, e con cui il centrosinistra potrebbe provare a riprendere il confronto. Un rapporto finalmente normale, fra maggioranza e opposizione».
Una via percorribile?
«Ogni cosa è meglio di Berlusconi. Ma, certo, di difficile realizzazione. Quasi un´ipotesi accademica, di scuola. Finchè nel centrodestra quelli che si lamentano in privato, poi in pubblico non escono allo scoperto. Sono impauriti perché hanno visto che alle prime critiche Fini è stato cacciato».
Ma dovesse mai prendere corpo un altro governo di centrodestra, che spazio potrebbe aprirsi per il Pd?
«Quello di un confronto costruttivo tra maggioranza e opposizione nella parte finale di questa legislatura».
Le sirene del dialogo che il premier rilancia possono far breccia in qualche altro settore del centrosinistra, per esempio Di Pietro?
«Confesso di essere rimasto senza parole di fronte all´intervento pronunciato in aula da Di Pietro, nel dibattito sulla verifica, e dal suo attacco al Pd anziché al governo. Il compito che abbiamo di fronte è prima di tutto chiudere con la stagione del berlusconismo, e poi ricostruire sulle macerie che purtroppo ci lascerà in eredità. Nessun espediente tattico, di riposizionamento, e nessun trabocchetto, devono distrarci da questo obiettivo. E non si tratta di essere ossessionati, accecati dal “nemico” Berlusconi: si tratta di una necessità storica».
Il Cavaliere annuncia una svolta nel Pdl, con l´arrivo al vertice di Angelino Alfano.
«Non cambierà proprio nulla, sarà sempre Berlusconi a dettare legge. Alfano ha ubbidito ai suoi ordini da ministro della Giustizia, figuriamoci da segretario».
Anche questa è una bufala?
«Berlusconi, proprio mentre lancia i suoi appelli al dialogo con l´opposizione, in piena vicenda P4 si ripresenta in Parlamento con le norme delinquenziali per bloccare le intercettazioni come strumento di indagine, ostacolare il lavoro dei magistrati, tentare di mettere il bavaglio alla stampa e continuare a farla franca. Ci riprova, con la legge che esattamente un anno fa alla Camera l´opposizione fece saltare. E come se non bastasse, mercoledì arriva in aula anche l´emendamento, inserito in modo del tutto strumentale nella legge comunitaria, per inasprire la responsabilità civile dei magistrati».
Ma perché vi tende la mano?
«Perché pensa di non poter andar via, e lancia l´sos. E´ prigioniero di tutti i suoi incubi, a cominciare da quello giudiziario. Quando Berlusconi ha il vento in poppa, usa arroganza e prepotenza. Quando è in difficoltà, tira fuori lo specchietto delle allodole del dialogo. Impossibile cascarci. In un paese normale, in qualsiasi altra situazione, un uomo politico nelle sue condizioni si sarebbe fatto da parte. Se non per il bene del suo paese, almeno per salvare la sua maggioranza».
Anche se ha raggiunto quota 317 alla Camera, la più alta dopo la scissione di Fini?
«Ma i numeri sempre gli stessi, non c´è stato alcun allargamento. I conti sono presto fatti. Dispongono di 320 voti (nell´ultima votazione erano assenti in tre) ma garantiti solo con la presenza massiccia in aula di tutti i ministri e i sottosegretari. Che però si presentano soltanto quando c´è in ballo la fiducia al governo. Per cui, in tutte le altre occasioni, la maggioranza è allo sbando, e rischia di finire sotto. Il risultato è la paralisi completa di ogni attività legislativa. Un governo con in Parlamento una maggioranza raffazzonata, grazie a poltrone concesse e promesse, e che nel paese è minoranza».
Per il risultato delle amministrative?
«Non solo. Anche per quel che hanno dimostrato i referendum. Ha votato il 57 per cento degli italiani, con il 95 per cento di sì alla cancellazione del legittimo impedimento. Ma il 95 per cento di quel 57 significa che la maggioranza degli italiani – visto che è il 54 per cento – ha voltato le spalle ormai a Berlusconi e alla sue leggi ad personam».
La Repubblica 27.06.11