La distanza tra il premier, impegnato nell’aula della camera sulla verifica di maggioranza, e il ministro dell’economia Giulio Tremonti ieri non era solo quella che si poteva calcolare tra i banchi del governo. Il gelo, tra i due, era palpabile.
Tremonti, seduto all’ultimo posto dei banchi del governo, spedirà oggi uno screditato Berlusconi al vertice europeo senza i dettagli della manovra da oltre 40 miliardi di euro. Il colloquio successivo – alla presenza del collega Calderoli – non è riuscito a riscaldare il gelido confronto tra i due.
Tanto più che il bluff di queste ore del premier cadrà la prossima settimana quando si capiranno i sacrifici richiesti agli italiani in cambio di una promessa di riforma fiscale. Una riforma che, come già quella presentata nel 2003, sarà inserita in una delega definita dagli stessi parlamentari della maggioranza light. Sostanzialmente una dichiarazione d’intenti a futura memoria.
Se Tremonti non ha gradito che il premier al senato avesse posto l’enfasi sul taglio delle tasse piuttosto che sulla manovra proprio mentre sui mercati la tensione sui debiti sovrani europei restava palpabile, ieri nell’aula della camera ha di fatto commissariato il governo mettendo una distanza non solo fisica tra sé e il Cavaliere.
Tanto più che per l’immediato futuro ad averla spuntata, anche alla luce degli scenari internazionali, è proprio Tremonti che in queste ore conterebbe anche di incassare un sostanziale via libera per la nomina di Vittorio Grilli alla guida della Banca d’Italia; il che sbloccherebbe di fatto anche il niet di Lorenzo Bini Smaghi a dimettersi dal board della Bce per far posto a un francese visto che gli si aprirebbero nuovamente le porte del Tesoro.
Se il magico mondo di Berlusconi, come raccontato ieri dal premier alla camera, non prevede lacrime e sangue, il ministro è in queste ore in trincea per rendere credibile sui mercati internazionali le scelte che saranno d’ora in poi adottate in tema di finanza pubblica.
E, così, per i primi giorni della prossima settimana, è previsto il varo da parte del consiglio dei ministri della manovra triennale, dal cui dettaglio dipende di fatto la credibilità dell’Italia sui mercati e la valutazione delle agenzie di rating.
Una manovra da 43 miliardi di euro che dovrà essere approvata dal parlamento entro i primi giorni di agosto e che, come lo stesso Tremonti aveva anticipato nell’assemblea di Confartigianato, conterrà misure di semplice manutenzione dei conti per l’anno in corso e per il prossimo, per un totale di circa 7-8 miliardi. Il massimo sforzo per giungere al pareggio di bilancio sarà rinviato al biennio 2013-2014 quando sono previste rispettivamente misure per 20 e 15 miliardi di euro.
Misure che saranno dettagliate ora ma che insisteranno sul prossimo governo; misure che, nel migliore dei casi, non freneranno la crescita ma non la stimoleranno nemmeno con il risultato che l’Italia risulterà ancora il fanalino di coda di un’Europa che è già ultima nella classifica dello sviluppo. Vista l’entità delle risorse da reperire, il ministro non guarderà troppo per il sottile e confermerà il blocco del turn over nel pubblico impiego e il congelamento degli aumenti salariali per i dipendenti dal 2013 sarà portato al 2014. Risparmi di spesa per la sanità, tagli per i comuni e una contrazione delle spese per i ministri faranno il resto.
Sarebbe poi allo studio una nuova manovra sulle pensioni: potrebbe essere anticipato al 2013 l’adeguamento dell’età pensionabile all’aumento dell’aspettativa di vita, previsto oggi per il 2015, e contemporaneamente potrebbe essere ridotto il periodo che intercorre tra una revisione e l’altra. Tuttavia, al momento non si esclude che nella manovra sia previsto anche l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nel privato, che sia fissato un tetto alle cosiddette pensioni d’oro e che siano innalzati i contributi per i collaboratori.
Se per il fisco Tremonti, nell’indeterminatezza della delega, starebbe accarezzando l’idea di agitare la scure sulle 476 agevolazioni tributarie al fine di ricavare un gettito da 16 miliardi di euro da impiegare più per ripianare i conti pubblici che per finanziare un’incerta, riforma, sono al momento molte le voci che si alzano per chiedere un’aderenza alla realtà.
A cominciare dall’ex premier Romano Prodi che, in un’intervista a Il Mattino, ha definito lunare il taglio delle tasse a meno non si decida di recuperare l’evasione («ma non mi sembra questo il caso…»). E se Prodi chiede di investire sul futuro e boccia la politica di tagli lineari di Tremonti, il Nens di Visco e Bersani lancia l’allarme su un buco di circa 9 miliardi di euro dovuto a una sovrastima delle entrate per il biennio 2011-2012 e spiega come allo stato attuale ci sia necessità di una manovra correttiva da 50-60 miliardi di euro.
Tutto tace invece sul fronte di un possibile aumento dell’Iva (si era ipotizzato addirittura di portare da 4 a 6% la prima aliquota) per la netta opposizione della Confcommercio che teme un crollo della spesa annua per le famiglie pari a 341 euro con effetti depressivi sui consumi e recessivi sul Pil. E proprio oggi la Confederazione guidata da Sangalli ha convocato la propria assemblea dove non parleranno né Berlusconi, né Tremonti.
da Europa Quotidiano 23.06.11