Il caos provocato dalla griglia digitale errata pubblicata sul sito dell’Invalsi, per correggere le prove degli studenti, è solo l’ultimo segnale della débacle del ministero di Viale Trastevere e di un Governo ormai allo sbando. L’Invalsi è commissariato da mesi e con i lavoratori precari in rivolta. Così si ridicolizza una delle giornate più importanti di un intero anno scolastico: la prova d’esame. Il problema, purtroppo, è che non c’è più un solo pezzo di scuola che si stia salvando dalla Caporetto in cui continua a trascinarla il ministro Gelmini. Un ministro indisponibile a qualsiasi forma di confronto; di fatto commissariata dal ministro dell’Economia che ha fatto del comparto scuola una cassa veloce per ripianare i conti pubblici; in prima fila per difendere le sorti del premier ma mai quelle della scuola pubblica. Alla sciatteria fa da contrappeso la continua arroganza di un governo che non perde occasione per denigrare i lavoratori della scuola e che, quando è costretto a occuparsi di educazione, oscilla fra la protervia e il ridicolo con proposte di fantomatiche commissioni di inchiesta sui libri di testo, che si immaginano stampati clandestinamente nei sotterranei di qualche tipografia bolscevica. O, come fa la Lega, che con una mano taglia 132mila posti di lavoro ai precari e con l’altra cerca di rabbonirli promettendo bonus di punti incostituzionali in graduatoria. Il tasso di crescita del reddito procapite di un paese aumenta dell’ 1,7% se si incrementa di 100 punti il punteggio “Pisa” degli studenti. Sostanzialmente è poco più della differenza tra il nord e il sud del Paese. Quindi se decidessimo di investire per far crescere le competenze dei ragazzi del sud con servizi 0-6 di qualità, diffondendo il tempo pieno, dimezzandone la dispersione, nel2025avremmoriallineato il reddito pro capite, chiudendo il problema dei divari territoriali che accompagna questo paese da 150 anni. Nelle cento Scampia d’Italia è ora che fiorisca il germoglio della classe dirigente, non quello della malavita. In Campania invece si tagliano oltre 2200 insegnanti, di cui 150 nella scuola dell’infanzia, facendo crescere le già smisurate liste d’attesa per varcare la soglia di una scuola nell’età più fertile per apprendere. E Caldoro chiude, nonostante i fondi europei disponibili in cassa, il progetto “scuole aperte” inaugurato dal Centrosinistra, per sottrarre i ragazzi dalla strada nelle zone a più alta infiltrazione camorristica. Chissà se il ministro Gelmini o il premier Berlusconi, così generoso e pronto ad aiutare minorenni in difficoltà, hanno mai sentito parlare di Anthony Fontanarosa e Domenico Volpicelli. Due adolescenti campani che avevano in testa i sogni e le speranze di ogni giovane. Forse avrebbero potuto imparare teoremi di geometria o amare la letteratura italiana e conoscere a menadito la grammatica greca. Ma nessuno ha mai dato loro una possibilità. Erano i figli di chi ha la sventura sopra la porta di casa. Quando quest’anno sono morti per rapine fallite avevano 16 anni e le aule di scuola le avevano abbandonate da tempo. Ha detto il babbo di unadelle vittime del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia – altro tragico esempio di emergenza nazionale irrisolta dal Governo per mettere in sicurezza le scuole – che «un Paese civile dovrebbe offrire un sistema di istruzione di qualità a tutti. A molti, invece, offre solo funerali». L’ignoranza, come sostiene l’economista Erik Hanushek, ha un costo. La scuola oggi non riesce a colmare le disuguaglianze, quindi non basta difendere l’esistente, dobbiamo dare a questo Paese una prospettiva di cambiamento. Quello che non ha saputo fare la Gelmini con le sue riforme, fatte di maestri unici, di grembiulini e di cinque in condotta al tempo delle teste veloci dei nativi digitali. Oggi per mezzo milione di studenti iniziano gli esami di maturità. I primi a dover dare dimostrazione di averne siedono ai banchi del Governo del Paese. Se ne vadano.
L’Unità 22.06.11