Giorno: 21 Giugno 2011

"Vinto il concorso pubblico? Niente lavoro per 70 mila", di Maria Grazia Gerina

Più che l’ultima frontiera del precariato sembrano il frutto di una assurda sperimentazione sociale. Perché in quale paese normale può accadere che uno vince un concorso e poi non viene assunto? Accade in Italia, a circa 70mila più o meno giovani vincitori di concorso pubblico. Non sanno neppure loro come chiamarsi. «Vincitori non assunti. Precari anche noi», hanno scritto su uno striscione, prima di andare a Montecitorio, con una maschera da «vecchi neoassunti», a mescolarsi agli altri. Precari della scuola. Precari in presidio permanente. Almeno se dici «precario» la gente capisce. Ma come la spieghi la storia di decine di concorsi finiti su un binario morto? Come lo spieghi che ministeri, enti di ricerca, istituti di previdenza continuano persino a bandirli i concorsi mentre il governo ha deciso che non si assume più nessuno? Storia di Giulia Nicchia, 32 anni non ancora compiuti. Giulia parla tre lingue: inglese, francese, russo. Ha una laurea in Scienze Politiche, un Master in Studi europei, un dottorato. Il concorso per 107 posti all’Istituto del commercio estero, bandito nel 2008, …

"I giovani «inattivi» senza opportunità. E il 40% torna a casa", di Gabriela Jacomella

È la generazione «che quando prova a buttare il cuore oltre l’ostacolo, se lo vede rilanciare indietro» (Alessandro Rosina, professore di Demografia alla Cattolica di Milano, 42 anni). Quella che «non siamo inattivi, ma certo c’è una parte di rassegnazione, la soglia di resistenza è più bassa quando il reddito è finito» (Eleonora Voltolina, ideatrice del sito — che è anche un libro— repubblicadeglistagisti. it, 32 anni). Quella che «dovrebbe pagare la mia pensione, e invece fatica a trovare risorse per accedere alla casa, pianificare un figlio» (Chiara Saraceno, sociologa della famiglia, 70 anni). È il confronto, non i dati in sé, a togliere il fiato. Tre momenti nella storia del Paese: 1971, 1991, 2011. Una lunga corsa, dalla speranza a ridosso del boom fino all’arresto di fronte al baratro. Il quadro l’ha tratteggiato, ieri, il Sole-24 Ore. Stessi indicatori, anni diversi. E alcuni progressi incontestabili: il balzo in avanti nell’istruzione, dall’ 1%al 15%di lauree tra gli under 30. Che spiega, in parte, quel 71,6%di «inattività» (chi, pur senza lavoro, non lo sta cercando) tra …

"Il vuoto sotto gli slogan", di Marcello Sorgi

Cos’è, cos’è diventato nell’Italia del 2011 un accordo di governo che prevede impegni e scadenze stringenti e un programma concordato da rispettare? Se Berlusconi si fosse posto subito, domenica, questa domanda, invece di tirare platealmente un sospiro di sollievo perché Bossi aveva scelto di nuovo la strada del «penultimatum», non si sarebbe trovato ieri a fare i conti con un alleato impossibile da accontentare e con il Capo dello Stato che richiama il governo alle proprie responsabilità. Bastava semplicemente guardare con attenzione ciò che è successo sul pratone di Pontida e che molte tv, non la Rai, hanno trasmesso in tutte le salse. Un leader malandato, esausto, quasi privo di forze e del tutto a corto di argomenti, che appoggiandosi a malapena sugli altri oratori chiamati sul palco snocciola una serie di proposte alla rinfusa, roba trita e ritrita a cui lui stesso non sembra più credere. Ma davvero Bossi ritiene ancora, dopo venti e più anni in Parlamento, che la gente del Nord beva la storiella del taglio dei parlamentari e dei loro stipendi? …

"La trincea del colle", di Aldo Schiavone

Il Capo dello Stato è ormai l´unico punto fermo nella politica estera della nostra Repubblica. Il solo che cerchi di sottrarre la presenza internazionale dell´Italia, il suo ruolo e il suo profilo, a un gioco al massacro di annunci, di sotterfugi e di strumentalizzazioni al quale mai prima d´ora ci era toccato di assistere. L´evidenza di questo dato di fatto – che fuori d´Italia, a cominciare dalla nostra stessa diplomazia, è ormai una realtà indiscutibile – è una prova ulteriore del punto cui si è arrivati, e dei rischi che sta correndo il Paese in questi mesi. Il pacato ma assai fermo richiamo di Napolitano al rispetto dei nostri impegni in Libia, sanciti peraltro da un voto del Parlamento, è l´ultimo intervento, ma non certo il meno importante, in questa azione di puntellamento, di correzione e di supplenza d´autorevolezza – ma non certo il meno importante – resosi indispensabile dopo i proclami domenicali di Pontida. Che un Roberto Maroni in veste d´agitatore molto più che di ministro abbia poi cercato d´ignorarlo, ribadendo la posizione bossiana, …