I suoi libri sconvolgono e appassionano il mondo arabo. Salwa al Neimi, nota in Italia per il suo “La prova del Miele” (Feltrinelli), è una scrittrice siriana ma vive da tanti anni a Parigi. Racconta di donne, del loro universo erotico, delle loro passioni. Lo fa senza alcuna vergogna. Anzi, con orgoglio. L’orgoglio della lingua che usa nei suoi romanzi, rigorosamente l’arabo. È infatti stata lei la prima scrittrice che ha osato sfidare la parte più retrograda di quelle società maschiliste, raccontando nella sua lingua d’origine l’universo di carnalità da troppo tempo censurato. Con la sua idea di un paradiso islamico concepito attraverso piaceri tangibili, ha di certo fatto cadere dalle loro sedie tanti imam. Da Torino, dove si sta concedendo una breve vacanza, commenta le rivoluzioni in atto nel “suo” mondo arabo nonché l’iniziativa “Io guido” che le donne saudite hanno organizzato per oggi.
Cosa vorrebbe dire alle donne saudite che scenderanno in strada oggi dietro al loro volante? Che non sono sole. Certo, dagli altri paesi non è facile appoggiarle, ma parlarne, fare conoscere la loro causa e ribadire che si tratta di rivendicazioni basilari le può sicuramente aiutare.
Perché in Arabia Saudita la situazione femminile è di questo tipo?
L’Arabia Saudita ha un sistema politico che si basa su un’interpretazione errata della religione. Parla di dogmi che non esistono. Leggo spesso la stampa saudita, e negli ultimi giorni vuole sapere di che si discute? Dell’opportunità oppure no che gli uomini vendano abbigliamento intimo alle donne. E allora si parla di principi religiosi, di leggi. È ridicolo. Ma perché bisogna sprecare così tanto tempo per risolvere “problemi” che problemi non sono? È ovvio che se dedico la mia vita a discussioni di tal portata perdo di vista il senso generale delle cose. Così si riduce quello spazio fisico-mentale dedicato alla discussione civile. È un’impostazione idiota che rende le persone idiote, o almeno così vorrebbe. Ma la risposta delle popolazioni ora è più che mai forte.
Vale a dire?
Le donne saudite chiedono che vengano rispettati i loro diritti basilari, come quello di guidare. Credo che non sia neanche necessario discutere di tale necessità. Ho letto la dichiarazione di Riyadh firmata da attivisti e intellettuali sauditi: quelle persone rivendicano il loro diritto a essere cittadini. È questo il punto a cui si dovrà arrivare. Le donne stanno facendo un lavoro importantissimo verso tale direzione.
Un passo che stanno facendo tutte le popolazioni arabe…che idea si è fatta delle rivoluzioni in corso nella regione?
Il 2011 è l’anno degli arabi. Rivoluzioni iniziate, a metà o in procinto di partire. Questo mondo è in subbuglio e il cambiamento è oramai a portata di tutti.
Non è d’accordo con chi vede nelle rivoluzioni già in atto, in Egitto come in Tunisia, un cambiamento che cambiamento non è?No. Ogni paese ha le sue caratteristiche geopolitiche, la sua storia, di conseguenza la sua tempistica. Ma non vedo che diritto abbiano gli uomini dell’Occidente di giudicare. Secondo quale recondito principio possono dire che noi arabi non siamo abbastanza maturi per la democrazia? Gli egiziani, i tunisini, ma anche gli yemeniti non torneranno più indietro. Hanno capito di avere un potere importante. Nessuno toglierà loro questo potere.
C’è chi dice che il mondo arabo non è pronto per la democrazia…
Avreste mai pensato che in un paese così povero come lo Yemen le persone potessero scendere in strada e rivendicare i loro diritti? No, certo, secondo gli schemi occidentali quelle persone non erano pronte per la democrazia, e neanche per una rivoluzione. Prima che accadesse in Egitto, tutti dicevano che l’Egitto era diverso dalla Tunisia. Anche prima che le manifestazioni iniziassero in Siria si diceva che il popolo siriano non era pronto, non era abbastanza maturo. I siriani hanno dimostrato che non era così.
In Siria c’è o ci sarà una guerra civile?
Basta con la storia della guerra civile. Chi combatte contro chi? C’è una risposta centrale repressiva ma la popolazione sta ancora manifestando in maniera pacifica. Dal punto di vista semantico il 2011 è l’anno di due parole chiave: libertà e pacifismo. Voglio essere libera e quindi combatto. La mia rivendicazione non è e non sarà mai violenta. Lo Yemen è il paese delle armi, ma la popolazione non sta manifestando con i fucili. E’ la forza dei movimenti che si stanno costituendo. Le donne in questa strutturazione della lotta hanno un grande ruolo.
La situazione non sta sfuggendo di mano? In Egitto i laici rischiano di non potersi presentare alle prime elezioni libere. Questa è democrazia?
Ci hanno raccontato per tanto tempo che gli islamisti erano pericolosi. Era il modo più semplice per manipolarci, ma si trattava di una menzogna gigantesca. Per la mia storia privata e pubblica è ovvio che non auspico una vittoria islamista, ma se essa arrivasse in forma democratica io dico, perché no? Stiamo a vedere, ci potrebbero sorprendere.
Vuole dire che lei, a più riprese condannata proprio dai leader religiosi, appoggerebbe una vittoria islamista?
Guardi la Turchia, non mi dispiacerebbe avere lo sviluppo economico che quel paese sta vivendo, eppure c’è una leadership islamista. Gli islamisti nelle loro dichiarazioni oramai dicono di aver capito che il mondo è cambiato. Io non penso che siano così forti da prendere il potere in maniera democratica, ma se invece lo fossero, non mi fanno di certo paura. Democrazia significa anche questo.
da Europa Quotidiano 17.06.11