Il rapporto «Il sistema attuale è troppo discrezionale e ha reso cronica la mancanza di insegnanti specializzati» La proposta «L’esame dei progetti, e l’assegnazione dei fondi spetterebbe ai Centri Risorse per l’Integrazione» E se facessimo a meno degli insegnanti di sostegno? Non è una provocazione e nemmeno un modo per seminare terrore nel mondo dei disabili a scuola. E’ una proposta serissima, circostanziata e di non immediata realizzazione che la Fondazione Giovanni Agnelli, la Caritas e l’Associazione Treellle presenteranno stamattina a un gruppo di parlamentari insieme con una proposta che vuole rivoluzionare il settore: la creazione dei Cri, Centri Risorse per l’Integrazione, destinati a diventare uno sportello unico per tutte le questioni relative ai giovani e bambini disabili.
«L’inclusione italiana è stata una scelta di civiltà che il mondo ha poi imitato – sottolinea Attilio Oliva, presidente dell’Associazione Treellle -. Ora che sono passati trent’anni ci siamo chiesti: la pratica è stata coerente con i principi? E con quale rapporto tra costi e benefici?».
La risposta è contenuta in un rapporto, 237 pagine, il bilancio di questi tre decenni di disabili nelle scuole. E non è una risposta positiva. «Deve però essere chiaro – precisa Oliva che non siamo a favore di tagli alle risorse previste. Vogliamo che la scuola sia di tutti, ma chiediamo una loro diversa distribuzione per evitare inefficienze e problemi che troppo spesso si verificano».
Nel rapporto vengono elencati alcuni «nodi critici». Innanzitutto l’approccio. «Troppo medico», spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. «Le richieste di un insegnante di sostegno vengono esaminate dalle Asl non dalle scuole». Ma anche troppo «discrezionale» e rigido: «La certificazione si risolve sempre nell’assegnazione di ore di un insegnante di sostegno», è scritto nel rapporto. Anche quando non sarebbe necessario. Il risultato? «Insegnanti di matematica che devono occuparsi di bambini dislessici e con difficoltà di apprendimento. Non è la scelta più giusta, né la più economicamente efficiente», spiega Oliva.
Quanto agli insegnanti di sostegno il bilancio non è molto più confortante: «Usano il posto come un canale privilegiato per entrare più rapidamente in ruolo», ricorda ancora Gavosto. Di conseguenza la preparazione non può essere di grande qualità. «C’è una cronica carenza di insegnanti di sostegno specializzati», si legge nel rapporto. I motivi sono diversi. «Il 43% degli allievi con disabilità nella primaria e secondaria di primo grado – spiega Gavosto – cambia insegnante di sostegno una o più volte all’anno». In sostanza, «il sostegno è svolto spesso da personale inesperto e impreparato», conclude il rapporto. E gli alunni finiscono per avere una formazione del tutto inadeguata: «l’Italia è il Paese dove i disabili hanno maggiori difficoltà a trovare lavoro, nonostante gli obblighi previsti per legge», afferma Gavosto.
La soluzione, spiegano nel rapporto, è la creazione dei Cri a livello provinciale o anche subprovinciale. Saranno loro a esaminare i progetti presentati dalle scuole, ad assegnare tutte le risorse destinate alle scuole per l’integrazione e a svolgere un servizio di sportello unico assistendo le famiglie nei vari momenti di vita e integrazione. «Potrebbero diventare centri destinati a risolvere tutte le difficoltà sociali dei bambini con disabilità, anche al di fuori del tempo scolastico», avverte Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana.
Gradualmente gli insegnanti di sostegno dovranno passare all’organico normale delle scuole ed essere assegnati da parte dei Cri in base ai bisogni delle scuole stesse. Alla fine rimarrebbe un congruo numero di insegnanti e personale ad alta specializzazione, di numero decisamente inferiore a quello attuale: stabili nel loro ruolo, a tempo pieno, senza insegnare ma operando nei Cri per svolgere consulenza tecnica e formazione per le scuole.
«Non ci nascondiamo gli enormi ostacoli che questa proposta potrà incontrare. – conclude Oliva – Sappiamo però che, anche se difficile, è una strada inevitabile».
La Stampa 14.06.11