Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso del ministero dell’Istruzione e del ministero dell’Economia contro la sentenza n. 552 del Tar Lazio con la decisione 03512 del 9 giugno 2011. Si tratta della prima class action vinta contro la pubblica amministrazione. La sesta sezione del Consiglio di stato, infatti, ha ordinato ai due ministeri l’emanazione del piano generale di edilizia scolastica previsto dall’articolo 3, comma 2 del Dpr n. 81 del 2009 («Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane»).
Con questa decisione si mette a rischio la riforma della scuola targata Gelmini che si basa proprio sull’aumento del rapporto alunni/docente all’interno di un quadro nazionale di istituti non a norma in termini di sicurezza, se non addirittura fatiscenti (secondo le associazioni che tutelano i cittadini oltre il 50%). Il ministero adesso dovrà approntare un piano di riqualificazione degli edifici scolastici in tempi da record o si profila il commissariamento. «Se il ministro non ottempera alle disposizioni chiederemo la nomina di un commissario ad acta», ha dichiarato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. Mancano, dunque, meno di quattro mesi perché Mariastella Gelmini appronti un piano che non sia “un mero elenco” di scuole a rischio crollo, come quello presentato nel decreto ministeriale del 23 settembre 2009 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 7 giugno 2010) che per la Corte non costituisce «un vero e proprio atto generale di natura programmatica, avente a oggetto la riqualificazione dell’edilizia scolastica ma solo un atto contenente l’individuazione di istituzioni scolastiche temporaneamente sottratte alla immediata operatività dei nuovi limiti massimi di alunni per aula».
Gli istituti all’indice erano 12mila e nel decreto si chiedeva di derogare all’aumento del tetto di alunni per aula previsto dalla riforma (Dpr 81/2009 regolamento applicativo dell’articolo 64 della legge 133/2008). Deroga «solo» per l’anno scolastico 2009-2010 per quelle scuole individuate dall’elenco in quanto a forte rischio sicurezza. La deroga di fatto non è stata mai adottata in quanto il decreto è del 23 settembre quando ormai le classi erano state già formate.
Il Codacons ha vinto in quanto ha fatto leva sul decreto legislativo 198/2009: «mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento». Infatti, l’associazione dei consumatori ha chiesto è ottenuto che si applichi quanto previsto dal Dpr 81/2009, ossia: «restano confermati i limiti massimi di alunni previsti dal decreto 331/1998 (Legge sulla formazione delle classi che rispettava i tetti di alunni/classe indicati dalle norme sulla sicurezza) per le istituzioni scolastiche individuate in un apposito piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica».
Inutile il tentativo dei due ministeri di dimostrare l’infondatezza del ricorso in quanto secondo i giudici: l’elenco di scuole del Dm settembre/2009 non costituisce un piano di riqualificazione; viene rigettata la censura del Miur secondo cui nel Dpr 81/2009 non vi sarebbe indicato un termine per l’emanazione del piano. In effetti la Corte riconosce come tale quel riferimento al “solo” anno scolastico 2009-10 (per la deroga al sovraffollamento delle aule in quelle scuole individuate come a rischio) che lascia intendere che per gli anni successivi il problema sarebbe venuto a cadere in quanto il piano sarebbe stato applicato.
Il Sole 24 Ore 15.06.11