Lunedì sera, mentre una larga maggioranza di italiani festeggiava il suo poker di Sì, o perlomeno ne discuteva, Bruno Vespa dedicava il suo “Porta a porta” a un cocktail di delitti riscaldati, le povere Sarah e Melania, se non confondo gli ingredienti.
Fatta salva la scelta professionale, rimane il fatto che la rete ammiraglia del servizio pubblico ha devoluto le sue due ore di approfondimento serale a già approfonditissimi delitti, preferendo non occuparsi di un evento politico forse storico, certamente nevralgico.
Si tratta, in fin dei conti, di coerenza. Silenzio prima dei referendum, silenzio dopo, forse per un´applicazione molto estesa, e molto malintesa, del concetto di “silenzio elettorale”. Va aggiunto che Vespa non ha compiuto una scelta particolarmente eccentrica. A parte la Sette, Rai tre e la tivù satellitare, il ventaglio dei palinsesti in chiaro non è parso molto coinvolto da ciò che aveva appena coinvolto la sua utenza. Tanto da rafforzare l´impressione di uno scollamento progressivo e inesorabile tra i centri di potere (la tivù lo è sicuramente, tanto più a Berlusconia) e gli umori del Paese: come fossero affacciati a due finestre diverse, perché perfino ad Avetrana, l´altra sera, è quasi certo che si parlasse più dei referendum che di zio Coso o di zia Cosa, che pure ce li hanno sotto casa.
Ma la vera notizia (non buona per Vespa) è che questo oggettivo oscuramento, prima di una campagna elettorale nazionale, poi dei suoi esiti, fino a un paio di mesi fa ci sarebbe apparso gravissimo e irrimediabile: per dirla alla Vespa, un delitto perfetto, con esecuzione del diritto di informazione e successivo occultamento del cadavere (zio Bruno è tra i sospettati). Oggi, alla luce dei fatti, e che fatti, ci sentiamo un po´ meno derubati e un po´ meno preoccupati. Informazione e formazione delle opinioni (l´approfondimento) hanno acquisito un´autonomia, una velocità e una estensione (sto parlando ovviamente della rete) che hanno inciso profondamente nei due recenti e sconvolgenti eventi politici, le amministrative e i referendum. Specie i secondi hanno fatto del web, del coinvolgimento capillare di milioni di cittadini, il loro vero “porta a porta”, milioni di contatti, milioni di messaggi, milioni di notizie e rumori e proteste che una volta si sarebbero detti “controinformazione” e oggi non più, perché per audience e per efficacia sono informazione in senso pieno, e a “controinformare”, in seconda battuta e con qualche ansia, spesso è proprio la televisione, costretta a rincorrere umori e tendenze nate altrove, sistematicamente altrove, e molto difficili da confezionare in una scatola.
Questo non significa, ovviamente, che la televisione non conti più. Conta molto, e ancora molto conterà, specie quando è capace di concedersi quelle impennate di intensità, quegli scarti di linguaggio (Benigni a Sanremo, Fazio-Saviano, l´ultimo Santoro) che raccolgono e rimettono in connessione tra loro le diverse generazioni, anche quella, i ventenni-trentenni, che non fanno più parte, strutturalmente, dell´audience fissa, e per ogni minuto passato davanti alla tivù ne passano dieci davanti al computer. Se non si dà una mossa, la televisione generalista, con il suo abnorme e ridicolo carico di “nera” e di gossip, è destinata diventare un medium per anziani. I quotidiani per formarsi un´opinione, Internet per far circolare liberamente le notizie, la televisione che fa da badante. Va bene che la popolazione invecchia: ma puntare al controllo degli anziani non basta a controllare un Paese.
La Repubblica 15.04.11
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