Le ragioni del segretario Pd «Altro che inutile: sul nucleare il decreto del governo lascia loro mani libere per fare tutte le centrali che vogliono…». «Io vado a votare alle 10 di domenica mattina», dice Pier Luigi Bersani invitando dirigenti, militanti e simpatizzanti del Pd a fare altrettanto. È chiaro che il dato sull’affluenza alle urne dato dai tg dell’ora di pranzo sarà determinante per il raggiungimento del quorum. «È molto importante incoraggiare tutti ad andare a votare, noi dobbiamo dare un segno immediato di fiducia nella partecipazione».
Nonostante siano 16 anni che non si raggiunge il quorum? «È arduo, siamo i primi a saperlo, ma ne abbiamo già superate di prove ardue».
Si vince facile, come disse di Milano?
«L’obiettivo può essere raggiunto, innanzitutto per il merito dei quesiti. Si toccano temi su cui c’è una straordinaria sensibilità. A partire dalla questione nucleare». Berlusconi dice che è un voto inutile, visto che il governo col decreto omnibus ha già bloccato il piano. «Si tratta di un imbroglio, smascherato dalla Cassazione. Nella sentenza c’è scritto che la pezza che hanno cercato di mettere per evitare il referendum leggo “in realtà amplia le prospettive e i modi di ricorso alle fonti nucleari”. Una conferma di quella norma lascerebbe al governo mani libere, senza limite di numero di centrali e di criteri per l’individuazione dei siti».
Dice che interessi ai cittadini anche abrogare il legittimo impedimento? «Dico che per la prima volta gli italiani hanno la possibilità di affermare che la legge è uguale per tutti. Le norme in vigore già prevedono di ovviare a problemi di impedimento reale ad andare in un tribunale, non c’è nessuna ragione per inventarsi scorciatoie per chicchessia». Parliamo dei quesiti sull’acqua: dal centrodestra la accusano di aver cambiato idea sulla privatizzazione. «Questa gente confonde il concetto di privatizzazione con quello di liberalizzazione. La norma Ronchi obbliga la privatizzazione. Costringe a vendere, quindi a svendere perché quando si è costretti il prezzo lo fa chi compra, le società pubbliche. Tutte le pratiche di liberalizzazione che ho fatto io, dall’energia alle ferrovie, non hanno mai previsto l’obbligo di privatizzare. A me le gare vanno benissimo, non vedo cosa c’entri questo con l’obbligo di privatizzare. Sapendo anche che il privato non trasforma l’acqua in vino. Non sono d’accordo però neanche con chi sostiene il contrario».
Ci sarà una manifestazione a Piazza del Popolo: lei sarà sul palco? «Sarò sotto al palco, ora c’è bisogno del protagonismo della società. È importante che milioni di persone diano un ulteriore segno che il vento è cambiato, e il Pd come ha fatto in questi mesi deve mettersi al servizio della riscossa civica, deve dare una mano e dare la mano ai movimenti». Che ne pensa dei ministri che annunciano che non andranno a votare? «Ne penso tutto il male possibile. Chi assume responsabilità di governo, chi giura sulla Costituzione, ha anche dei doveri civici».
Però saranno anche liberi di dare al loro elettorato indicazioni di comportamento, non crede? «Penso che non pochi elettori di centrodestra vogliano esprimersi, e veder valere il loro voto».
Questo referendum secondo lei avrà conseguenze politiche? «Ce n’è già di avanzo perché questo governo vada a casa. Certamente, se c’è una grande partecipazione verrà confermata un’esigenza di cambiamento. Per quanto ci riguarda, anche se Berlusconi continuerà ad esercitarsi in tecniche di sopravvivenza, noi chiederemo le dimissioni di questo governo. Come stiamo facendo da qualche mese a questa parte». Dice che anche il vertice notturno tra Berlusconi, Bossi e Tremonti punti a tecniche di sopravvivenza? «Non sarà un vertice notturno a risolvere problemi che per mesi hanno negato. Non hanno messo mano a nessuna riforma in grado di promuovere la crescita. E invece sento Berlusconi parlare di allargare i cordoni della borsa, di abbassare delle tasse. Ma di cosa parla?».
E se invece arrivasse veramente in Parlamento una riforma fiscale? «Siamo seri, si può distribuire diversamente il carico fiscale se si vuole maggiore equità e un po’ di crescita. E distribuire equamente vuol dire caricare di più sull’evasione e sulle rendite finanziarie e da patrimonio, e cominciare ad alleggerire il carico su impresa e lavoro. Se si aprisse mai un discorso serio, io sono pronto a sfidare il governo, ad aprire un confronto in Parlamento a partire dalle nostre idee. Ma se vengono fuori palloni miracolistici alla Berlusconi no, non ci faremo prendere in giro. D’altronde, l’esempio di queste ore è il federalismo. I Comuni, come dicemmo mesi fa, stanno applicando sistemi di sovratassazione che derivano dai tagli decisi dal governo». Qualcosa l’inventeranno per rilanciare dopo la sconfitta, non crede? «Veramente per ora il Pdl parla di primarie, di un segretario anziché tre coordinatori, di tutto fuorché dell’Italia. È impressionante il tipo di discussione che fanno. Come può non venirgli in mente di domandarsi se abbiano sbagliato qualcosa, sul piano della democrazia, su quello economico e sociale. Niente. Neanche nella sconfitta riescono a parlare dei problemi della gente».
C’è chi scrive che per Berlusconi Tremonti punta al Colle con i voti del Pd. «Non so se sia vero che attribuisca a Tremonti una cosa così fantasiosa. Pur conoscendo la fantasia del ministro dell’Economia, questa mi sembra francamente troppo».
Dice vendola che è inadeguata la forma partito e che Pd, Sel e Idv dovrebbero dar vita a un soggetto nuovo.
«Il tema di superare la forma partito era di molti anni fa. Il tema di oggi è qual è la nuova forma partito. E noi lavoriamo sul Pd. Dopodiché, ricordo che io un anno fa ho proposto un nuovo Ulivo. Chiamiamolo anche in modo diverso, ma dobbiamo lavorare a un avvicinamento tra le forze di centrosinistra che intendono impegnarsi in una nuova prospettiva di governo, e fare in modo che questo rapporto venga percepito anche come una soggettività. Ma questo non può essere disgiunto dai problemi, quindi dobbiamo rassicurarci che quando parliamo di riforma del fisco, lavoro, precarietà, democrazia, politica estera, stiamo dicendo cose esigibili da chi ci deve votare. Ogni possibile riapertura di cantieri può partire solo da questo, da una credibile e positiva esperienza di governo. Altrimenti, facciamo del politicismo. E il Paese non lo capirebbe».
L’Unità 09.06.11