Qualcosa sta probabilmente cambiando nella politica italiana, e un assaggio di questo mutamento lo si è avuto con le elezioni amministrative. Abbiamo già messo in luce la grande novità rappresentata dall´uso dei media online per aggirare il macigno delle reti televisive e del loro silenzio censorio sui problemi e le condizioni della società italiana. Si tratta non soltanto di un mutamento negli strumenti, ma anche nello stile della politica.
Alle roboanti e rozze abitudini dei politici a usare la parola come arma di offesa e a praticare il killeraggio sistematico della personalità dell´avversario, a un modo incivile di fare politica al quale questa maggioranza ci aveva abituato, a questi fenomeni di imbarbarimento della comunicazione pubblica i cittadini hanno risposto con una girate di spalle. Preferendo leader che parlano poco e quasi sottovoce, campagne elettorali sobrie e senza teatralità, focalizzate sui contenuti invece che sulle frasi fatte. Mentre i leader della maggioranza riempivano il teatro della politica coi loro faccioni sorridenti a rassicurare del futuro, i cittadini andavano alla ricerca di quei candidati che finalmente parlassero di loro, dei problemi del loro quotidiano, dalla disoccupazione, al degrado delle periferie, alla solitudine dei più deboli. Il voto ha rovesciato un ordine del linguaggio e ha messo in luce uno scollamento radicale tra la politica politicata e la politica ordinaria e vissuta. Non contro la politica, quindi, ma contro la politica in uso presso la classe dirigente ufficiale e di governo. Il voto é stato un formidabile atto di disobbedienza: un NO fragoroso a tutto quanto é stato propagandato dall´ufficialità. Una disobbedienza al messaggio politico e ai disvalori della maggioranza. Un´espressione di dissenso forte e radicale tanto quanto radicale é apparso essere il bisogno di moderazione dei toni e dello stile dei politici. E il referendum si appresta ad essere, c´è da giurarsi (e da augurarsi), un secondo round, un altro tassello di questa opera di ricostruzione della dignità della politica. L´uso del diritto di voto come un arma potente per ricordare a chi lo avesse dimenticato dove sta la fonte della legittimità democratica.
La virtù del dissenso, forse la sola virtù che la democrazia coltiva, tende a essere contagiosa e può travalicare i confini dell´opposizione, nella quale si trova più naturalmente accasata. Questo mutamento di clima e l´apertura di nuove possibilità sono un segno di come l´opinione nella democrazia possa variare e mettere in discussione posizioni ideologiche e lealtà a leader e a partiti. Un voto, scriveva Engels, é come “un sasso di carta”, un´arma non violenta che riesce a mandare al tappeto l´avversario. È la registrazione inconfutabile della mutabilità dell´opinione, un aspetto che non piace ai conservatori ma che dá il senso del gioco sempre aperto che la democrazia garantisce. Il dissenso é figlio della sovranità del giudizio individuale; non ha solo una funzione negativa, come reazione al potere della maggioranza, ma anche positiva, come affermazione di dignità e autonomia. Ancorché corrodere i sentimenti sociali, rafforza la solidarietà e la cooperazione tra i cittadini poiché come tutti ben sappiamo, discutiamo e ci appassioniamo (e quindi anche dissentiamo) per cose che amiamo e alle quali siamo legati da vincoli profondi.
È probabile che questo spirito di libertà e di dissenso filtri oltre le fila dell´opposizione. A giudicare dalle frenetiche dichiarazioni del dopo voto seguite da una foga riorganizzativa molto eloquente del clima di crisi che si respira al di là della cortina che sigilla le istituzioni dalla società si direbbe che la stessa maggioranza sia stata investita dal vento del dissenso. Pdl e Lega si sono interrogati sulla posizione da tenere circa i referendum, molti di loro hanno messo in conto di poter andare a votare, e si sono spesi perfino in considerazioni su come votare per alcuni dei referendum, e in particolare quello contro l´installazione delle centrali nucleari. Se l´inquilino di Palazzo Chigi ripete che sono referendum inutili e senza senso (proprio perché di senso ne hanno tanto, e non solo simbolico visto che tra i quesiti c´è quello sulla famigerata legge che istituisce il legittimo impedimento) molti dei suoi alleati sono meno certi di lui e sembra anzi che considerino importante andare a votare. Anche questi sono segni eloquenti che qualcosa sta cambiando, malgrado l´assicurazione del nuovo responsabile Pdl che nulla cambia e che tutto si rinsalda, come prima, più di prima. Ma così non pare che sia se é vero che nemmeno le televisioni riescono a mettere sotto silenzio l´informazione sul diritto sovrano che si eserciterà il 12 e 13 giugno. Questi sfilacciamenti del regime di consenso-obbedienza sono un segno degli effetti salutari del dissenso-disobbedienza; dell´importanza che esso svolge nel tenere sveglia la consapevolezza della forza della cittadinanza, capace di mettere in serissima discussione maggioranze che si pensavano granitiche.
La Repubblica 08.06.11