Secondo il responsabile cultura Pd l’azienda «ha bisogno di ripartire scrollandosi di dosso mesi di paralisi. Per questo chiederemo di calendarizzare la proposta di Rognoni al più presto in Parlamento». Il caso Santoro e più in generale le cronache di questi giorni trasmettono la sensazione desolante di una Rai ferma e ingovernabile, paralizzata dalla politica in un perenne stato d’eccezione. Al paese servirebbe, invece, un’azienda in grado di svolgere la funzione di servizio pubblico innovando contenuti e contenitori, sperimentando, guidando la transizione digitale, aggredendo i nuovi mercati che si aprono, nel Mediterraneo e non solo. Può fare tutto questo la Rai di cui quotidianamente seguiamo le convulsioni? Può farlo un’azienda in cui palinsesti, nomine e assunzioni sono di fatto delegate alla magistratura (per fortuna, viene da dire, dato che se ciò accade è per sanare abusi)? Un’azienda che, salvo la straordinaria eccezione del programma di Fazio e Saviano e il coraggioso tentativo di Potere, è sempre uguale a se stessa da dieci anni? Se oggi paventiamo il rischio di perdere le star più note è …