Non possiamo permetterci di sottovalutare questo ennesimo scandalo. Il calcio è in grado di catturare l´attenzione di milioni di persone (un italiano su due si dice interessato o molto interessato al pallone), condizionando profondamente norme sociali e comportamenti. Gli studi epidemiologici documentano addirittura una riduzione dei suicidi nei Paesi le cui nazionali si qualificano per la fase finale della Coppa del Mondo nell´anno in cui tiene la competizione planetaria. I giovani sognano e si identificano nei campioni. E la sanzione sociale contro chi viola le regole, soprattutto fra le persone meno istruite, si plasma anche sulla fermezza con cui si risponde agli illeciti sportivi. Quello scoperto in questi giorni è solo un nuovo episodio di una serie infinita di partite truccate in Italia (il primo episodio documentato risale addirittura al 1927 e portò alla revoca dello scudetto al Torino), avviene solo cinque anni dopo Calciopoli e mostra come il mondo del calcio non abbia saputo affatto crearsi degli anticorpi. La differenza rispetto al Campionato 2004-2005 è che questa volta sono i calciatori, più che gli arbitri, a essere coinvolti e il business è legato alle scommesse anziché a risultati economico-sportivi, come la vittoria nel campionato, una retrocessione evitata, la qualificazione per la Champions League, eccetera. In questo richiama episodi riscontrati anche all´estero (come lo scandalo esploso nel 2009 in Germania, che ha messo in luce più di 200 partite truccate in 9 Paesi). Ma da noi l´intreccio fra illecito sportivo e criminalità organizzata sembra essere stato più forte, dato il coinvolgimento della camorra nel racket delle scommesse. Quindi l´illecito è un male non solo in quanto tale, ma anche in quanto strumento per riciclare denaro sporco e favorire crimini ben più gravi.
È perciò desolante assistere al silenzio dei vertici del mondo del calcio di fronte a questi episodi. Si è trincerato dietro al Presidente della Figc, Giancarlo Abete. Sarà solo lui a parlare, a quanto pare, per la Serie A e la Serie B. Capiamo che ci debba essere cautela di fronte a episodi ancora in gran parte da appurare e che si debbano evitare processi sommari. Ma si può sin d´ora discutere di cosa fare per rompere l´omertà diffusa nel mondo del calcio che questo scandalo ha nuovamente messo in luce. Una cosa è certa: Abete non è certo in grado di guidare il fronte che si ribella all´omertà. Se non altro perché qualche giorno fa ha votato per riconfermare alla guida della Fifa Sepp Blatter, che nei suoi 18 anni ai vertici dell´organizzazione del calcio mondiale ha chiuso un occhio, se non due, di fronte a gravi episodi di corruzione, come quelli legati alla vendita dell´organizzazione del mondiale al Qatar. Nella patria dei conflitti di interesse ad Abete sarà anche apparso del tutto irrilevante che il nipote di Blatter tratti i diritti televisivi sulle partite del mondiale.
Il migliore antidoto contro gli illeciti sportivi è la sanzione sociale contro chi viola le regole e la valorizzazione di chi rompe il fronte dell´omertà. Oggi un calciatore non ha nessun incentivo a ribellarsi a un direttore sportivo che gli chiede di perdere una partita o di farsi segnare un certo numero di goal per vincere una scommessa. Al contrario, ha tutto da perderci soprattutto quando il manager in questione si giustifica dicendo che i soldi ottenuti con le scommesse serviranno per pagare i giocatori, che magari da mesi non ricevono lo stipendio. Bisogna allora, al più presto, definire procedure e bonus sportivi, per cui chi aiuta a smascherare illeciti sportivi venga non solo tutelato, ma anche premiato per il suo coraggio.
Ci vogliono anche controlli molto più serrati sui bilanci societari. Sono utilissimi nell´identificare episodi di corruzione. Non pochi giocatori coinvolti nello scandalo, ad esempio, hanno cambiato squadra di recente. Il sospetto è che i trasferimenti a prezzi non di mercato di questi giocatori abbiano rappresentato per le squadre una specie di contributo in natura offerto a seguito della collusione in illeciti sportivi. Si sostiene che chiedere alle società di redigere con cura, pubblicare e certificare i bilanci sarebbe troppo costoso, soprattutto per i club della Lega Pro, che hanno in media un patrimonio di soli 30.000 euro, come documentato da un utilissimo rapporto dell´Arel (Report Calcio, 2011). Ma per risanare il calcio bisognerà fortemente ridurre il numero di squadre. Oggi ce sono troppe (133 contro le 56 della Germania, le 42 della Spagna o le 40 della Francia) e con troppi tesserati (in media 38 giocatori a squadra). Inevitabilmente la ripulitura del calcio richiederà una più forte selezione. Perché i conti in rosso, il debito che schizza alle stelle (l´incremento tra serie A, B e Lega Pro è stato di quasi il 25 per cento in tre anni) per lo più utilizzato per finanziare spesa corrente, anziché investimenti che potranno ripagare in futuro, espone questi club al ricatto e alle pressioni della criminalità organizzata.
Ci sono dunque tante cose da fare, sulla scia della giusta indignazione del pubblico. Gianfranco Teotino elenca dieci proposte sul sito www.lavoce.info che a mio giudizio dovrebbero tutte essere prese in seria considerazione. Si può essere d´accordo con alcune, meno con altre. Ma il fatto importante è che non bisogna lasciarsi sfuggire l´occasione offerta da questo nuovo scandalo per cambiare. E questa volta bisogna cambiare davvero.
La Repubblica 07.06.11