Altro che «voto inutile» e «libertà di coscienza». Altro che neutralità ostentata. La verità, ormai palese, è che premier e maggioranza hanno una fifa blu del referendum sul nucleare. Tanto che palazzo Chigi e l’Avvocatura di stato hanno fatto ricorso alla Consulta contro la decisione della Cassazione. Il ricorso sarà discusso martedì, la prima udienza – tra l’altro – presieduta dal nuovo Presidente che sarà eletto, per l’appunto, domani. Insomma, un intreccio di “casualità”, da una parte, – la nomina di Alfonso Quaranta alla presidenza che sicuramente segna una svolta alla Corte – e, dall’altra, i toni e i contenuti del ricorso, rischiano di mettere seriamente e nuovamente a rischio il voto sul nucleare. Dal che, se ancora avessimo avuto dei dubbi, si deduce quanto faccia paura e dia fastidio, specie in termini di accordi commerciali, il voto popolare di domenica prossima. L’Avvocatura ha presentato il ricorso venerdì sostenendo che l’ordinanza della Corte di Cassazione del primo giugno deve essere considerata «inammissibile» perché alla Cassazine spetta solo una verifica formale dei requisiti e non anche ulteriori valutazioni «sostanziali».
Nella memoria allegata al ricorso, e che i giudici costituzionali potranno leggere solo domani, si sottolinea che con il varo del decreto Omnibus il Governo non ha fatto una modifica meramente «formale», ma una «innegabile e sostanziale diversità di scelta» rispetto alle norme sul nucleare sulle quali era stato chiesto il referendum. L’Avvocatura sostiene in pratica che gli elettori, il 12 e 13 giugno, «si troveranno a votare un quesito del tutto difforme rispetto a quello in base al quale sono state raccolte le sottoscri- zioni necessarie allo svolgimento del referendum».
Nella decisione della Cassazione – che ha ammesso il quesito, pur modificandolo, ma rispetto a una situazione, il piano energetico, diversa – vi è dunque «ben di più rispetto a quelle modifiche formali o di dettaglio» su cui la Cassazione si sarebbe potuta esprimere. Non solo: secondo l’Avvocatura è cambiata la natura stessa del referendum «non più abrogativa ma propositiva, se non addirittura consultiva».
L’Unità ha letto al telefono una sintesi dei motivi del ricorso a uno dei quattordici giudici (il quindicesimo, che dovrebbe prendere il posto dell’ex presidente De Siervo, non è stato ancora sostituito) membri della Consulta. I giudici infatti sono stati informati via mail dell’arrivo del ricorso ma potranno leggere le motivazioni solo domattina quando si riuniranno per l’elezione del nuovo Presidente.
«Direi che si tratta di una complicazione notevole – osserva il giudi- ce – viene sollevato un problema di merito e sostanziale molto importante. Vista l’urgenza dovremo decidere già martedì. E se il quesito dovesse essere giudicato inammissibile, la scheda sul nucleare dovrà essere annullata». Una faccenda dannatamente complicata e che «non ha precedenti».
Idv e Pd, il leader dei Verdi Angelo Bonelli, non hanno dubbi: si tratta dell’ennesimo «sabotaggio» ordito da Berlusconi ai danni del nucleare. «È evidente e logico che governo e maggioranza sperano che i referendum non passino, facendo carte false per non far raggiungere il quorum, e ancora adesso, a una settimana dal voto, scelgono la più totale ipocrisia» scrive Di Pietro sul suo blog. «I furbetti sono stati sconfitti più di una volta e lo saranno ancora» chiosa Vendola.
Pochi dubbi sull’infondatezza del ricorso dell’Avvocatura di Stato anche per gli avvocati che in Cassazione hanno sostenuto le ragioni dei referendari, il professor Alessandro Pace e l’avvocato Gianluigi Pellegrino.
Il Pd chiede il rigetto del ricorso. La segreteria nazionale del partito e i gruppi parlamentari di Camera e Senato si sono costituiti innanzi alla Corte costituzionale, con l’avvocato Gianluigi Pellegrino, chiedendo il «rigetto dell’ istanza del Governo volta a far dichiarare inammissibile il referendum sul nucleare e il perfezionamento, come previsto dalla legge e dalla Costituzione, della conferma della consultazione referendaria per il 12 e il 13 giugno, già sancita dalla Cassazione». La risposta è attesa per martedì. Il giorno dopo, per l’appunto, l’elezio- ne del nuovo Presidente. Che sarà, quasi sicuramente, Alfonso Quaranta. Non un’elezione qualsiasi: per la prima volta nella storia della Consulta verrà interrotta la prassi per cui diventa Presidente il più anziano dei giudici. La qual cosa ha imposto, a volte, presidenze lampo anche di tre sole settimane visto che i giudici costituzionali hanno una data di uscita inderogabile. Adesso si vuole un giudice che durerà di più. Quaranta resterà in carica due anni.
L’Unità 05.06.11